a cura di Stefano Oliverio
La nozione di repertorio è introdotta da Donald A. Schön nel contesto della sua presentazione della razionalità riflessiva in quanto opposta alla razionalità tecnica e in stretto riferimento all’idea di “abilità artistica” intesa come “un esercizio di intelligenza, una sorta di processo conoscitivo”. Si può affermare che si tratta di un concetto strategico per profilare il proprium dei modi di procedere del professionista riflessivo. Per repertorio si intende l’insieme degli “esempi, immagini, comprensioni e azioni” di cui il professionista esperto dispone, avendolo strutturato nel corso della sua esperienza lavorativa, attraversando diverse situazioni problematiche e uniche e avendo identificato sempre nuove soluzioni per esse.
La crucialità della nozione di repertorio emerge lì dove Schön osserva che “[l’]”abilità artistica” di un professionista […] dipende dall’ampiezza e dalla varietà del repertorio che egli applica a situazioni non familiari. Poiché egli è capace di attribuire un senso alla loro unicità, egli non ha bisogno di ridurle ad esempi di categorie standardizzate“. Mentre il professionista che agisce sulla base della razionalità tecnica ‘sussume’ la singola situazione problematica, indeterminata, sotto una categoria generale – offertagli in ultima istanza dai saperi teorici ‘manualizzati’ e formalizzati – e la rende così ‘caso’ di una regola universale (e ne riduce quindi l’unicità), il professionista riflessivo è in grado di riconoscere l’unicità della situazione come tale e di disporsi verso di essa senza intenti ‘riduzionisti’. Ma per poter agire, senza arrestarsi a una stupita descrizione della situazione nei suoi caratteri irriducibilmente individuali, il professionista ha bisogno di ‘vedere’ la situazione singola come qualcosa di simile a ciò che ha già incontrato in passato e che ha conservato nel suo repertorio. Questo ‘vedere’ qualcosa di nuovo come simile a qualcosa di già incontrato è un processo metaforico: “Vedere questo luogo come quello non significa includere il primo in una categoria o in una regola familiare. Significa, piuttosto, vedere la situazione non familiare come simile e differente rispetto a quella familiare, unica […] La situazione familiare funge da precedente, o da metafora […] Vedendo questa situazione come quella, un professionista può anche agire in questa situazione come in quella”.
All’operazione di ‘sussunzione’ dei casi della pratica sotto le categorie della teoria, tipico della razionalità tecnica, subentra quindi quello che si può definire un ‘procedimento metaforizzante’, attraverso il quale il professionista può agire sul caso unico conservandone l’unicità e al contempo la ‘comparabilità’ con altri casi, accumulati attraverso l’esperienza professionale, il che gli consente di mobilitare esempi, immagini, comprensioni e azioni già presenti nel suo repertorio, senza essere costretto a “reinventare [ogni volta] la ruota […], recuperando assai poco o niente delle esperienze accumulate […]”.
La nozione di repertorio (e la connessa idea di un processo metaforizzante) subentra, dunque, nel dispositivo epistemologico di Schön, al posto di quella di ‘categoria standardizzata’ a garantire la possibilità di un ‘trattamento’ professionale della situazione unica non incapsulato nella singolarità, senza però sacrificare il carattere di unicità sull’altare di generalizzazioni ready-made.
Mette conto fornire un’illustrazione. Al/la docente che abbia in classe uno studente cieco (o, per adoperare il più rigoroso linguaggio dell’ICF, “uno studente con difficoltà nelle componenti della visione”), si aprono due opzioni ‘epistemologiche’: se adisce la via della razionalità tecnica, cercherà nei manuali e nei libri di pedagogia speciale le regole di azione in situazioni come quella che si trova a fronteggiare (e qui ‘come’ sta a indicare non già un ‘procedimento metaforizzante’, bensì la (completa) sovrapponibilità assicurata da corpi di saperi teorici); ovvero, se percorre la via della razionalità riflessiva, inizia una conversazione riflessiva con la situazione a partire dal proprio repertorio, ad esempio dalle mosse esperite nel caso di uno studente con difficoltà nella componente dell’udito. La differenza dei canali sensoriali impedisce ovviamente di sovrapporre i due casi e di sussumerli sotto una regola generale, e però vi sono delle somiglianze che consentono di vedere il primo caso come il secondo (ovviamente lo statuto di questo ‘come’ è completamente diverso da quello proprio della razionalità tecnica): il/la docente può cominciare la conversazione con la situazione riconoscendo che, come nel caso da lui/lei precedentemente esperito, si tratta anzitutto di individuare le tecnologie assistive più adatte, di prevedere una ristrutturazione dei contenuti disciplinari in modi tali che tengano conto delle difficoltà etc.
Schön, come visto, enfatizza, l’importanza della ampiezza e varietà del repertorio. Infatti, quanto più vario e vasto è il repertorio tanto più di grana fine è il ‘procedimento metaforizzante’, tanto inferiore è quello che possiamo definire il ‘delta metaforico’, ossia la distanza fra il caso passato e il nuovo. Nell’esempio testé fatto: un docente che avesse nel proprio repertorio una serie di mosse strutturate in altra situazione unica (p. es. uno studente ipovedente ovvero con altro studente cieco, situazione quest’ultima che, per le ragioni summenzionate, sarebbe comunque non sovrapponibile con la nuova), potrebbe iniziare la conversazione riflessiva con la situazione con immagini, comprensioni, azioni, dotate di maggiori “somiglianze di famiglia” con la situazione attuale.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
D.A. Schön, Formare il professionista riflessivo. Per una nuova prospettiva della formazione e dell’apprendimento nelle professioni, edizione italiana a cura di Maura Striano, Milano: FrancoAngeli, 2006, p. 43.
Ivi, p. 105.
Ivi, p. 107. Corsivi aggiunti.
Ivi, p. 106.
Ivi, p. 71.
OMS, ICF. Classificazione internazionale del Funzionamento, della Disabilità, e della Salute, Trento: Erickson, 2001. Cfr. anche L. Pati, L. Croce, ICF a scuola. Riflessione pedagogiche sul funzionamento umano, Brescia: La Scuola, 2011.
Il riferimento è ovviamente a L. Wittgenstein, Ricerche filosofiche, Torino: Einaudi, 2009.