Empowerment

a cura di Barbara De Canale

In merito al concetto di empowerment esiste una vasta letteratura afferente ai più svariati ambiti: politico, medico, psicoterapeutico, psicologico, pedagogico; nella molteplicità di definizioni che di tale costrutto sono state fornite (Rappaport 1981, Kieffer 1982, Levine e Perkins 1987, Zimmerman e Rappaport 1988), pare di poter rintracciare alcune costanti o aspetti comuni. Anzitutto si impiega la nozione di empowerment per fare riferimento tanto ad un processo di potenziamento del soggetto, individuale o collettivo, quanto al risultato di questo processo. In secondo luogo, questo costrutto è fortemente correlato a processi di cambiamento ed implica l’attivazione e la promozione di una pluralità di risorse cognitive, emotive, relazionali e comportamentali nel soggetto coinvolto: la capacità di comprendere la realtà circostante e di esercitare un controllo sugli eventi, l’assunzione di un ruolo attivo, consapevole e responsabile in rapporto ai processi decisionali, l’elaborazione di strategie ai fini del perseguimento degli obiettivi, l’ampliamento delle possibilità di riuscita nei più svariati settori. Vi è accordo, infine, in merito alle modalità operative e relazionali attraverso cui innescare e realizzare dei processi di empowerment: ritornano frequentemente termini come partecipazione, facilitazione, fiducia, delega, emancipazione, condivisione, incoraggiamento, collaborazione, ottimismo, tolleranza.

Nella letteratura, la nozione di empowerment compare sovente in combinazione con altri concetti cui è strettamente legata: helplessness e hopefullness anzitutto; la prima indica la condizione di passività, di impotenza, di sfiducia, di sconforto e di depressione da cui in genere un processo di empowerment muove ai fini di un suo superamento (Maier e Seligman 1966); la seconda fa riferimento, invece, al traguardo da raggiungere, inteso come l’acquisizione di fiducia, derivante dalla percezione di controllo degli eventi, e la maturazione di aspettative positive riguardo il futuro (Zimmerman 1990). Due altri costrutti correlati al concetto di empowerment sono quello di self-efficacy e di locus of control; la self-efficacy indica le convinzioni che il soggetto possiede circa le proprie capacità di organizzare e di mettere in atto un insieme di azioni necessarie per gestire efficacemente determinate situazioni incontrate, al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati (Bandura, 1982). Il locus of control si riferisce, invece, al luogo metaforico in cui la persona ritiene che si trovino i responsabili di ciò che gli accade e può essere interno, quando le cause degli eventi sono ricondotte a fattori personali (impegno, sforzo, perseveranza, ecc.) o esterno, quando le sopramenzionate cause sono di natura ambientale o comunque indipendenti dal soggetto (difficoltà del compito, fortuna, caso, ecc.) (Rotter, 1966). È chiaro come un processo di empowerment debba condurre il soggetto a maturare un elevato senso di autoefficacia ed un locus of control capace di riconoscere la possibilità per l’individuo di incidere sugli eventi e sulle situazioni, modificandole.

Un contributo importante all’approfondimento del costrutto di empowerment è offerto da M. A. Zimmerman (2000), il quale ha distinto tre livelli di analisi: individuale, organizzativo, comunitario.

A livello individuale, si parla più propriamente di empowerment psicologico e si fa riferimento a quella condizione o a quel processo che porta la persona a maturare una consapevolezza critica del contesto socio-politico di appartenenza, e a percepirsi padrona della situazione, responsabile delle proprie azioni, capace di esercitare un controllo e di incidere attivamente su ciò che accade intorno. L’Autore è del parere che un processo di empowerment, a questo livello, possa essere promosso attraverso  la partecipazione del soggetto ai processi decisionali e alla risoluzione dei problemi all’interno di organizzazioni e di attività comunitarie.

A livello organizzativo, una distinzione è fatta tra organizzazioni empowering ed organizzazioni empowered; le prime sono quelle che offrono ai propri membri opportunità per sviluppare competenze e per acquisire un senso di controllo, e si configurano quali contesti all’interno dei quali è possibile condividere informazioni ed esperienze, maturando un senso di identità collettiva. Responsabilità e leadership condivisa, atmosfera supportiva, cultura di crescita e di promozione della comunità, possibilità per i membri di assumere molteplici ruoli significativi, sono le caratteristiche che connotano una organizzazione empowering. Le organizzazioni empowered, invece, sono quelle che, prescindendo dalla presenza o assenza di processi di empowerment a vantaggio dei propri membri, prosperano in rapporto alla concorrenza, raggiungono i propri obiettivi, influiscono sulle decisioni politiche, sviluppano la propria efficienza, esercitano un’influenza su vaste aree geografiche.

