Con l’acronimo NRD (Nuova Ricerca Didattica), coniato da Elio Damiano, si intende “una svolta” negli studi sull’insegnamento finalizzata a rivalutare la conoscenza pratica come conoscenza “produttiva”, con proprietà distinte e non deducibili da altre forme di conoscenza (di solito detta “teorica”). L’ipotesi che soggiace a tale svolta è quella del riuscire ad “attingere l’insegnamento come oggetto di studio specifico” e nella sua “sofisticata latitudine” (Damiano, 2006 p.205) al fine di inferirne le proprietà specifiche. Come? Andando ad osservarlo in situazione, esattamente lì dove si compie: nelle pratiche didattiche.
Sino agli anni Ottanta del secolo scorso il paradigma dominante la ricerca didattica era di tipo prescrittivo e in esso la teoria aveva il compito di “indicare” agli insegnanti come dovessero pensare le loro attività. Indirettamente venivano formulati “discorsi” agli insegnanti e preparate “raccomandazioni” affinché svolgessero correttamente i compiti del loro quotidiano professionale (teacher proof). Questo paradigma ha contribuito a rendere la Pedagogia una forma di retorica impegnata a tradurre sul piano regolativo le conoscenze prodotte dalle discipline ausiliarie, psicologia e sociologia in special modo, e ha fatto sì che la Didattica occupasse lo spazio esclusivo della concretizzazione operativa del lavoro d’aula.
La NRD ha inaugurato un percorso inverso (e assolutamente inedito, per lo meno qui in Italia), di emancipazione ed autonomizzazione della Didattica dal paradigma applicazionista, facendo largo spazio a modalità di indagine e ad approcci di tipo empirico sino ad allora utilizzati perlopiù negli ambiti delle discipline ausiliarie e della ricerca educativa (sperimentale, etnografico, fenomenologico, clinico ecc.) e a un cambiamento di registro comunicativo fra operatori e ricercatori che sta portando a un progressivo accreditamento delle funzioni dell’azione (Damiano, 1990; 1993) e del “pensiero del pratico” nella teorizzazione didattica (C.Day, M.Pope, P.Denicolo, 2005).
Ecco perché, con l’avvento della NRD, oggi si parla sempre più anche di “emancipazione” del pratico dal ricercatore: il rapporto Università-Scuola, Università-luoghi della pratica sta infatti configurandosi (proprio in ragione di tale svolta epistemologica) nei termini della collaboratività.
Questi cambiamenti sono stati sintetizzati da E. Damiano in tre postulati:
- L’azione didattica è interpretazione produttiva;
- Gli strumenti si costruiscono all’atto di insegnare;
- Il sapere teorico è il linguaggio dell’azione d’insegnare (Damiano, 2006, p.33).
Secondo la NRD le pratiche didattiche “osservate” e le pratiche didattiche “dichiarate” costituiscono le unità di indagine di una ricerca il cui scopo è quello di de-contestualizzare l’azione, tentandone l’analisi-interpretazione e la formalizzazione nei termini del linguaggio della trasferibilità.
Non è un percorso facile.
Lungo la strada che porta dall’analisi delle pratiche (Altet, 2003; Altet-Vinatier 2008; Laneve, 2005) alla conoscenza didattica dell’insegnamento è facile, infatti, imbattersi in ostacoli alla formalizzazione di vario tipo: l’eccessiva eterogeneità delle esperienze considerate; la difficoltà di costruire setting di ricerca autenticamente collaborativi; i tempi necessariamente lunghi di raccolta dei dati propedeutici alla formalizzazione. E tuttavia la meta è, in linea con la svolta pratica (Damiano, 1993, pp. 194-197), l’emersione di una conoscenza didattica bottom-up che faccia tesoro del sapere del pratico (Perla, 2010).
Nella cornice della Nuova Ricerca Didattica questo sapere dell’azione, che lo si chiami phrŏnēsis o conoscenza artigianale (Leinhardt, 1990); practical knowledge (Elbaz, 1983), pedagogical content knowledge (Shulman, 1986a; 1986b; 19887, p. 15), artistry (Schön, 1999), personal knowledge (Polany, 1979), practical philosophy of teaching (Goodman, 1988), teachers’ practical knowledge (Cochran Smith, Feiman-Nemser, McIntyre, 2008), va assumendo oggi un peso specifico. Si tratta, come è facile intuire, di una prova di ri-trascrizione della conoscenza didattica della quale non è possibile, al momento, prevedere gli sviluppi, così come non è facile prevedere gli sviluppi dei nuovi profili professionali degli insegnanti perché anche questi ultimi vanno lentamente modificandosi non essendo più costruiti in termini del modello teacher proof , ovvero di un applicazionismo di soluzioni de-situate prodotte nei circuiti della ricerca pedagogica. Gli studi sulla trasposizione didattica (vedi contributo PG.Rossi e anche Rossi, 2011) dimostrano con sempre maggiore evidenza che il sapere insegnante è fatto di ragionamenti pratici, induttivi e abduttivi; che il ragionare del docente è fondato su credenze fortemente embricate nelle azioni (Perla, 2008; 2009), che l’agire professionale insegnante è un tragitto costellato da “rotture e rivoluzioni” (Laneve, 2009), consonanze e dissonanze rispetto alla formazione universitaria teorica.
Insomma, riprendendo le parole di colui che ne è stato l’iniziatore, il cantiere della NRD è in pieno fermento. E promette sviluppi.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
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PER L’APPROFONDIMENTO E LA RICERCA
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RISORSE ON LINE
Aera.net (American Educational Research Association)
Apred.it (Analisi delle pratiche educative)
Eapril.org (European Association for Practitioner Research on Improving Learning)
Isatt.org (International Study Association on Teachers and Teaching)