a cura di Valentina Mucciarelli
I primi studi sull’apprendimento organizzativo hanno preso in prestito dalla psicologia comportamentista e cognitivista il concetto di apprendimento, operando una trasposizione all’organizzazione dei concetti elaborati a livello dell’individuo. Si elaborò di conseguenza un’analogia tra la mente e l’organizzazione, ipotizzando in quest’ultima la presenza di schemi mentali e di strutture cognitive e identificando solamente al management le funzioni del pensare e dell’apprendere (Gherardi, Nicolini, 2004).
Al riguardo, una prima ipotesi epistemologica sull’apprendimento è quella che lo ha studiato come un fenomeno cognitivo, cioè come un processo che coinvolge principalmente delle attività mentali del singolo soggetto. In questo senso, si afferma una definizione di apprendimento “come processo che ha luogo nella testa o nella mente delle persone. Questa concezione mentalistica dell’apprendimento rappresenta la continuazione della tradizione cartesiana della separazione tra corpo e mente e del primato del pensiero sul mondo sensibile” (ibidem, p. 29). Si ammette implicitamente che sia il pensiero a dominare le azioni e che l’elaborazione cognitiva presieda qualsiasi processo cognitivo interpretando la mente come un elaboratore d’informazioni. Ne consegue che l’apprendimento può essere studiato nelle sue dimensioni individuali e, seppur supportato da interventi formativi o azioni educative, risulta in ultima analisi un’attività legata in gran parte al sistema delle conoscenze e alle strutture di conoscenza del soggetto.
In questi termini l’apprendimento è stato relegato ai soli luoghi formali di istruzione e quindi separato dal lavoro (di solito il primo precede il secondo) (Gherardi, Nicolini, Odella, 1998).
In contrasto a questa linea di ricerca, una seconda pista d’indagine riporta il fenomeno dell’apprendimento ad una più complessa dinamica di interazione e confronto tra l’attività individuale di elaborazione-costruzione di informazioni e il contesto sociale-organizzativo di riferimento. Questo approccio rientra in un macroparadigma definito costruttivismo socio-culturale (Varisco, p. 2002), in cui si interpreta “lo sviluppo cognitivo e l’articolazione dei processi di apprendimento e di costruzione della conoscenza come modellati dai contesti culturali in cui si producono, che ad essi forniscono elementi costitutivi ed essenziali” (Striano, 2003, p. 67).
Questa ultima posizione si attesta intorno all’idea che l’apprendimento non si possa studiare come fenomeno astratto ma come espressione di una partecipazione, di un divenire membro di una comunità poiché per la trasmissione del sapere, l’acquisizione di capacità e lo sviluppo relazionale dell’identità diventano centrali le relazioni sociali, gli artefatti con i quali si apprende, la qualità delle esperienze e la loro significatività, l’attivazione di pensieri riflessivi. Ciò significa che prima di tutto l’apprendimento è situato nel campo dell’interazione e delle condizioni materiali (Lave, Wenger, 2006). In altre parole, si riconosce che la conoscenza significativa si sviluppa grazie alla partecipazione ad una pratica, sia questa discorsiva o di altra natura.
Gli studi che guardavano all’apprendimento come fenomeno individuale vengono ad essere messi in discussione dall’ipotesi di fondo che l’apprendimento sia un fenomeno che ha intrinsecamente connessioni con un contesto nel quale non solo prende forma, ma anche in questo radicato. A tal proposito, la teoria dell’apprendimento situato mette a fuoco le condizioni sociali dei processi di costruzione della conoscenza e tenta di superare la separazione/opposizione fra teoria e pratica, interpretando l’apprendimento come attività eminentemente sociale, e in questo senso connotata più o meno implicitamente da istanze politiche e ideologiche. I processi di costruzione di conoscenza vengono ad essere arricchiti da letture che ne smascherano la dimensione sociale e storica, che ne mettono in evidenza la dipendenza dal sistema complessivo di significati culturali e dai vincoli materiali di esercizio.
In questo senso, è a partire dagli anni ’90 che vi è stato un cambiamento nella letteratura sull’apprendimento individuale che ha visto nascere la possibilità di studiare con lenti diverse i processi di apprendimento e innovazione organizzativa (White et al., 2005). In precedenza, le ipotesi circa l’apprendimento tendevano a privilegiare la conoscenza esplicita e astratta come le informazioni acquisite dagli individui sotto forma di idee, fatti e concetti. Al contrario, l’apprendimento organizzativo e gli studi sulle comunità di pratica (Wenger, 1998) hanno dimostrato che i risultati dell’apprendimento possono essere individuati nelle routine, nei dialoghi, nei simboli, ecc. (Blackler 1995).
Di recente, è nata una nuova corrente di pensiero, che si riflette in una serie di articoli in Ecologia e società (Reed et al., 2010) in cui si definisce l’apprendimento come un processo di cambiamento sociale in cui le persone imparano gli uni dagli altri in modi che possano beneficiare di più ampi sistemi socio-ecologici. Riprendendo concetti di apprendimento organizzativo (Argyris e Schön 1996; Wenger, 1998), questa scuola di pensiero è influenzata da teorie sociali di apprendimento, che definiscono l’apprendimento come partecipazione attiva nelle comunità di pratica (Lave e Wenger 1991; Wenger 1998), e sottolineano l’interazione dinamica tra le persone e l’ambiente nella costruzione di senso e di identità (Muro e Jeffrey, 2008).
Ulteriore linea di ricerca è quella che sostiene che non è solo il cambiamento di comprensione che denota l’apprendimento sociale, ma, e soprattutto, è la modalità attraverso la quale avviene l’apprendimento. Si inserisce in questa prospettiva l’apprendimento attraverso le reti sociali (come per esempio i social network) (Rivoltella, 2003). La letteratura più recente sui social network indica le reti come luoghi che influenzano le opinioni delle persone e i loro punti di vista attraverso l’interazione sociale (Riva, 2010). Al riguardo, Rist et al. (2007) concettualizzano l’apprendimento sociale essenzialmente come un processo in cui “i diversi attori possono discutere e negoziare regole, norme e relazioni di potere” (p. 23).
Per concludere, emergente è la definizione di Reed (2010) il quale afferma che l’apprendimento sociale è un processo quando risponde ad alcune caratteristiche quali: 1. ha avuto luogo nelle persone coinvolte un cambiamento nella comprensione (tale cambiamento può essere superficiale, per esempio a livelli di acquisizione di nuove informazioni, oppure più profondo modificando schemi di significato, visoni del mondo o credenze epistemologiche); 2. questo cambiamento va oltre l’individuo e diventa situato a più ampi gruppi sociali o comunità di pratica; 3. i cambiamenti si verificano attraverso le interazioni sociali e i processi tra gli attori all’interno di una rete sociale (sia attraverso interazione diretta, ad esempio con una conversazione, o indiretta attraverso i mezzi di comunicazione).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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PER L’APPROFONDIMENTO E LA RICERCA
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