Variabili o effetti distorcenti della valutazione

L’analisi delle forme di influenza soggettiva dei valutatori nel processo che porta alla formulazione del giudizio rappresenta un problema classico in ambito docimologico. Numerose ricerche hanno contribuito a mettere  in evidenza una serie di ‘effetti’ che possono intervenire surrettiziamente nella lettura che l’insegnante fa dei risultati di un alunno e nella valutazione che esprime su di essi (Domenici, 2001; Giovannini, 1994).

L’effetto alone (De Landsheere, 1992) designa l’influsso che il giudizio a cui l’insegnante perviene a proposito della prestazione di uno studente può esercitare -in forma più o meno esplicita e consapevole- sulla formulazione di un nuovo giudizio, estendendosi, dunque, incontrollatamente -similmente a quanto accade per l’alone di una macchia- da un ‘oggetto’ all’altro. È il caso, ad esempio, dell’allievo che, ottenendo usualmente buoni voti, viene valutato in maniera benevola anche in presenza di una preparazione disallineata rispetto a quella abituale ovvero della situazione di chi, provenendo da una storia pregressa di insuccessi, una volta compiuti progressi che sbocchino in esiti positivi, stenta ad essere giudicato in relazione a questi ultimi. L’effetto Pigmalione indica che le aspettative che l’insegnante nutre circa il successo o l’insuccesso di un alunno a partire da una serie di elementi di giudizio iniziali tendono a tradursi in realtà, come in una sorta di profezia che si auto-adempie: il docente sarebbe portato, per lo più inconsapevolmente, a mettere in atto comportamenti verbali e non verbali coerenti con le proprie attese, tali da influenzare il comportamento degli studenti e da strutturare condizioni di apprendimento più o meno facilitanti. L’effetto fu studiato, in origine, da Robert Rosenthal e Lenore Jacobson, che pubblicarono gli esiti delle loro ricerche, condotte con modalità sperimentali, nel 1968 (19995); i due ricercatori evidenziarono che alunni scelti casualmente e presentati ad un gruppo di insegnanti come dotati di forti capacità tendevano effettivamente ad ottenere valutazioni migliori rispetto ai compagni non segnalati. Studi successivi presero in considerazione contesti naturali ed attese non indotte, bensì costruite da parte degli stessi docenti nell’interazione quotidiana con la classe, integrando informazioni di origine esterna con le proprie conoscenze, credenze, teorie implicite, ecc. (Bressoux, Pansu, 2003): anche in questo caso fu confermata la predittività delle aspettative iniziali, particolarmente nei confronti degli alunni rispetto ai quali gli insegnanti disponevano di limitati elementi informativi sulla storia scolastica pregressa. Sebbene ricerche relativamente recenti abbiano tratteggiato un quadro più complesso (è da registrare la possibilità di previsioni che si avverano perché ‘esatte’ e di una certa distanza tra i giudizi finali degli insegnanti e le competenze realmente acquisite dagli allievi), il verificarsi di profezie auto-realizzatrici, pur ancora oggetto di discussione e di approfondimento (Santelli, Beccegato, 2000), sembra un dato da considerarsi sostanzialmente provato (Good, Brophy, 2007). Un altro effetto distorsivo sulla valutazione messo in evidenza dagli studi docimologici riguarda la cosiddetta distribuzione forzata dei risultati, fenomeno che si ritiene legato all’assunto implicito, da parte dei docenti, secondo il quale la riuscita degli alunni seguirebbe una distribuzione gaussiana, similmente a quanto accade per molti fenomeni naturali, con frequenze modeste nei valori estremi, ovvero per i risultati altamente positivi o decisamente negativi, e più elevate nei valori centrali, corrispondenti alle valutazioni mediane. Gli insegnanti, implicitamente, tenderebbero a ritenere ‘normale’ che solo una percentuale limitata di studenti possa ottenere valutazioni ottimali, considerando gli alunni, di fatto, come soggetti appartenenti ad una popolazione con caratteristiche distribuite casualmente e la scuola e l’insegnamento come limitatamente incidenti sulle potenzialità di base dei discenti (Domenici, 2001). Alcuni ricercatori interpretano il fenomeno come la conseguenza di forme di pressione sociale, che spingerebbero gli insegnanti, per essere considerati professionalmente credibili, da un lato ad attribuire stabilmente una certa percentuale di valutazioni negative ai loro allievi e, dall’altro, a limitare le valutazioni positive, soprattutto scapito degli studenti svantaggiati, che correrebbero così il rischio di essere artificialmente destinati all’insuccesso scolastico (Antibi, 2003). Ulteriori distorsioni valutative segnalate in letteratura sono l’effetto di contrasto, di sottostima o sovrastima di una prestazione nel confronto con altre percepite come più o meno brillanti (ad esempio, la sopravvalutazione dell’esito di un colloquio orale in una sequenza di interrogazioni scadenti), e l’effetto di stereotipia o di pregiudizio, per cui l’opinione dell’insegnante su un allievo, magari in relazione alla sua appartenenza socio-culturale o a certi tratti di personalità, ecc., risulta difficilmente modificabile e finisce con l’influenzare anche la valutazione sull’apprendimento.

In generale, i risultati degli studi che nel tempo hanno cercato di approfondire quelle che sono state considerate interferenze legate alla soggettività del docente nella valutazione scolastica rappresentano riferimenti ancora oggi considerati significativi, nel quadro di un’offerta di orientamenti -quella ascrivibile alla docimologia- di indiscutibile importanza per l’attenzione che richiamano sull’esigenza di una gestione di processi valutativi razionalmente impostata, ancorata ad attese e punti di vista resi espliciti, fonti di criteri di lettura della realtà fondati e giustificabili.


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Antibi A. (2003). La constante macabre. Toulouse: Math’Ador.
De Landsheere (19922). Dictionnaire de l’évaluation et de la recherche en éducation. Paris: PUF.
Domenici, G. (2001).  Manuale della valutazione scolastica. Bari: Laterza.
Giovannini M.L. (1994). Valutazione sotto esame. Milano: Ethel Giorgio Mondadori.
Good T.L, Brophy J.E. (200710). Looking in the classroom. New York: Allyn & Bacon.
Santelli Beccegato L., Varisco B.M. (2000). Docimologia. Per una cultura della valutazione, Milano: Guerini.
Rosenthal R. A., Jacobson L. (19995). Pigmalione in classe. Aspettative degli insegnanti e sviluppo intellettuale degli allievi. Milano: Franco Angeli.


PER L’APPROFONDIMENTO E LA RICERCA

Bertoldi F., Serio N. (1999). Oltre la valutazione. Idee e ipotesi a confronto. Roma: Armando.
Benvenuto G. (20041). Mettere i voti a scuola. Introduzione alla docimologia. Roma: Carocci.
Domenici G. (2004). Le prove semistrutturate di verifica degli apprendimenti. Torino: UTET.
Giannandrea L. (2009). Valutazione come formazione. Percorsi e riflessioni sulla valutazione scolastica. Macerata: EUM.
Hadji C. (2012).  Faut-il avoir peur de l’évaluation? De Boeck: Bruxelles.
Plessi P. (2004). Teorie della valutazione e modelli operativi. Brescia: La Scuola.
Popham W. J. (1999).  Classroom Assessment: What Teachers Need To Know. New York: Allyn & Bacon.
Weeden P., Winter J, Broadfoot P. (2009). Valutazione per l’apprendimento nella scuola. Strategie per incrementare la qualità dell’offerta formativa. Trento: Erickson.