Lavoro di documentazione

a cura di Daniela Corradi

 

Il tema della documentazione – e in particolar modo della documentazione educativa – occupa da diverso tempo una certa rilevanza formale nella riflessione pedagogica intorno ai servizi socioeducativi, sia sul piano teorico sia su quello delle indicazioni operative[1]. Si tratta di un discorso ampio e complesso che trova le sue basi da un lato in ambiti disciplinari diversi (dalla biblioteconomia, all’archivistica, alle scienze dell’informazione, alla ricerca storica e storiografica, all’ambito sanitario) dall’altro nelle pratiche di lavoro cresciute internamente alla scuola e ai servizi all’infanzia, dove la pratica diffusa della documentazione si è rivelata essenziale per costruire, alimentare, diffondere un sapere professionale sui bambini e sul lavoro educativo.

 

  1. Definizione e funzioni della documentazione

Definire cosa sia “documentazione” è estremamente complesso proprio per l’eterogeneità delle prospettive che utilizzano questo termine. Biffi offre una definizione generale e inclusiva: un sapere, una pratica, un processo e un prodotto che rispondono “sia all’esigenza di preservare le informazioni ritenute necessarie, sia all’esigenza di recuperarle, di potervi accedere in futuro” (Biffi, 2014, p.68). Per Benzoni la documentazione è soprattutto “forma di rappresentazione parziale e selettiva della realtà” , un mediatore che traduce  la nostra visione del mondo e allo stesso tempo alimenta un continuo processo di confronto tra teorie della realtà e la realtà stessa (Benzoni, 2001, p.43).

Volendo contestualizzare il tema della documentazione all’interno di una cornice educativa e, in particolare, nell’ambito dei servizi socioeducativi, troviamo che il termine viene declinato secondo diversi livelli di utilizzo: amministrativo, organizzativo, sociale e territoriale, pedagogico, esperienziale. Ognuno di questi livelli contribuisce alla sussistenza e allo sviluppo del servizio stesso. (Biffi, 2014).

All’interno dei diversi livelli di documentazione un punto di attenzione specifico riguarda la documentazione educativa, ovvero la costruzione pedagogica di strumenti e procedure per la selezione, conservazione, condivisione, valutazione del lavoro educativo. La documentazione del lavoro educativo nei servizi risponde a funzioni molteplici e diversificate che in letteratura si è cercato di individuare e circoscrivere anche se, nella pratica, spesso si ritrovano intrecciate (eadem). Benzoni (2001) ne cita cinque: scoprire e conoscere; analizzare,  ricostruire e riprogettare; mantenere memorie; essere in relazione; informare e comunicare. Per Pasciuti (2001) la documentazione ha come scopo: fare ricerca; fare meglio il proprio lavoro; raccontare e raccontarsi; progettare; costruire identità; osservare; valutare; autoformarsi; fare marketing dell’offerta formativa. C’è chi, come Restiglian (2013), propone una suddivisione in tre funzioni riassuntive: comunicare, valutare, formare. O, come Antonietti (2011), riassume la documentazione, in particolar modo dei progetti, in funzioni che hanno a che vedere con il mostrare, il socializzare, il far capire. Infine, Biffi (2014) suggerisce una matrice di analisi che vede la documentazione utile a: ricordare; pensare e formarsi; progettare e valutare; comunicare e produrre cultura

 

  1. Le fasi della documentazione

De Rossi e Restiglian (2013), nella loro analisi di documentazione educativa realizzata attraverso tecnologie digitali,  individuano tre fasi principali che, a nostro parere, potrebbero essere adattate alla documentazione in generale: la pre-produzione, la produzione e la post-produzione. Incrociando questa articolazione con lo schema in sei punti di Malavasi e Zoccatelli (2012) possiamo delineare tre step nella metodologia documentale.

