a cura di Valentina Mucciarelli
L’attuale configurazione degli scenari socio-economici e delle nuove emergenze sociali pone le organizzazioni nella condizione di dover ripensare e ridisegnare i propri assetti organizzativi, di attivare percorsi formativi mirati allo sviluppo e alla valorizzazione delle competenze, di avviare percorsi di sviluppo delle risorse umane. In tale contesto ciò che sembra apparire decisivo per le organizzazioni maggiormente esposte alla competizione è la capacità di innovarsi e di trasformarsi (Crozier, 1990; Hatch, 1999).
Per molti decenni l’innovazione è stata pensata come la capacità di un’organizzazione di incrementare il proprio sapere attingendo al sistema dei saperi formali e scientifici disponibili in un determinato periodo storico. A seguito dell’affermarsi di prospettive di ricerca più attente allo studio empirico e idiografico dei contesti di lavoro, l’innovazione organizzativa è stata ridefinita più recentemente come la capacità di produrre conoscenza organizzativa (Zucchermaglio, Alby, 2006). In questa prospettiva, il meccanismo dell’innovazione risiede nello sviluppo e nella condivisione delle conoscenze all’interno delle comunità, nella valorizzazione di quella che è stata definita l’intelligenza organizzativa o ‘pensiero pratico’: modi nuovi, creativi e efficaci con cui svolgere il proprio lavoro e attribuire a esso nuovi significati (Lipari, 2005).
Il concetto di pensiero pratico non implica alcuna presupposizione circa la sua relazione con il pensiero teorico, né una dicotomia tra la sfera intellettuale e quella manuale dell’azione umana. Il pensiero pratico secondo Scribner (1986) si riferisce alla modalità di pensare e risolvere i problemi della pratica con i linguaggi e le categorie della pratica.
Sternberg (1988) ha utilizzato il costrutto di ‘intelligenza pratica’ per descrivere l’insieme di capacità dei soggetti d’impegnare le risorse intellettuali prodotte dalle pratiche di vita quotidiana nella gestione, organizzazione e trasformazione dell’esperienza. L’intelligenza pratica è una particolare forma del pensare situato, è ciò che la maggioranza delle persone considera senso comune. Consiste nell’abilità di adattarsi, modellare, e selezionare gli ambienti di vita quotidiana. Quest’ultime abilità sono funzioni del pensiero intelligente poiché esso opera in un contesto reale.
L’intelligenza pratica, a differenza di quella che Sternberg definisce intelligenza accademica, comprende invece la capacità di utilizzare strumenti, applicare procedure e porre in atto progetti. È altresì orientata a produrre una conoscenza che possa dare ragione della situazione specifica, in continuità con gli apprendimenti pregressi e che possa selezionare le informazioni più utili alla soluzione dei problemi emergenti in un setting specifico (Sterberg, 2000).
La comunità di lavoro orientata all’innovazione può essere definita anche come una achieving community (McFarlane, Cook, 2002) che connette le caratteristiche dell’organizzazione ‘naturale’ (cioè emergente dalla dinamica dei gruppi sociali) con quelle dell’organizzazione ‘razionale’ (cioè un aperto sistema di regole razionali frutto di progettazione intenzionale) (Bonazzi, 1998). In questo tipo di comunità, a differenza delle organizzazioni burocratiche, i processi di lavoro non sono eterodiretti e i processi sociali non sono compressi e marginalizzati ma interagiscono positivamente fra loro. In questo tipo di comunità, a differenza delle comunità naturali, i processi di conoscenza e i processi sociali hanno obiettivi condivisi e sono posti in un framework organizzativo, composto da procedure, regole, sistemi anche ad alto livello di formalizzazione da cui si ‘riparte per operare’ piuttosto che rappresentare le ‘norme per operare’. Una achieving community è a sua volta una ‘struttura sociale’ e implica, in sintesi:
- un comune sentimento di partecipazione;
- interessi condivisi o positivamente mediati;
- obiettivi significativi, risultati in parte comuni;
- valori condivisi;
- lealtà multiple ai processi, alla professione, all’organizzazione di appartenenza;
- appartenenza sia alla comunità locale che ad una comunità professionale. In questo senso è una comunità embedded.
Queste dimensioni sottese all’agire organizzativo sono presenti in varia misura nelle imprese grandi e in quelle piccole, nelle università, nei centri di ricerca che fanno parte di una rete: esse consentono alle persone di animare i processi e le unità organizzative, di dialogare e collaborare, di costruire strutture. Il carattere tendenzialmente ‘olografico’ e ‘aperto’ di unità o nodi che condividono queste proprietà contiene in sé risorse per sviluppare autonomamente – ma in relazione ad altre strutture – i processi di conoscenza rilevanti, per comunicare con la dovuta estensione, per cooperare con autonomia e creatività e attivare energie professionali. Questo modello organizzativo consente di predisporre, animare, orientare, se non addirittura progettare, per:
- sviluppare culture, sistemi e supporti per la cooperazione e per la partecipazione;
- potenziare la comunicazione interna ed esterna con l’ausilio delle ICT;
- reingegnerizzare i processi di conoscenza;
- sviluppare forme di team autoregolati, organizzazione del lavoro esperto, comunità di pratica, sistemi professionali.
Le comunità professionali in definitiva cambiano e si sviluppano e apprendono a innovarsi in parte autonomamente, in parte grazie all’intervento di specifiche azioni formative. L’innovazione organizzativa si configura, in questo senso, come esperienza di produzione di nuova conoscenza organizzativa sulle pratiche circolanti all’interno di un contesto di lavoro e come implementazione di nuovi punti di vista condivisi.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Bonazzi G., Storia del pensiero organizzativo, FrancoAngeli, Milano 1999.
Cambridge University Press.
Lipari, D. (2002). Logiche di azione formativa nelle organizzazioni. Milano: Guerini,.
MecFarlane, R., Cook, M. (2002). Achieving community benefits through contracts. Bristol: The Polici Press
Nonaka, I. (1994). “A dynamic theory of organizational knowledge”. In Organization Science, 5, pp. 14-37.
Scribner, S. (1986), “Thinking in Action: Some Characteristics of Pratical Tought”. In Sternberg, R.J, Wagner, R.K (eds.), Pratical Intelligence, Cambridge University Press, Cambridge (MA), pp. 13-30.
Stenberg, R.J. (Eds.) (2000). Practical intelligence in everyday life. Cambridge: Cambridge University Press.
Sternberg, R.J. (1988). The Triarchic Mind. A New Theory of Human Intelligence. New York: Viking Press.
Zucchermaglio C., Alby F. (a cura di), Psicologia culturale delle organizzazioni, Carocci, Roma 2006, pp. 201-255.
PER L’APPROFONDIMENTO E LA RICERCA
Argentero P., Cortese C.G., Piccardo C., Psicologia delle organizzazioni, Raffaello Cortina, Milano 2009,
Fabbri, L. (2007). Comunità di pratiche e apprendimento rifelssivo. Roma: Carocci.
Melacarne, C. (2012). Apprendimento e formazione nella vita quotidiana. Napoli: Liguori.ossi, B. (2008). Pedagogia delle organizzazioni. Milano: Guerini e Associati.