Il modello connettivo di Griffiths e Guile

a cura di Viviana Sappa [1]

Il modello connettivo, sviluppato da Toni Griffiths e David Guile (Griffiths e Guile, 2003, 2004; Guile e Griffiths, 2001), propone una serie di principi atti a rinforzare ed ottimizzare l’integrazione e la connessione tra apprendimento sul lavoro e nei contesti educativi. Più nello specifico esso intende presentare un utilizzo ideale dell’esperienza di lavoro all’interno di programmi di educazione e formazione professionale orientati a rispondere alle esigenze poste dalla “società della conoscenza” e dal mercato del lavoro sempre più flessibile, globale ed inter-disciplinare. Muovendosi all’interno di una visione socio-culturale ed ecologica dell’apprendimento (Beach, 2003; Guile e Young, 2003;  Van Oers,1998) e facendo particolare riferimento alla terza generazione della teoria storico-culturale dell’attività (Engenström, 2001)  i due ricercatori inglesi pongono l’accento su una connessione tra scuola e lavoro che supporti gli individui in formazione  nei seguenti processi (vedi anche Tynjälä, 2009):

  1. nella capacità di utilizzare la teoria come strumento concettuale per collegare la loro esperienza sul lavoro al programma di studio e nell’abilità di utilizzare l’esperienza di lavoro per trasformare la loro comprensione della relazione tra teoria e pratica;
  2. nello sviluppare le basi concettuali per mettere in discussione le pratiche di lavoro esistenti, per delineare possibili alternative e per sollecitare la creazione di nuova conoscenza;
  3. nella capacità di transitare attraverso i confini di comunità di pratiche differenti “risituando” in modo efficace la propria conoscenza a dipendenza del contesto e connettendo i propri saperi con quelli di altri specialisti.

Sul piano pedagogico il modello connettivo enfatizza l’importanza di rendere il transitare stesso tra i contesti oggetto di apprendimento. La possibilità delle persone in formazione di essere attivamente coinvolte in contesti educativi e di lavoro deve infatti tradursi, in questa prospettiva, nello sviluppo di una competenza policontestuale e di attraversamento dei confini (policontextual o boundary crossing skills) che a sua volta generi innovazione e trasformazione (vedi anche Engeström, Engeström e Kärkkäinen, 1995). In questa prospettiva, gli autori propongono e valorizzano quattro specifiche pratiche di apprendimento qui brevemente descritte (per maggiori dettagli vedi Griffiths e Guile, 2004):

  1. L’acquisizione di conoscenza teorico-concettuale nella forma di “kernel concepts”: i kernel concepts sono definiti come concetti teorici che costituiscono l’essenza di un fenomeno ed a partire dai quali è possibile interpretate e comprendere il fenomeno stesso così come si presenta nel mondo reale. Ai kernel concepts si attribuisce un grande potere generativo, poiché essi forniscono al soggetto in formazione uno strumento concettuale attraverso cui trovare connessioni primarie e secondarie con altri concetti riferibili allo stesso fenomeno e con forme di manifestazioni differenti di tale fenomeno nella realtà (Engeström, 1991).
  2. La dialogical inquiry: secondo gli autori, l’apprendimento “connettivo” deve avvenire attraverso approcci dialogici e attraverso una immersione dell’individuo negli universi linguistici degli esperti nelle diverse comunità di pratiche. Tale immersione permette di appropriarsi delle risorse culturali dei diversi contesti e di condividerle in situazione.
  3. La pratica dell’attraversamento dei confini (boundary crossing): il transitare tra diversi luoghi e comunità di pratiche costituisce una fonte preziosa di apprendimento in quanto richiede all’individuo di negoziare tra saperi, culture, linguaggi e pratiche differenti. La capacità di negoziazione e di riposizionamento, dei propri sapere e della propria identità, costituiscono le basi della cosiddetta competenza policontestuale (policontextual skills) o di attraversamento di confini (boundary crossing skills).
  4. La pratica del “risituare” le conoscenze e le capacità attraverso un apprendimento “orizzontale”. Il concetto di apprendimento orizzontale si pone in contrapposizione all’apprendimento verticale, il quale implica uno spostamento verso forme gerarchicamente più complesse ed astratte di un sapere, al fine di definirne un modello sufficientemente decontestualizzato da poter essere facilmente e flessibilmente applicabile in diverse situazioni. L’apprendimento orizzontale si fonda invece sul concetto di “ri-contestualizzazione” ovvero su un «vedere un’attività originale da una nuova prospettiva anziché cercare di estrarla dal proprio contesto originale» (van Oers, 1998, citato da Griffiths e Guile, 2004, p.90, traduzione nostra).

Infine, l’implementazione del modello connettivo richiede, a detta degli autori, che si sviluppi tra gli attori coinvolti (insegnanti, formatori, datori di lavoro, persone in formazione ecc.) una visione condivisa ed integrata dell’apprendimento attraverso i contesti educativi e di lavoro accompagnata da un chiara interpretazione di quelli che sono i ruoli che ogni contesto deve assumere in tale processo.

 


 

BIBLIOGRAFIA

Beach, K. (2003). Consequential transitions: A developmental view of knowledge propagation through social organizations. In  T. Tuomi-Gröhn e Y. Engeström (a cura di) Between school and work: New perspectives on transfer and boundary-crossing (39-62). Amsterdam: Pergamon.
Engeström, Y. (1991). Non scolae sed vitae discimus: Toward overcoming the encapsulation of school learning. Learning and instruction, 1(3), 243-259.
Engeström, Y. (2001). Expansive learning at work: Toward an activity theoretical reconceptualization.  Journal of education and work, 14(1), 133-156.
Engeström, Y., Engeström, R., e Kärkkäinen, M. (1995). Polycontextuality and boundary crossing in expert cognition: Learning and problem solving in complex work activities. Learning and instruction, 5(4), 319-336.
Griffiths, T., & Guile, D. (2003). A connective model of learning: The implications for work process knowledge. European educational research journal, 2(1), 56-73.
Griffiths, T., e Guile, D. (2004). Learning through work experience for the knowledge economy. Issues for educational research and policy. Luxemburg: Cedefop.
Guile, D., & Gritfiths, T. (2001). Learning through work experience. Journal of education and work, 4(1), 113-131.
Guile, D., & Young, M.  (2003). Transfer and transition in vocational education: some theoretical consideration. In T. Tuomi-Gröhn, & Y. Engetröm (a cura di) Between School and Work : New Perspective on Transfer and Boundary-crossing (pp.63-81). Amsterdam: Pergamon.
Tynjälä, P. (2009). Connectivity and transformation in work-related learning–Theoretical foundations. In M. Stenström e P. Tynjälä (a cura di)  Towards integration of work and learning (pp. 11-37). Dordrecht: Springer.
Van Oers, B. (1998). From context to contextualising, Learning and Instruction 8(6), 473-488.

[1] Viviana Sappa, PhD, Ricercatrice senior e docente presso l’Istituto Universitario Federale per la Formazione Professionale IUFFP, Svizzera.