a cura di Silvia Fioretti
L’ontologia storica mette in luce come la conoscenza, in quanto aspetto peculiare del pensiero umano in generale, sia strettamente connessa alle azioni e alle condotte dell’uomo sul mondo e sull’ambiente. Per Goldmann le ‘scienze fisiche e chimiche’ sono il fondamento della tecnica, il mezzo per produrre e trasformare il mondo, ricercano leggi generali e studiano quello che si ripete. L’uomo realizza le proprie possibilità biologiche all’interno di una cornice socialmente determinata e storico/relativa. Grazie alle ‘scienze umane’ l’individuo si costruisce attraverso la scelta di quanto è essenziale e significativo nelle varie epoche storiche, tali scelte sono astrazioni storicamente relative e non si possono assimilare in un sistema di leggi generali.
Il fondamento ontologico della storia è il rapporto dell’uomo con gli altri uomini, il fatto che l'”Io” individuale non esiste se non sullo sfondo della comunità. Nella conoscenza del passato noi ricerchiamo la medesima cosa che ricerchiamo nella conoscenza degli uomini contemporanei. Si tratta anzitutto, degli atteggiamenti fondamentali degli individui e dei gruppi umani nei confronti dei valori, della comunità e dell’universo. La conoscenza della storia presenta per noi un’importanza pratica perché vi impariamo a conoscere uomini, i quali, in condizioni differenti , con mezzi differenti, e per lo più inapplicabili alla nostra epoca, hanno lottato per valori e ideali che erano analoghi, identici o opposti a quelli nostri di oggi, e questo ci rende coscienti di appartenere a un tutto che ci trascende, che noi continuiamo nel presente e che gli uomini che verranno dopo di noi continueranno nel futuro. La coscienza storica non esiste se non per un atteggiamento che ha superato l’io individualista, ed essa è appunto uno dei principali mezzi capaci di operare questo superamento. Per il razionalismo il passato è solo un errore, la cui conoscenza è utile per mettere in luce il progresso della ragione; per l’empirismo è una massa di fatti reali che, in quanto tali, sono certi rispetto ad un futuro congetturale; solo l’atteggiamento dialettico è capace di compiere la sintesi, comprendendo il passato come tappa e come strada necessaria e valida verso l’azione comune, nel presente, degli uomini di una stessa classe, per attuare nel futuro una comunità autentica e universale.
Nella storia gli uomini ricercano le trasformazioni del soggetto dell’azione nel rapporto dialettico Uomini-Mondo: le trasformazioni della società umana. Di conseguenza, l’oggetto delle scienze storiche è costituito dalle azioni umane di tutti i luoghi e di tutti i tempi nella misura in cui esse ebbero o conservano ora un’importanza per o un’influenza sulla esistenza e sulla struttura di un gruppo umano e implicitamente, attraverso quest’ultimo, un’importanza per o un’influenza sulla esistenza e sulla struttura della comunità umana presente o futura. […]
In questo modo tutto quanto agisce sulla comunità è, per se stesso, un fatto storico, poiché la vita sociale è l’unico valore comune che unisce gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo. Nei fatti storici noi non ricerchiamo tanto la loro realtà materiale quanto il loro significato umano, il quale, evidentemente, non può essere conosciuto prescindendo dalla prima. L’importanza di uno studio tecnico ed erudito circa i mezzi e i procedimenti militari grazie ai quali, ad esempio, Federico II o Napoleone vinsero una battaglia, risiede soprattutto nella misura in cu esso ci concede di stabilire l’energia umana e psichica usata da quei monarchi nel perseguire i loro scopi, le ripercussioni dei loro atti sugli uomini del loro tempo, le reazioni di questi uomini; insomma tutto ciò che, superando il particolare anedottico o erudito, consente, attraverso quest’ultimo, di stabilire un rapporto umano positivo o negativo (al posto di Napoleone si può scrivere Nerone o Nicola I) fra noi e gli uomini del passato.
Si mette così in rilievo una differenza fondamentale fra la storia, la quale studia i comportamenti umani, e le scienze fisiche-chimiche, che studiano la materia inanimata. Queste ultime studiano i fatti unicamente dall’esterno, nella loro realtà sensibile. Lo storico si trova di fronte ad atti compiuti coscientemente (vera o falsa che sia questa coscienza), e di essi egli deve ricercare anzitutto il significato. Dire che nel 79 dopo Cristo si produsse un’eruzione del Vesuvio, ricercare le sue cause fisiche è ben altro che tentare di ricostruire le reazioni degli abitanti di Ercolano o di Pompei di fronte a quell’eruzione. Uno dei principali meriti della fenomenologia e, in psicologia, della Scuola della Forma è stato quello di ricordarci l’importanza di questa coscienza e dei significati che assumono, per essa, gli atti e gli eventi. In questo senso, studiare la storia significa anzitutto cercare di capire le azioni degli uomini, i moventi che li spinsero ad agire, gli scopi che si ponevano, il significato che assumevano per essi il loro modi di condursi e i loro atti.
[Goldmann L., Scienze umane e filosofia, Feltrinelli, Milano, 1961, pp. 16-22]