Classe 2.0

a cura di di Valentina Pennazio

Una classe 2.0 può essere definita come un ambiente ibrido in cui il lavoro in presenza con le tecnologie e il lavoro in rete a distanza, sincrono o asincrono, si alternano e si fondono in maniera del tutto naturale in un unico processo di apprendimento-insegnamento.

L’aula rimane lo spazio entro cui le azioni formative più importanti continuano ad essere svolte; un’aula flessibile e aperta che riesce ad estendersi oltre i confini spazio-temporali grazie al supporto delle tecnologie e applicazioni 2.0 di cui può disporre. I computer, i tablet, la LIM e la rete divengono elementi abituali della pratica didattica. Infatti, la tecnologia si integra a tal punto nel lavoro di scuola da trasformare dall’interno le pratiche abituali degli insegnanti e degli studenti (Rivoltella e Ferrari, 2010). Questo non significa che qualsiasi attività debba necessariamente passare attraverso la mediazione tecnologica ma riconoscere la possibilità di uso delle diverse tecnologie in ogni momento (al pari degli altri strumenti) e la loro valenza nella promozione, facilitazione e supporto di processi di costruzione collaborativi della conoscenza che possono avvenire in classe e proseguire, al di fuori di essa, in rete (Rivoltella e Ferrari, 2010). A questi aspetti si aggiungono le potenzialità offerte nel recupero e nella valorizzazione della dimensione sociale dell’apprendimento, nella produzione di contenuti, nello scambio di esperienze, nella risoluzioni di situazioni problematizzanti.

La generazione di un ambiente di apprendimento ibrido è strettamente dipendente dalle scelte progettuali e gestionali che l’insegnante effettua nella strutturazione fisica e concettuale della classe (Lave, 1988; Collins, Brown e Newman 1989) e nella predisposizione di determinate tipologie di attività. Il ruolo dell’insegnante in un ambiente 2.0 è quello di integrare – in un sistema organico e coerente – gli elementi fisici/strumentali implicati nel processo di apprendimento, con i compiti, gli obiettivi prefissati e le modalità attraverso cui pensa di raggiungerli (Antonietti, 2003). L’integrazione di questi elementi e la coniugazione in un’ottica post-costruttivista (Rossi, 2010) della cultura partecipativa e informale della rete con percorsi formali di apprendimento (Bonaiuti, 2006; Jenkins et al., 2010; Ferri, 2011) porta all’emergere di percorsi attivi e consapevoli di apprendimento in cui lo studente viene progressivamente orientato dal docente nella costruzione della conoscenza.

L’elemento caratterizzante di una classe 2.0 non è riconducibile esclusivamente alla sola presenza di strumentazioni tecnologiche che sollecitano un’organizzazione dello spazio, ad esempio con isole di lavoro (Baldascino, 2008) o dei tempi, ma l’attuazione di modalità diversificate di fare didattica (Rivoltella, Ferrari, 2010). Una didattica 2.0 supera il confine fra teoria e pratica, assumendo le forme dell’apprendistato cognitivo (Collins, Brown, Newman, 1989) dove il contesto diventa per lo studente un’occasione generativa, il luogo naturale entro cui la teorizzazione nasce come sviluppo riflessivo della e sulla pratica (Rivoltella e Ferrari, 2010). L’accento è posto sul contesto che  rimanda a stili di lavoro collaborativi dove diviene centrale la comunicazione e la socialità realizzabili in presenza e in rete attraverso l’utilizzo di applicazioni 2.0 come forum, blog, social network.

Possiamo identificare/definire la didattica 2.0 con tre parole: facilità (di utilizzo delle applicazioni 2.0), autorialità (intesa come possibilità di pubblicare contenuti sul web diventando autori oltre che navigatori), socialità (come logica interattiva che promuove un paradigma sociale indagabile ad un doppio livello: nuova modalità di costruzione e gestione della conoscenza; possibilità di disporre di più rappresentazioni dello stesso concetto che attiva i soggetti alla riflessione, all’analisi comparativa) (Landow, 2006; Rivoltella e Ferrari, 2010).

Anche la gestione diventa un aspetto fondamentale in una classe 2.0 perché rimanda all’organizzazione, da parte del docente, di due setting fondamentali: quello tecnologico (gestione/organizzazione delle strumentazioni, delle applicazioni 2.0 e degli arredi); quello collaborativo (gestione/organizzazione degli studenti in gruppi di lavoro).

La flessibilità dell’organizzazione in generale è la variabile fondamentale che sostiene il tutto.

