a cura di Claudio Melacarne
All’interno della ricerca pedagogico-didattica, accanto a un consolidamento della ricerca empirica di matrice quantitativa, si registra negli ultimi decenni uno spostamento significativo di baricentro anche verso approcci metodologici qualitativi. Questi, più che puntare sulla possibilità di generalizzare i risultati, di produrre inferenze, di costruire modelli statistici, adottano logiche idiografiche orientate a produrre una conoscenza situata e ancorata ai micro eventi (Denzin, Lincoln, 2011). Tra i diversi dispositivi metodologici, quello qualitativo “permette di gestire il processo sistematico con il quale vengono raccolte delle informazioni su ciò che le persone dicono e fanno nel loro ambiente naturale, per scoprire il modo in cui vedono se stesse e il mondo che le circonda” (Silverman, 2006, p. 302). L’assunto epistemologico che sottende la prospettiva di ricerca qualitativa è relativo alla convinzione che il sapere prodotto dalle comunità, all’interno delle organizzazioni, nei contesti familiari, nei luoghi della vita quotidiana, è sempre fatalmente locale, inseparabile dagli artefatti e dalle storie che lo hanno generato, è embedded nella pratica. Per intercettare questo sapere, è necessario spesso immergersi in una situazione, avvicinarsi e, in un certo senso, toccare la conoscenza pratica con mano, vivere in alcuni casi le dinamiche proprie del campo d’indagine. A differenza di quanto avviene nella ricerca survey, la cassetta degli attrezzi del ricercatore qualitativo è composta da strumenti capaci di intercettare i saperi locali, i sistemi di significato, le pratiche situate caratterizzanti uno specifico contesto, i diversi punti di vista degli attori sociali. Tra gli strumenti più conosciuti riscontriamo: lo studio di casi, l’osservazione, le interviste in profondità, i focus group, la raccolta e l’analisi qualitativa dei documenti.
L’affermarsi di prospettive di ricerca qualitativa in ambito pedagogico-didattico è riconducibile a una sempre più diffusa consapevolezza della forte affinità epistemologica esistente tra i qualitative methods e la ricerca educativa (Fabbri, 2007). Condurre un’intervista in profondità, inserirsi come osservatore partecipante in una comunità, trovarsi a restituire i risultati della ricerca agli stessi soggetti che sono stati coinvolti nel processo d’indagine, sono tutte esperienze ad alto coinvolgimento relazionale in cui la ricerca può configurarsi anche come esperienza di cambiamento sociale, organizzativo o personale. Fare una ricerca qualitativa significa anche trasformare l’oggetto di indagine (Mezirow, Taylor, 2011).
In questo senso, uno degli aspetti più innovativi che la ricerca qualitativa ha apportato al dibattito metodologico è sicuramente quello di aver gettato le basi per superare la dicotomia tra ricerca pura e ricerca applicata. Al riguardo, molti sono gli autori che individuano un inscindibile legame tra la ricerca descrittiva e quella trasformativa (Cox, Geisen, Green, 2011). Si delineano conseguentemente scenari epistemologici in cui “l’interesse e lo scopo della ricerca non è quello di costruire teorie generali dell’azione organizzativa o educativa o formativa, ma di delineare local theory che sappiano rendere conto di azioni situate, che siano esiti di un approccio dialogico e partecipativo alla costruzione della conoscenza e siano in grado di generare trasformazioni condivise” (Fabbri, 2007, p. 19). Adottare un dispositivo qualitativo significa in questi termini porsi interrogativi anche sull’impatto che la ricerca stessa avrà sul campo di indagine o sul più ampio cotesto sociale (Mortari, 2007). Al riguardo, si registrano almeno due tratti caratterizzanti l’attuale dibattito metodologico in ambito educativo e formativo:
- l’allargamento di nuovi oggetti d’indagine e il consolidando del legame e l’affinità epistemologica anche con tutti quei settori di ricerca non immediatamente pedagogici orientati non solo a produrre dati conoscitivi sulla realtà ma anche trasformazioni del proprio oggetto di indagine;
- un rinnovato interesse verso quei dispositivi qualitativi di indagine come la ricerca-azione, la ricerca-formazione, la ricerca-trasformativa, la ricerca-partecipativa, l’action-learning (Marsick, O’Neil, 2007). In queste metodologie ciò che diventa discriminate non è soltanto il rigore metodologico e la capacità di produrre conoscenza. La ricerca si interroga sulla plausibilità sociale dei risultati che produce (quanto i risultati sono ancorati a uno specifico contesto?), sul loro livello di significatività (se e come questi vengono riconosciuti importanti da coloro che hanno partecipato alla ricerca?), sulla potenzialità trasformativa dell’indagine (quanto il processo di ricerca ha prodotto cambiamenti nel campo d’indagine e se questi sono condivisi da un eventuale committente o dai soggetti coinvolti?).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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PER L’APPROFONDIMENTO E LA RICERCA
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