Nella pre-produzione andrebbe definito il piano progettuale della documentazione, che richiede la definizione di cosa documentare, per chi documentare, con quali risorse e tempi, in quali spazi, quali tipologie  di materiali raccogliere, con quali metodologie e strumenti avviare la raccolta. Solo successivamente si può procedere con la raccolta d’informazioni e testimonianze di varia natura, attraverso gli strumenti definiti in fase progettuale, in particolar modo quelli privilegiati dell’osservazione e della fotografia, articolati e organizzati in differenti modi e contenuti.

Lo step della produzione riguarda il passaggio dalla soggettività all’intersoggettività attraverso la rilettura e l’analisi di gruppo del materiale grezzo e dei dati-informazioni raccolti. L’obiettivo della rilettura è far emergere “i significati e gli elementi costitutivi, salienti delle situazioni che rappresentano”. Si tratta di far parlare i documenti, di misurarsi con interpretazioni,  valutazioni e ricerche di senso in un tempo sospeso e collettivo di rilettura dell’esperienza (Malavasi, Zoccatelli, 2012). In questa seconda fase vanno ridefinite le ipotesi progettuali e vanno fatte scelte su come tradurre i materiali attraverso forme documentative, codici,  linguaggi e formati congruenti coi destinatari previsti.

Essenziale, in questa fase, la selezione e organizzazione del materiale, realizzabile seguendo criteri condivisi. Benzoni ne propone tre, a titolo semplificativo: la rappresentatività, la pertinenza, la coerenza (Benzoni, 2001). Per Malavasi e Zoccatelli va posta attenzione anche alla dimensione estetica, all’equilibrio tra codici, all’esaustività, alla definizione di una chiave di lettura (Malavasi, Zoccatelli, 2012)

Terzo step è la post-produzione, che, con Malavasi e Zoccatelli, intendiamo come analisi del progetto di documentazione per evidenziare “punti di forza e criticità (vuoti e ridondanze) in termini di comprensibilità del messaggio rispetto ai destinatari scelti della documentazione” (Malavasi, Zoccatelli, p.50)

 

  1. Le tipologie di materiali di documentazione

Il lavoro nei servizi socioeducativi è attraversato da un’enorme varietà e articolazione di pratiche e materiali di documentazione, differenti per contenuti, eventi registrati, linguaggi utilizzati, interlocutori programmati. Le modalità di documentare rispondono a modelli differenti a seconda del contesto di riferimento, dell’ organizzazione d’appartenenza, della tipologia di ente e servizio, della specifica cultura dei singoli e dei gruppi di lavoro. E’ possibile comunque offrire una panoramica attingendo ai tentativi di sistematizzazione di alcuni autori.

De Rossi e Restaglian (2013), per esempio, distinguono materiali informativi e di presentazione del servizio (volantini, brochure, regolamenti, carte dei servizi…) da materiali di natura pedagogica (documentazioni che si occupano di quotidianità, di processi di apprendimento , di metodi-tecniche-strumenti, di relazioni-progetti-valutazioni-verifiche…). Per Antonietti (2011) è utile una distinzione preliminare tra  documenti (materiali prodotti come per esempio disegni, immagini, oggetti, protocolli osservativi, comunicazioni, avvisi, scritture…)  e documentazioni che prevedono un assemblaggio e confezionamento intenzionale di documenti (pubblicazioni, prodotti audiovisivi, diari, album, pannelli…). Antonietti distingue poi documenti e documentazioni in base al destinatario: ve ne sono che si rivolgono agli utenti e alle loro famiglie, altri che sono pensati per colleghi, referenti pedagogici o istituzionali, altri indirizzati ad esperti esterni, al territorio e alla sua comunità. La scelta di utilizzare una documentazione, un supporto, un linguaggio spesso sono legati all’interlocutore per cui la documentazione stessa è pensata. Sempre Antonietti indica una matrice di quattro categorie di materiali di documentazione: certificativi (registri, verbali, relazioni…), organizzativi (comunicazioni informative), di testimonianza e socializzazione della quotidianità e dei processi di cambiamento degli utenti (diari personali, quaderni, relazioni, album fotografici, …), relativi a progetti specifici (pannelli, pubblicazioni, ..). Ognuno di questi materiali di documentazione può utilizzare, in modalità sinergiche, diversi supporti (cartacei, digitali,..) nonché codici comunicativi (immagini e fotografie -statiche e in movimento-, conversazioni registrate, scritture narrative o descrittive…), amplificando il potere comunicativo della documentazione.

