Pedagogia popolare

a cura di Manuela Palma

La pedagogia popolare è legata alla riproposizione – in ambito pedagogico – della psicologia culturale, approccio elaborato a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta del Novecento dallo psicologo costruttivista Jerome Bruner. Essa, per rendere conto dei comportamenti umani, rivaluta il peso dei significati e considera quindi imprescindibile analizzare il modo in cui i soggetti credono, desiderano, scelgono e danno senso tramite l’intenzionalità alla realtà.

Per comprendere pienamente il valore del contributo della psicologia culturale è fondamentale leggerlo come alternativa all’impostazione psicologica novecentesca di matrice comportamentista (Neisser, 1967) che, allo scopo di vedersi riconosciuto il rigore e la dignità epistemologica delle scienze fisico-naturali, aveva escluso dalla propria riflessione tutto ciò che non poteva essere direttamente quantificabile e misurabile, finendo quindi per bandire il pensiero e la motivazione dal proprio armamentario di concetti esplicativi. Contro questo anti-mentalismo e contro l’inclinazione verso il positivismo, Bruner (1993) delinea un approccio che, superando la matrice computazionale, riuscisse finalmente ad occuparsi “della natura, delle cause e delle conseguenze di quegli stati intenzionali – credenze, desideri, intenzioni, scelte – che gran parte della psicologia scientifica respinge nello sforzo di dare una spiegazione delle azioni umane da un punto di vista che sia al di fuori della soggettività” (Bruner, 1990, p. 29). Tale, approccio riportato in ambito pedagogico come pedagogia culturale, consente di rivalutare le convinzioni, le “teorie ingenue” di insegnanti ed educatori ritrovando in esse, e non solo e non tanto nelle teorie pedagogiche ufficiali, riferimenti utili a comprendere l’esperienza educativa: per capire ciò che davvero avviene nell’esperienza educativa è a queste convinzioni che dobbiamo guardare poiché da tali concezioni – spesso intrise di senso – comune la prassi educativa è guidata (Baldacci, 2010).

Si parla per Bruner di “concettualismo strumentale” per riconoscere come fin da bambino ogni individuo costruisca un modello del mondo che determina le proprie percezioni e che dipende da modelli culturalmente determinati, dai modi cioè in cui l’ambiente culturale dell’individuo ha elaborato la propria esperienza reale per adattarsi all’ambiente (Bruner, 1983). Concetto centrale dell’approccio di Bruner è infatti quello di cultura, anche e soprattutto per il potere formativo ad essa associato: è la partecipazione dell’uomo alla cultura che lo struttura e gli fornisce quei sistemi simbolici che gli serviranno per costruire significati e dare senso a sé e alla realtà che lo circonda. Tali modelli, ereditati dalla propria appartenenza a una cultura, influenzeranno la percezione e l’interpretazione del mondo. Si riconosce in questo aspetto dell’approccio bruneriano l’influenza della produzione di Vygotskij da cui Bruner ereditò proprio l’attenzione al modo in cui la società fornisce all’uomo gli strumenti che permettono alla mente di funzionare, ma in questo aspetto si riconosce anche l’elemento di più forte distanza da Piaget, autore che mostrò molta meno attenzione al dato “culturale” ma a cui Bruner si avvicinò per l’attenzione alla logica sottesa ai processi di conoscenza (Bruner-Olver-Greenfield, 1966).

La partecipazione dell’uomo alla cultura e la realizzazione della sua mente attraverso la cultura rendono impossibile costruire una psicologia su base solamente individuale. Se la psicologia è così immersa nella cultura, allora deve organizzarsi in base all’uso dei significati e dei concetti realmente e concretamente condivisi: da qui una analisi di tali significati e l’attenzione alla psicologia popolare.  Stesso approccio può essere riproposto in ambito pedagogico riconoscendo la necessità di una analisi dei significati ereditati dalla cultura e riproposti in ambito educativo per promuovere la creazione di una pedagogia realmente ancorata all’esperienza.

