Bertolini

a cura di M. Benedetta Gambacorti-Passerini

 

Sulla base dell’influsso derivante dalla filosofia fenomenologica di Edmund Husserl, all’interno del dibattito culturale italiano in ambito pedagogico, si è sviluppato un composito movimento, sistematizzato e teorizzato a partire dal pensiero di Piero Bertolini (1931-2006), che imposta una considerazione della pedagogia intesa come scienza fenomenologicamente fondata:

«L’approccio fenomenologico in pedagogia, infatti, consente di garantire quel rigore scientifico necessario per superare l’estemporaneità di molti, troppi interventi educativi, senza però cadere in un esasperato scientismo o dogmatismo intellettuale […]. Dal punto di vista dell’epistemologia pedagogica, lo spostamento del focus dagli oggetti del reale alla relazione tra oggetti e soggetti consente di aprire nuovi orizzonti alla possibilità e ai modi attraverso cui gli individui conoscono, o meglio intenzionano, il mondo e altri individui»[1].

Nel testo L’esistere pedagogico, Bertolini propone l’idea di una pedagogia come scienza autonoma, fondata nell’universo di riferimento della filosofia fenomenologica di Husserl. In questo senso, Bertolini scrive: «[La metodologia fenomenologica] ci consente di pervenire all’ipotesi di una pedagogia come scienza autonoma in quanto corrispondente ad una regione ontologica ben connotata e distinta come quella che si riferisce al fenomeno o meglio all’insieme dei fenomeni che definiamo educativi»[2].

Articolando la sua opera in modo da presentare la pedagogia come una scienza fondata sui presupposti della filosofia fenomenologica proposta da Husserl, Bertolini tratteggia l’esperienza educativa, all’interno di tale orizzonte epistemologico, come fondata su una propria specificità e struttura costruita su «unità di senso originarie»[3], che permettono di renderne evidente l’essenza. Bertolini sottolinea, però, come si possano identificare differenti accezioni del concetto di esperienza educativa. In primo luogo viene definita un’esperienza educativa «spontanea, naturale»[4], che coinvolge il soggetto stesso che si educa, apprendendo intellettualmente, nella pratica e nella conoscenza grazie alle situazioni, alle relazioni e agli eventi che si trova a vivere.
Poi vi è un’altra esperienza educativa spontanea e naturale, differente dalla precedente in quanto implica «come protagonisti principali i soggetti più maturi, i quali, mettendosi in rapporto con i soggetti meno maturi, li stimolano, li condizionano, li aiutano a crescere e a svilupparsi senza tuttavia impostare questa loro attività in modo razionale o programmato»[5]: è questo un tipo di atto educativo che muove da tradizioni, da esperienze passate, caratterizzando un agire prevalentemente estemporaneo e casuale, pur determinando importanti effetti di educazione.

Successivamente si può presentare un’esperienza educativa caratterizzata da intenzionalità, «che vede i soggetti più maturi (perlopiù i professionisti dell’educazione) i quali intendono orientare lo sviluppo e la crescita degli individui meno maturi (perlopiù le nuove generazioni) secondo precise direzioni, ovvero facendo riferimento a precisi contenuti di esperienza e ad una altrettanto precisa tavola di valori»[6]. In questo tipo di agire educativo, chi educa si riferisce a valori culturali od ideologici (religiosi, filosofici, politici) che si ritiene importante trasmettere.

Infine, vi è l’esperienza educativa definita «razionalmente fondata»[7], in quanto costruita sull’associare «al carattere di intenzionalità (di non estemporaneità o casualità) la capacità di riferirsi a contesti culturali, meglio a “unità di senso” originari in quanto emergenti dalla sua stessa struttura, non presi a prestito cioè da altre forme o contenuti d’esperienza umana o, per essere più espliciti, non ideologicamente predeterminati»[8].