Quando la classe può modificare la propria configurazione interattiva (forme di lavoro individuale che si alternano a quelle di gruppo in presenza e si estendono in rete) e sperimentare modalità diversificate per affrontare un contenuto disciplinare, l’approccio con le strumentazioni tecnologiche e le applicazioni 2.0 è facilitato e queste diventano a loro volta, promotrici di apprendimento. La configurazione delle lezioni non è fissa ma si declina in relazione all’obiettivo e all’attività; si assiste quindi a fasi di lezioni ibride. In alcuni momenti l’insegnante conduce la lezione, per passare poi ad un’architettura maggiormente improntata alla ricerca guidata con le tecnologie o a quella collaborativa in presenza o a distanza; non è, banalmente, un’alternanza di metodologie ma la capacità di individuare le modalità più efficaci per perseguire un determinato obiettivo (Parmigiani, 2009).


RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Antonietti, A. (2003). Contesti di sviluppo-apprendimento come scenari di scuola. In C. Scurati (ed.),Infanzia scenari di scuola, pp. 31-56. Brescia: La Scuola.
Baldascino, R. (2008). Ambienti integrati di apprendimento: l’ambiente fisico e la sua influenza, Rivista dell’istruzione, 2, 90-96.
Bonaiuti G. (2006). E-learning 2.0. Trento: Erickson.
Carletti, A. e Varani, A. (eds.) (2007), Ambienti di apprendimento e nuove tecnologie. Nuove applicazioni della didattica costruttivista nella scuola. Trento: Erickson.
Collins, A., Brown, J.S. & Newman, S. (1989). Cognitive Apprenticeship: Teaching the Craft of Reading, Writing and Mathematics. In L.B. Resnick, Cognition and Instruction: Issues and Agendas (pp. 454-494). New Jersey: LEA.
Ferri P. (2011). Nativi digitali. Milano: Bruno Mondadori.
Jenkins H., Purushotma R., Weigel M., Robinson A. (2010). Culture partecipative e competenze digitali. Media education per il XXI secolo. Milano: Guerini.
Landow G.P. (2006). Hypertext 3.0. Critical Theory and New Media in the Era of Globalization. Baltimore: The Johns Hopkins University Press.
Lave, J. (1988). Mind in Practice: Mind, Mathematics, and Culture in Everday Life. Cambridge: Cambridge University Press.
Parmigiani, D. (2009). Tecnologie di gruppo. Collaborare in classe con i media. Trento: Erickson
Rossi, P.G. (2010). Tecnologia e costruzione di mondi. Post-costruttivismo, linguaggi e ambienti di apprendimento, Roma: Armando Editore.


PER L’APPROFONDIMENTO E LA RICERCA

Black, J., & McClintock, R. (1996). An interpretation construction approach to constructivist design. In B. Wilson, Constructivism learning environments: case studies in instructional design, (pp. 25-31). New Jersey: Educational Technology Publications.
Bonaiuti, G. (2009).  Didattica attiva con la LIM. Trento: Erickson.
Brown A.L. & Campione J.C. (1996). Psychological Theory and the Design of Innovative Learning Environments: On Procedures, Principles and Systems. In L. Schauble & R. Glaser (eds.), Innovations in Learning. New Environments for Education, (pp. 286-325). Mahwah: Erlbaum.
Cacciamani, S., & Giannandrea, L. (2004). La classe come comunità di apprendimento. Roma: Carocci
Deng, L., & Yuen, A.H.K. (2009). Blogs in higher education: implementation and issues, TechTrends. 53 (3), pp. 95-98.
Deng, L., & Yuen, A.H.K. (2011). Towards a framework for educational affordances of blogs, Computers & Education. 56 (2), pp. 441-451.
Dunlap,  J., & Grabinger R. (1996), Rich environments for active learning in the higher education classroom. In B. Wilson, Constructivist learning environments: case studies in instructional design (pp 65-82). New Jersey: Educational Technology Publications.
Gordon D.T. (2000). The digital classroom: How technology is changing the way we teach and learn. Cambridge: Harvard Education Letter.
Salomon, G. (1996). Studying novel learning environments as pattern of change. In S. Vosniadu, E. De Corte, R. Glaser & H. Mandl (eds.), International perspectives on the psychological foundations of technology-based learning environments (pp. 363-377). New Jersey: Erlbaum.


RISORSE ONLINE

http://www.istruzione.it/web/istruzione/piano_scuola_digitale/classi_2_0