La Media Literacy (ML) estende ai media il sistema di competenze che tradizionalmente, quando si parla semplicemente di Literacy, si attribuiscono a chi è literate, ovvero capace di leggere e scrivere. Queste competenze sono sostanzialmente di tre tipi:
- competenze alfabetiche, ovvero relative alla conoscenza della grammatica e della sintassi;
- competenze critiche, ovvero relative alla comprensione autonoma e consapevole del contenuto di un testo;
- competenze espressive, ovvero relative alla capacità di servirsi della grammatica e della sintassi per comunicare un contenuto, un’idea, una visone del mondo.
Se traduciamo in italiano Literacy con Alfabetizzazione, allora la ML si può legittimamente intendere come quel tipo particolare di alfabetizzazione che riguarda i media, l’Alfabetizzazione Mediale.
Quella dell’alfabeto, in relazione ai media, è chiaramente una metafora. Dal punto di vista teorico essa risale al dibattito che a partire dai primi anni ’60 del secolo scorso fu alimentato in Francia da Metz (1964) – e in Italia venne poi ripreso da Bettetini (1968) – sulla natura di lingua o di linguaggio del cinema. Da quel dibattito, nutrito di categorie strutturaliste, dipende la possibilità di parlare di “grammatiche filmiche” in relazione agli elementi costitutivi dell’immagine in movimento (piano, inclinazione, angolazione, movimenti di macchina) e di pensare al montaggio nei termini di una vera e propria organizzazione sintattica del girato.
Questo tipo di portato culturale, insieme alla fortuna dello strutturalismo linguistico, incide sull’introduzione dell’educazione mediale nella scuola, almeno nel nostro Paese (Galliani, Maragliano, 2002; Malavasi, Polenghi, Rivoltella, 2005). Il clima è quello delle sperimentazioni che lungo gli anni ’70 vengono generate dalla nascita della Scuola Media Unica: in essa, accanto all’alfabeto tradizionale, si fa strada la necessità di creare spazio per i “nuovi alfabeti” e tra essi soprattutto quello dell’immagine mediale la cui rilevanza nella cultura di massa era stata decretata proprio dal cinema e ora, in modo sempre più pervasivo, anche dalla televisione. In fondo, nella misura in cui il linguaggio della cultura non era/è più solo quello della lingua scritta e parlata, ma anche quello delle immagini in movimento dei media, nasce l’esigenza che i soggetti che abitano quella cultura siano appunto Media Literate.
La saldatura tra la ML e la didattica avviene proprio lungo questa linea, a partire da questa esigenza. Se la scuola è l’agenzia formativa che per definizione si deve occupare dell’alfabetizzazione, tra i suoi compiti non può mancare quello descritto dalla “nuova alfabetizzazione” ai/dei media.
Sviluppare la ML in scuola è compito della Media Education (ME). Di essa è possibile fornire un quadro concettuale sintetico attorno a due fondamentali assi (Rivoltella, 2001; Buckingham, 2006):
- curricolare. La ME si può pensare come una disciplina (come l’Educazione iconica di alcune sperimentazioni anni ’70, o i Media Studies nei curricoli della scuola anglosassone) o come un’attenzione trasversale alle diverse discipline (ogni insegnante, a prescindere dai contenuti della sua disciplina, può far suo il compito di educare ai media);
- metodologico. Il compito della ME è di solito organizzato attorno all’insegnare a “leggere e scrivere i media”. Sul primo versante (leggere) si collocano le competenze di analisi critica dei messaggi, sostenute dagli strumenti della semiotica: l’obiettivo, in questo caso, è fare in modo che il soggeto media-educato sappia “fare filtro” rispetto a quello che le immagini gli propongono appropriandosi consapevomente di quei contenuti. Sull’altro versante (scrivere) stanno invece le attività di produzione mediale, dal video making alla realizzazione di prodotti multimediali: e in questo caso l’obiettivo è che i soggetti sappiano esprimersi in modo coerente rispetto alle specificità dei diversi media e responsabile.
L’accenno alla responsabilità consente un’ultima sottolineatura. La diffusione dei mobile devices (smartphone, tablet) e del social network, insieme alla disponibilità ubiqua di connessione, rende sempre più facile l’attività di produzione di contenuti digitali e la loro pubblicazione on line. Questo espone maggiormente i soggetti a un uso poco consapevole e spesso scorretto dei media. Di qui l’importanza sempre più rilevante di insegnarne un uso responsabile e la progressiva declinazione della ML in termini di educazione alla cittadinanza (Rivoltella, Ferrari, 2010).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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Buckingham, D. (2006). Media Education. Alfabetizzazione, apprendimento e cultura contemporanea. Trento: Erickson.
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Malavasi, P., Polenghi, S., Rivoltella, P.C. (2005). Cinema, educazione, pratiche formative. Milano: Vita e Pensiero.
Metz, C. (1964). Il cinema: lingua o linguaggio? Milano: Bompiani.
Rivoltella, P.C. (2001). Media Education. Roma: Carocci.
Rivoltella, P.C., Ferrari, S. (eds.)(2010). A scuola con i media digitali. Milano: Vita e Pensiero.
PER L’APPROFONDIMENTO E LA RICERCA
Buckingham, D. (2006). Media education. Trento: Erickson.
Calvani, A. (2001). Educazione,comunicazione e nuovi media. Torino: UTET.
Caron, A., Caronia, L. (2010). Crescere senza fili. Milano: Raffaello Cortina.
Di Mele, L. (2007). La produzione di video a scuola. Roma: Nuova Cultura.
Galliani, L. (2002). Pedagogia, comunicazione e didattica dei media. In Studium Educationis, 3, pp. 642-656.
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Rivoltella, P.C. (2001). Media Education. Roma: Carocci.
Rivoltella, P.C. (2008). Digital Literacy. Herschey (Pa): IGI.
Rivoltella, P.C., Ferrari, S. (eds.)(2010). A scuola con i media digitali. Milano: Vita e Pensiero
RISORSE ON LINE
Per una declinazione didattica della Media Literacy sui temi e problemi dei nuovi media si possono vedere i due inserti di “Scuola e didattica” disponibili ai seguenti link