È proprio in riferimento a quest’ultima definizione di esperienza educativa che Bertolini tratteggia le direzioni intenzionali fondanti, cioè quelle che chiama “unità di senso originarie” e che ne costituiscono l’essenza.
La prima di queste direzioni è legata alla sistemicità che caratterizza l’atto educativo: «Emerge cioè la natura sistemica dell’evento educativo qualunque esso sia e qualunque sia la sua rilevanza, dove per sistema si deve ovviamente intendere un tutto organico formato da diversi elementi o fattori (variabili) tra loro in una correlazione tanto stretta da comportare variazioni nel tutto a partire da variazioni dei singoli elementi»[9]. Bertolini pensa tale sistemicità come prevalentemente strutturata intorno a quattro elementi portanti che entrano in gioco nella progettazione e nell’attuazione delle azioni educative: l’individuo, o gli individui destinatari dell’educazione, intesi come attivi partecipanti del processo; la società all’interno della quale ci si trova, con la cultura che questa ha creato e all’interno della quale agisce; infine gli strumenti, presenti, utilizzabili per mettere in atto comunicazione, interazione e, dunque, la stessa educazione.

L’intreccio tra questi quattro elementi determina, quindi, il complesso e intricato sistema all’interno del quale si trova qualsiasi azione educativa razionalmente fondata. Condizione fondante di tale sistema è un carattere di relazionalità, definito come relazione-reciproca, che costituisce la seconda unità di senso originaria dell’azione educativa secondo il pensiero di Bertolini: «Essa [l’esperienza educativa] si fonda sulla relazione in quanto scaturisce sempre da un imprescindibile rapporto tra almeno due termini o protagonisti, l’educatore e l’educando, tanto che isolando uno di essi entrambi perdono la loro identità»[10]. Il carattere di reciprocità della relazione permette l’instaurarsi di un “sistema”, in primo luogo tra educatore e educando, a indicare un rapporto che non si muove solo in una direzione, ma che necessita dell’attiva partecipazione di entrambi i soggetti e, in secondo luogo, tra gli elementi ricordati nell’unità di senso originaria della sistemicità.

Bertolini presenta poi la possibilità, come caratteristica fondante dell’esperienza educativa. Nel complesso sistema dell’esperienza educativa, infatti, sono coinvolti diversi soggetti, attivi portatori di significati e intenzioni: «Anch’essa [l’esperienza educativa] procede realizzandosi nella storia non secondo la logica della necessità ma secondo quella dell’apertura e del rischio, come del resto dimostra la frequenza con cui si deve fare i conti con lo scarto esistente tra le intenzioni (i progetti, le programmazioni, le volontà espresse anche in forme decise e senza equivoci) che muovono i vari e molteplici interventi educativi, e i loro esiti»[11]. Questa direzione intenzionale mette a tema il carattere di insecuritas che contraddistingue l’agire educativo: «Significa dover ammettere l’esistenza di una ineliminabile ambiguità di tale esperienza le cui direzioni di senso non sono dunque mai totalmente prestabilite, o pregarantite»[12]. Quella insita nell’educazione è un’incertezza basata principalmente sulla possibilità che la fonda, intesa anche come libertà dei soggetti in essa coinvolti: «Solo se risulta effettivamente “aperta al possibile”, un’esperienza educativa può essere giudicata corretta su di un piano pedagogico e perciò scientifico […] Il che vuol dire, sempre per l’educatore, ovvero per chi intende fondare pedagogicamente (scientificamente) la propria azione educativa, rispettare la libertà dell’educando qualunque sia la sua età e il suo livello di sviluppo […] Dunque, rispettare anche e forse soprattutto la sua libertà futura, quella che egli deve conquistarsi poco per volta ma a condizione appunto che l’adulto/educatore non glielo impedisca con un tipo di trattamento e di relazione autoritaristico/deterministico»[13].