A livello comunitario, l’attenzione è posta sulle opportunità offerte ai cittadini di partecipare al governo della collettività, sull’accessibilità di risorse e di servizi ricreativi, di sicurezza, di salute e di cura, sulla tolleranza per la diversità. Una comunità è empowered quando i suoi cittadini possiedono il desiderio, le competenze, le risorse per lavorare assieme al fine di identificare i bisogni della collettività, sviluppare strategie per indirizzare questi bisogni, mettere in atto azioni volte ad un loro soddisfacimento.

Zimmerman non manca di mettere in evidenza come ciascuno di questi livelli sia strettamente interconnesso agli altri due e come processi di empowerment individuale, organizzativo, comunitario siano mutualmente interdipendenti e correlati in rapporti di causa-effetto.

Un modello interessante, focalizzato sullo sviluppo individuale, è quello proposto da M. Bruscaglioni (1994), il quale ha parlato più propriamente di processo di self empowerment articolato in una serie di fasi: il tutto ha inizio quando nel soggetto si attiva il desiderio di individuare nuove possibilità comportamentali, relazionali, esistenziali, ecc.; segue la fase di pensabilità positiva in cui la persona prefigura se stessa nella situazione desiderata, provando ad immaginare vissuti, comportamenti, esigenze e reazioni altrui. Sulla base di questa prefigurazione, il soggetto rintraccia le risorse interne ed esterne necessarie, e mette in atto una prima sperimentazione, raccogliendone i feedback. Analizzando errori, successi e insuccessi conseguiti, la persona elabora ulteriori possibilità che rappresentano nuovi modi di essere e di agire. In questo modello, il cambiamento si configura come una scelta consapevole e responsabile del soggetto che non porta necessariamente all’abbandono o alla rinuncia di dimensioni passate del proprio sé, ma integra queste ultime in nuovi assetti più adattivi e funzionali.

In un approccio più marcatamente sistemico, C. Piccardo (1995) ha messo poi in evidenza come non sia possibile promuovere la crescita personale del soggetto se non intervenendo parallelamente sull’organizzazione che lo ospita e che spesso è all’origine di situazioni di helplessness; allo stesso modo, non è possibile realizzare sviluppo ed empowerment organizzativo, se non responsabilizzando e motivando coloro che operano all’interno dell’organizzazione stessa. Un ruolo chiave, in tal senso, è svolto dalla cosiddetta leadership empowering, rintracciabile in quel manager che identifica i bisogni formativi dei propri collaboratori, li incoraggia, fornisce e richiede feedback su processi e risultati, condivide le informazioni, coinvolge nei processi decisionali, promuove opportunità di apprendimento, crea un clima di sperimentazione e di ricerca.


Bibliografia

Bandura A., Self-efficacy mechanism in human agency, in “American Psychologist”, vol. 37, 1982, pp. 122-147.
Bruscaglioni M., La società liberata, Franco Angeli, Milano 1994.
Kieffer C. H., The Emergence of Empowerment. The Development of Participatory Competence Among Individuals in Citizen Organization, in “Division of Community Psychology Newsletter”, n. 2, 1982, pp. 13-14.
Levine M., Perkins D. V., Principles of Community Psychology, Oxford University Press, New York 1987.
Maier S. F., Seligman M. E. P., Learned helplessness, in “Theory and evidence”, n. 105, 1976, pp. 3-46.
Piccardo C., Empowerment. Strategie di sviluppo organizzativo centrate sulla persona, Raffaello Cortina, Milano 1995.
Rappaport J., In Praise of Paradoxe. A Social Policy of Empowerment over Prevention, in “American Journal of Community Psychology”, n. 9, 1981, pp. 1-26.
Rotter J. B., Generalized expectancies for internal versus external control of reinforcement, in “Psychological Monographs: general and Applied”, n. 80, 1966.
Zimmerman M. A., Empowerment Theory. Psychological, Organizational and Community Levels of Analysis, in J. Rappaport, E. Seidman (eds.), Handbook of Community Psychology, Kluver Academic / Plenum Publisher, New York 2000, pp. 43-63.
Zimmerman M. A., Rappaport J., Citizen Participation, Perceived Control and Psychological Empowerment, in “American Journal of Community Psychology”, n. 16, pp. 725-50, 1988.
Zimmerman M. A., Toward a Theory of Learned Hopefullness: a structural model of analysis of participation and empowerment, in “Journal of Research in Personality”, n. 24, 1990, pp. 71-86.