Anche i tempi di documentazione sono eterogenei. Troviamo infatti documentazioni realizzate quotidianamente, in itinere (documentazione di processo), strumenti operativi che contribuiscono alla progressiva definizione del percorso progettuale. Poi vi sono altre documentazioni che vengono assemblate a ritroso, solo a conclusione dell’esperienza (documentazione di prodotto o ex post), permettendo di tirare le fila di ciò che è accaduto, spesso con risultati di autochiarificazione e azione critica. Per quanto riguarda le modalità stilistiche, Frasnedi individua due stili estremi: il linguaggio tecnico, tendente all’oggettività; il linguaggio partecipato, più “artistico” e legato alla trasmissione del vissuto (Frasnedi, 1998). Per Benzoni (2001) possiamo parlare di stile narrativo e stile descrittivo. Il primo tende a “presentare una storia, raccontando la genesi del percorso, gli eventi salienti, le relazioni fra gli eventi e lo sfondo emotivo sotteso” (p.62). La documentazione narrativa quindi si preoccupa di condividere il senso e lo spessore dell’esperienza vissuta. Il secondo “agisce per schemi che categorizzano la realtà, rappresentandola con un’ossatura, data dalle strutture logiche astratte, in cui l’esperienza stessa è inscritta” (p.64)

 

[1] La letteratura in merito è molto vasta. Tra i tanti citiamo i testi di: Balsamo, 1998; Benzoni, 2001; Bergonzoni, Cervellati, Serra, 1998; Biffi, 2014; Bisogno, 1995; Borghi, 1995 e 1996; Borghi e Apostoli, 2005; Cambi, 1999; De Rossi e Restiglian, 2013; Gori, 2008; Guerra , 2008; Guerra, Braga e Luciano, 2008; Malavasi e Zoccatelli, 2012; Massa, 1996; Mazzoli, 2003; Palmieri, 2010; Ragazzini, 2001; Sacchetto, 1998; Tognetti, 2003; Tonelli, 2009.

 

 


BIBLIOGRAFIA

Antonietti M. (2011), Raccontare la scuola. Studi sulla documentazione, edizioni Spaggiari, Parma.
Biffi E. (2014), Le scritture professionali del lavoro educativo, FrancoAngeli, Milano.
Benzoni I. (2001), La documentazione e le sue funzioni, in Benzoni I. (a cura di), Documentare? Si, grazie, Edizioni Junior, Bergamo.
De Rossi M. & Restaglian E. (2013), Narrazione e documentazione educativa. Percorsi per la prima infanzia, Carocci, Roma.
Frasnedi F. (1998),  Esattezza e fascino, in Balsamo C. (a cura di), Dai fatti alle parole. Riflessioni a più voci sulla documentazione educativa, edizioni Junior, Bergamo, pp.101-105.
Malavasi L. & Zoccatelli B. (2012), Documentare le progettualità nei servizi e nelle scuole per l’infanzia, edizioni Junior, Bergamo.
Pasciuti M. (2000), Documentare l’offerta formativa, Tecnodid, Napoli

 

 

 

Autrice
Daniela Corradi è laureata in Scienze dell’educazione e lavora come educatrice professionale in un servizio per la prima infanzia. Già supervisore alle attività di tirocinio nel Corso di laurea in Scienze dell’educazione dell’Università di Milano-Bicocca, svolge attività di formazione nei servizi 0-6 in particolare sui temi della documentazione, della narrazione e dell’utilizzo di materiali non convenzionali nella progettazione educativa.