Transazione

a cura di Stefano Oliverio

Il concetto di transazione è affacciato da John Dewey come nozione epistemologica nel suo ultimo volume, scritto insieme con Arthur F. Bentley, The Knowing and the Known (1949). Sulla scorta anzitutto delle conquiste della scienza fisica nel primo trentennio del XX secolo (teoria della relatività e meccanica quantistica), Dewey e Bentley invocavano un mutamento di prospettiva, distinguendo tre concetti:

  1. auto-azione, “dove le cose sono concepite come agenti in base a proprie poteri”. Si tratta della presentazione pre-scientifica di agenti, che si presumono indipendenti, quali ‘anima’, ‘mente’, ‘forza’ etc.. In questa prospettiva, si identificano delle ‘sostanze’, di per sé dotate di particolari facoltà, secondo una logica immortalata da Molière ne Il malato immaginario, lì dove alla domanda sul perché l’oppio causi il sonno si risponde riferendosi alla sua virtus dormitiva.
  2. Inter-azione, dove gli enti sono considerati nella loro interconnessione causale. L’esemplificazione più grandiosa è il sistema newtoniano della gravitazione universale, vero e proprio modello per il pensiero scientifico fino alle rivoluzioni scientifiche del XX secolo.
  3. Trans-azione, “in cui i sistemi di descrizione e di denominazione sono impiegati per trattare aspetti e fasi dell’azione, senza attribuzione finale a ‘elementi’ o altri ‘entità’, ‘essenze’ o ‘realtà’, che si presumono separabili e indipendenti, e senza isolamento di ‘relazioni’, che si presumono separabili […]”.

Mentre nell’interazione i poli della interconnessione conservano una loro autonomia, consentendo un’interpretazione oggettivistica della conoscenza, nella transazione essi sono fasi della medesima situazione. Ciò che esiste è la totalità della situazione che evolve e non un polo soggettivo (che conosce) separato da un polo oggettivo (che è conosciuto). Il concetto di transazione consente di superare, dunque, quella scissione fra soggetto (conoscente) e oggetto (conosciuto) che ancora permaneva nel dispositivo della scienza moderna e di considerare complanari conoscere e oggetto conosciuto, ossia entrambi come eventi naturali allo stesso livello. Infatti, “dal momento che l’uomo come organismo si è evoluto tra altri organismi”, Dewey e Bentley propongono “di trattare tutti i suoi comportamenti, incluse le sue conoscenze [knowings] più avanzate non come attività solamente sue, né come attività primariamente sue, ma come processi della situazione complessiva di organismo-ambiente”.

Ciò ha importanti ripercussioni sullo statuto della ricerca (inquiry), come ben evidenziato da Alberto Granese: “Il processo della ricerca si definisce allora come un ciclo continuo di tentativi di superamento della problematicità che, nel loro complesso, in un senso e ad un livello diverso, sono parte essi stessi di una situazione problematica. L’attività del conoscere, i mezzi e le forme del conoscere sono oggetti di indagine essi stessi e come tali debbono essere considerati, nell’ambito di una situazione che continuamente si risolve e si complica, arricchendosi progressivamente degli elementi di una problematicità ‘superiore’ che contrassegna un crescente livello di posizione dei problemi e di capacità di controllo della situazione medesima”.

Alla luce di siffatte considerazioni si comprende i motivi per i quali la nozione di transazione giochi un ruolo cruciale nella idea di professionalità riflessiva di Donald A. Schön. Solo interpretando il rapporto tra il professionista e la situazione problematica in termini di transazione si sventano i rischi dell’approccio oggettivista proprio della razionalità tecnica, secondo la quale ciò che il professionista incontra sono problemi già definiti, oggettivamente delimitati e determinati, cui applicare soluzioni già fornite dagli apparati teorici, seconda una procedura di mero problem solving. Schön rileva, invece, come ciò che il professionista incontra sono situazioni uniche, indeterminate e conflittuali e come il processo di ricerca che si attiva sia un processo di co-evoluzione della situazione (che attraverso la ricerca acquista nuove determinazioni) e del professionista (che nella conversazione riflessiva con la situazione amplia e sfaccetta il suo repertorio di risposte. Cfr. la voce ‘Repertorio’ nel presente lessico). Infatti, è addirittura impreciso parlare del professionista come colui che ‘fronteggia’ la situazione problematica, quasi egli/ella fosse esterno alla situazione e la contemplasse ab extra, secondo quella teoria spettatoriale della conoscenzastigmatizzata da Dewey. Il professionista è parte della situazione problematica, non semplicemente un polo soggettivo a essa interconnesso. E la determinazione di essa è parte della crescita del professionista così come l’educazione del professionista (p. es. in termini di ampliamento del repertorio) può accadere solo attraverso processi di ricerca attivati dalla conversazione con situazioni problematiche. Solo nell’ottica transazionale, dunque, diviene pienamente perspicua la differenza della razionalità riflessiva rispetto alla razionalità tecnica (cfr. la voce corrispondente in questo lessico) e il peculiare regime di rapporti conoscere-agire che essa promuove. Il conoscere non è più un a-parte rispetto all’agire ma costituisce uno dei momenti dell’agire e, ancor meglio, uno dei momenti della evoluzione delle situazioni della pratica (professionale).


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

J. Dewey, A. F. Bentley, The Knowing and the Known, in The Later Works of John Dewey 1925-1953, vol. 16, edited by Jo Ann Boydston, Carbondale: Southern Illinois University Press, 1989, p. 101.
Ibidem.
Ivi, p. 97.
A. Granese, Introduzione a Dewey, Bari: Laterza, pp. 99 sgg.
J. Dewey, The Quest for Certainty, in The Later Works of John Dewey, 1925-1953, vol. 4, edited by Jo Ann Boydston, Carbondale: Southern Illinois University Press, 1984.