Un percorso educativo in scuole e quartieri ad alta presenza migratoria può oggi cercare di valorizzare – in una prospettiva pedagogicamente orientata – alcune dalle pratiche culturali che caratterizzano la vita quotidiana (scolastica e non) degli allievi e delle allieve, sia figli di genitori migranti che figli di genitori autoctoni. In questa direzione, le pratiche culturali si configurano come un possibile linguaggio accomunante le esperienze dei diversi allievi/e e possono costituire quindi una risorsa preziosa per la costruzione di percorsi di rilettura in chiave interculturale del curricolo.
Un percorso educativo di questo tipo dovrebbe partire da una fase di ricerca finalizzata a svolgere una ricognizione sulle principali pratiche culturali presenti fra gli allievi delle classi coinvolte (sia figli di italiani che figli di migranti) sia in ambito scolastico che in ambito extrascolastico e proseguire con la costruzione di alcune possibili unità di apprendimento a carattere trasversale centrate su tematiche interculturali e costruite a partire dalle pratiche culturali condivise dagli allievi
Nell’attività di ricognizione è però importante cercare di sottrarsi alle rappresentazioni stereotipate della scuola e del territorio da cui spesso ci lasciamo condizionare, soprattutto nei confronti di scuole e quartieri ad alta presenza di migranti e postmigranti. Può essere utile – in questo senso – tenere presenti quali sono le più recenti evoluzioni della forma “quartiere” nelle città contemporanee (Borlini, Memo 2008) e cercare di situarle entro visioni inedite della città di “ieri” (Lumley, Foot, 2007) e delle città di oggi (Bonomi, Abruzzese, 2004, Cancellieri, Scandurra, 2012).
In particolare, appare importante evitare il rischio contro cui ci metteva in guardia Michel de Certeau nel suo ormai classico L’invenzione del quotidiano (de Certeau, 1980), ovvero il rischio di confondere il nostro “concetto di città” con le effettive “pratiche urbane” esercitate dai nostri allievi e allieve nella loro vita di ogni giorno: spesso, infatti, quando ci volgiamo al territorio abitato dai nostri allievi ed allieve lo facciamo a partire da un “concetto di territorio” molto astratto, che non riesce a cogliere la pluralità dei modi con i quali un quartiere (anche un quartiere ad alta presenza migratoria) viene vissuto ed “agito” dai suoi abitanti (ivi, pp. 143 sgg.).
Si tratta certo, da un lato, di approfondire l’analisi dei contesti eterogenei in cui ci si trova ad operare. Si può partire da un’analisi proprio del contesto territoriale di cui la scuola fa parte: caratteristiche del territorio (urbano o rurale), caratteristiche dei flussi migratori che lo interessano , principali comunità “migranti” presenti sul territorio, clima/atteggiamento territoriale nei confronti dell’accoglienza, enti, associazioni o reti presenti sul territorio che possono collaborare con la scuola ai progetti interculturali o promuovere occasioni di socializzazione ecc. E si deve poi affiancare a questa analisi del contesto territoriale anche un’analisi attenta del contesto scolastico, focalizzandosi su uno specifico istituto, su uno specifico plesso, su una specifica classe: organizzazione dell’accoglienza, organizzazione dell’educazione linguistica (tutta, non solo l’italiano L2), organizzazione dell’educazione interculturale (curricolo, metodi, ecc), nonché le caratteristiche, le potenzialità e le difficoltà di una determinata classe e del suo corpo docente (modalità di socializzazione, stili di apprendimento/insegnamento, atteggiamento verso l’accoglienza e la differenza…).
Tuttavia, accanto a questa analisi dei contesti è assolutamente preziosa anche un’attenzione alla concretezza della vita scolastica ed extrascolastica di famiglie ed allievi (migranti, postmigranti, autoctoni) per evidenziarne punti di forza e criticità: repertori linguistici, percorsi di scolarizzazione, percorsi migratori, stili di socializzazione e di apprendimento, relazioni con i pari a scuola e fuori da scuola, modalità di relazione delle famiglie fra loro e con la scuola, ecc.
La concretezza di questi vissuti, così come la concretezza – altrettanto importante, ma spesso taciuta – dei vissuti degli insegnanti e degli educatori, potrebbe in questo senso aiutarci a leggere le auto-rappresentazioni che di un quartiere e di una scuola ad alta presenza migratoria costruiscono i suoi abitanti. Da queste auto-rappesentazioni (dalle loro sovrapposizioni), così come dall’analisi attenta dele potenzialità e delle criticità dei contesti, potranno venire spunti e suggerimenti preziosi per poter rompere le immagini stereotipate di quei contesti: da un lato evidenziandone i bisogni specifici a cui rispondere con interventi tempestivi ed efficaci, dall’altro lato cogliendone tutte quelle potenzialità su cui scommettere e da rilanciare in prospettiva educativa.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Bonomi, A., Abruzzese, A. (a cura di) (2004), La città infinita. Iper modernità. Spaesamenti del vivere e del produrre in Lombardia, Bruno Mondadori, Milano.
Borlini, B., Memo, F. (2008), Il quartiere nella città contemporanea, Bruno Mondadori, Milano.
Cancellieri, A., Scandurra, G. (a cura di) (2012), Tracce urbane. Alla ricerca della città, FrancoAngeli, Milano 2012.
de Certeau, M. (1980), L’invention du quotidien. I Arts de faire. Gallimard, Paris. Tr. it. L’invenzione del quotidiano, Edizioni Lavoro, Roma 2001.
Lagrange, H., Oberti, M. (2006), Emeutes urbaines et protestations: une singularité française, Sciences Po, Paris. Tr. It. La rivolta delle periferie. Precarietà urbana e protesta giovanile: il caso francese, Bruno Mondadori, Milano 2006.
Lumley, R., Foot, J. (a cura di) (2007), Le città visibili. Spazi urbani in Italia, culture e trasformazioni dal dopoguerra a oggi, Il Saggiatore, Milano.
RISORSE ON LINE
Mapping for change è un’organizzazione di Londra che propone percorsi di community mapping e participatory mapping, ovvero percorsi che – per promuovere percorsi di coinvolgimento e cittadinanza locale – utilizzano informazioni geografiche raccolte attraverso rappresentazioni participate del territorio (“mappe di comunità”). Il sito dell’organizzazione (http:// www.mappingforchange.org.uk) presenta una selezione di progetti e di azioni svolte dall’organizzazione, nonché materiali e strumenti che possono fornire spunti interessanti per la costruzione di percorsi educativi che vogliano lavorare sui processi di auto-rapporesentazione messi in atto da quanti vivono, si formano e lavorano entro un determinato territorio.