La psicologia popolare è il modo con il quale una cultura spiega il comportamento degli esseri umani (Bruner, 1990). Tale psicologia ha radici in un linguaggio e in una struttura condivisa ed è questa psicologia e non quella “scientifica”, di matrice positivista, a dominare le transazioni della vita quotidiana. Questa prospettiva porta a valorizzare un pensiero su base narrativa e non di tipo logico-categoriale. La sua attenzione è rivolta all’azione in situazione, la controparte intenzionale del comportamento, ovvero “un’azione situata in uno scenario culturale e che risponde agli stati intenzionali, reciprocamente interattivi, di coloro che vi prendono parte” (Bruner, 1990, p. 33). In ambito educativo ciò porta a rivalutare l’azione in situazione e le dimensioni dei vissuti e delle emozioni dei soggetti che abitano l’esperienza.

Poiché il concetto fondamentale di una psicologia dell’uomo è il significato inteso come elemento di mediazione tra individuo e cultura, la ricerca della psicologia culturale si caratterizzò per il dialogo fecondo con altre discipline e per il suo carattere aperto (Groppo-Ornaghi-Grazzani-Carruba, 1999] che le permise di ricevere impulsi fertili non solo dalla filosofia del linguaggio di Austin, Grice, Searle, ma anche spunti metodologici importanti dalla fenomenologia di Schutz (1962) da cui mutuò la preoccupazione di trattare la soggettività come argomento da indagare nella sua pienezza e non come tabù metodologico, l’etnomentodologia di Garfinkel (1967) da cui trasse l’attenzione alle procedure interpretative, l’interazionismo simbolico di Mead e chiaramente la prospettiva centrata sul concetto di cultura offerta dall’antropologia interpretativa di Geertz (1983)

Il contributo di questo approccio, l’attenzione alle azioni in situazioni e alla dimensione dei significati, la centralità attribuita alla narrazione come strumento privilegiato per accedere alla dimensione della soggettività e alla sua formazione ha segnato in modo significativo il modo di intendere l’uomo e di studiarlo aprendo le scienze umane a un campo di indagine fino a quel momento epistemologicamente inaccessibile ma ha influenzato in modo determinante anche dal punto metodologico soprattutto le pratiche formative e molti indirizzi di ricerca della pedagogia novecentesca e di quella attuale che hanno centrato la propria proposta sulla valorizzazione e il recupero dei significati e della soggettività (Massa, 1992, Demetrio, 1993, Fabbri-Formenti 1991, Kaneklin-Scaratti 1998)

 


 

BIBLIOGRAFIA

Baldacci M., 2010, Teoria, prassi e modello in pedagogia. Un’interpretazione della prospettiva problematicista, in Education, sciences and society, 5.
Bruner J. S., Olver R. R., Greenfield P. M., 1966, Lo sviluppo cognitivo, tr. it, Armando, Roma, 1968.
Bruner J.S., 1983, Il linguaggio del bambino. Come il bambino impara a usare il linguaggio, tr. it., Armando, Roma, 1987.
Bruner J. S., 1990, La ricerca del significato. Per una psicologia culturale, tr.it, Bollati Boringhieri, Torino, 1992.
Bruner J., 1993, in Titone R., a cura di, La mia psicologia. Obiezioni e puntualizzazioni, Armando, Roma.
Demetrio D., 1996, Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Cortina Raffaello.
Fabbri D, Formenti L, 1991, Carte di indentità. Verso una psicologia culturale dell’individuo. Franco Angeli, Milano.
Garfinkel H., 1967, Studies in ethnometodology, Englewood Cliffs, Prenctice Hall.
Geertz C., 1983, Antropologia interpretativa, tr. it. Il Mulino, Bologna, 1988.
Groppo M., Ornaghi V., Grazzani L., Carruba L., 1999  La psicologia culturale di Bruner, Cortina, Milano.
Kaneklin C., Scaratti G., 1998, Formazione e narrazione, Cortina, Milano.
Massa R. Clinica della formazione. Un’esperienza di ricerca. Franco Angeli, Milano, 1992.
Neisser U. 1967, Psicologia cognitivista, tr,it, Giunti- Martello, Firenze, 1975.
Schutz A. 1962, The problem of social reality, The Hague, Nijhoff.