Microteaching

a cura di Silvia Biondi

Il termine microteaching fu coniato da Kim Romney e Dwight Allen che operavano presso la Stanford University nel 1963. Nasce come pratica formativa per gli insegnanti e come strumento per la ricerca pedagogica. L’obiettivo consiste nel fornire ai docenti elementi per l’analisi delle proprie pratiche didattiche, in modo da avere “la possibilità di acquisire le tecniche e le abilità indispensabili per lo svolgimento migliore possibile della professione” (Allen e Ryan, 1974, p. 29).

Il concetto di microteaching si regge su cinque proposizioni: è “didattica applicata“, vengono ridotte alcune complessità dell’insegnamento “normale“, si basa sull’addestramento a eseguire compiti specifici, “consente di stabilire qual è il metodo preferibile di tirocinio” e “allarga notevolmente la dimensione del feedback” (ivi, p. 26). Infatti viene richiesto all’insegnante tirocinante le seguenti 4S in modo che possa mettere in pratica le abilità di insegnamento in maniera definita e controllata: 1. insegnare  un singolo concetto di contenuto; 2. utilizzare un’abilità specifica di insegnamento; 3. per un breve periodo; 4. a un piccolo numero di studenti. Quindi il termine indica l’insegnare una piccola unità di contenuto a un piccolo numero di studenti in una piccola quantità di tempo utilizzando un’abilità specifica.

L’insegnante tirocinante ripete ciclicamente l’attività finché non padroneggia le abilità tecniche che si era prefissato di acquisire o migliorare (variazione allo stimolo, induzione guidata, chiusura, silenzio e indicazioni non verbali, rafforzamento della partecipazione dell’allievo, fluidità nella formulazione delle domande, domande esplorative, di ordine superiore, divergenti, comportamento dell’attenzione manifesta, metodo illustrativo e ricorso agli esempi, lezione esposta oralmente, ripetizione secondo un piano preciso, completamento della comunicazione).

Il ciclo del microteaching è costituito da 6 passaggi: I – Plan: la progettazione di un intervento didattico che implica la selezione dell’argomento e la pianificazione delle attività in modo che l’insegnante possa applicare numerose componenti della stessa tecnica; II – Teach: realizzazione dell’intervento didattico, che viene videoregistrato, in situazione laboratoriale. L’insegnante tirocinante tenta di applicare le componenti delle abilità compatibilmente alla situazione della classe così come era stato pianificato, ma se la situazione in classe è differente da come aveva progettato, deve modificare il suo comportamento a seconda dei bisogni della classe; III – Feedback: mediante la videoregistrazione viene svolta l’osservazione critica e l’analisi della lezione; vengono fornite al tirocinante i punti di forza e di debolezza in merito alla sua performance, così da aiutarlo a migliorare nella direzione desiderata; IV – Re-plain: il tirocinante ri-progetta l’intervento tenendo presenti i feedback ricevuti: incorpora i punti di forza e rimuove quelli di debolezza; V – Re-teach: viene riproposta la lezione nella maniera in cui è stata progettata nuovamente; se l’argomento è lo stesso modifica il gruppo degli alunni, ma si può insegnare allo stesso gruppo se si modifica l’argomento; VI – Re-feedback: è lo step più importante per la modifica del comportamento del tirocinante nella direzione desiderata per l’attuazione delle abilità.

La sequenza didattica, videoregistrata, viene osservata e analizzata da un gruppo di docenti in formazione con il supporto del supervisore formatore; il protagonista della performance e gli altri osservatori individuano i punti di forza e i limiti dell’intervento didattico per fornire indicazioni di miglioramento.

Vedere il video e ricevere commenti dai colleghi e dal formatore permette all’insegnante protagonista della sessione di osservare il proprio insegnamento “sotto il microscopio“, attuando diverse strategie di insegnamento e ricevendo feedback sulla tecnica sperimentata. Attraverso la simulazione si favorisce la padronanza delle strategie e delle pratiche didattiche, e nello stesso tempo si affinano le competenze sull’osservazione e l’analisi di sequenze didattiche.

Inizialmente il microteaching sembrava basarsi sulla teoria del condizionamento operante di Skinner che può venire applicata per spiegare l’acquisizione di nuovi modelli di comportamento nello schema Teach – Feedback – Re-teach; in seguito si è orientato sulle indicazioni cognitiviste fino a giungere al piano della riflessività (Schön) poiché l’insegnante tirocinante può guardare la propria performance e valutarla e, nel frattempo, il gruppo di tirocinanti analizza criticamente le sessioni videoregistrate, sia proprie che altrui, favorendo una maggiore consapevolezza rispetto alle azioni professionali.

È proprio dal microteaching che scaturiscono e si differenziano ulteriori occasioni di impiego del video nel campo educativo, in particolare nella formazione iniziale dei docenti con la video formazione di Mottet, l’analisi plurale dell’Altet, la video annotazione di Preston (et al. 2005) e i video Collaboratòry di Roy Pea (et al. 2006) impiegati anche per la ricerca.


 

BIBLIOGRAFIA

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