Vi sono, poi, ancora due unità di senso originarie a caratterizzare l’agire educativo. Infatti, l’esperienza educativa si colloca all’interno dell’esperienza umana in generale, di cui condivide le caratteristiche fondanti, pur definendone dei significati specifici; è dunque inserita all’interno della struttura temporale da cui l’essenza umana non può uscire, determinando il suo carattere di irreversibilità: «L’esperienza educativa comporta l’impossibilità di tornare indietro rispetto a quanto già avvenuto concretamente: proprio perché è storia (e non è “nella” storia, essa è costituita e si costituisce sempre di eventi incancellabili»[14]. Il concetto di irreversibilità, così come proposto da Bertolini, consente di visualizzare un movimento circolare a spirale dell’azione educativa, che contempli al suo interno la possibilità, la sistemicità e la reciprocità prima presentate: «La reciprocità di cui abbiamo parlato a proposito della relazione educativa non rappresenta un tornare allo stato precedente e dunque un annullamento della relazione medesima, ma la necessaria (sul piano pedagogico, naturalmente) realizzazione di una nuova relazione […]: il che, generando quello che chiameremmo un andamento circolare a spirale, giustifica la costante apertura dell’esperienza educativa e quindi il suo essere connotata anche dalla prospettiva della possibilità»[15].

Infine, Bertolini propone l’ultima direzione intenzionale dell’esperienza educativa, quella della socialità, in strettissima correlazione con quella della relazione-reciproca. Tale direzione intenzionale fa leva sul carattere sociale che contraddistingue l’uomo, mettendo a tema la dimensione sociale e culturale allargata dentro a cui avviene l’esperienza educativa, con le stesse caratteristiche relazionali che chiama in causa:

«La socialità non è riducibile […] alla relazione-reciproca […]. Essa fa riferimento infatti ad una rete di relazioni interindividuali che si struttura secondo una “forma” che, proprio in quanto tale supera o va oltre l’insieme stesso delle relazioni da cui peraltro è sempre costituita. Non a caso la socialità costruisce prodotti suoi propri (il sapere stesso, la cultura in senso antropologico […]). L’esperienza educativa ha nella socialità e in ciò che abbiamo definito come i suoi “prodotti”, uno dei suoi elementi costitutivi assolutamente originari nel senso che senza di essi non potrebbe aver luogo»[16].

Queste sono dunque le caratteristiche fondanti di un’esperienza educativa razionalmente fondata, intorno alle quali, secondo Bertolini, l’agire della professione educativa dovrebbe costituirsi e misurarsi.

 

[1] Tarozzi M. (2001), Pedagogia generale, Storie, idee, protagonisti, Guerini, Milano, p. 202.
[2] Bertolini P. (1999), L’esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedagogia come scienza fenomenologicamente fondata, La Nuova Italia, Firenze, pp. 146-147.
[3] Ivi, p. 161.
[4] Ivi, p. 159.
[5] Ibidem.
[6] Ibidem.
[7] Ivi, pp. 159-160.
[8] Ivi, p. 160.
[9] Ivi, pp. 169-170.
[10] Ivi, p. 176.
[11] Ivi, p. 181.
[12] Ivi, p. 182.
[13] Ivi, pp. 183-184-185.
[14] Ivi, p. 186.
[15] Ivi, pp. 186-187.
[16] Ivi, pp. 192-193.


 

BIBLIOGRAFIA

Bertolini P. (1999), L’esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedagogia come scienza fenomenologicamente fondata, La Nuova Italia, Firenze.
Tarozzi M. (2001), Pedagogia generale. Storie, idee, protagonisti, Guerini, Milano.

 

PER APPROFONDIRE

Bertolini P. (1973), Pedagogia e scienze umane, Cooperativa Libraria Universitaria, Bologna.
Bertolini P. (2006), Per un lessico di pedagogia fenomenologica, Erickson, Trento.
Caronia L. (2011), Fenomenologia dell’educazione. Intenzionalità, cultura e conoscenza in pedagogia, Franco Angeli, Milano.

 

Autrice
M. Benedetta Gambacorti-Passerini, PhD, è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Biomediche per la salute dell’Università di Milano. Ha condotto le sue ricerche sui temi della narrazione come strumento formativo per gli operatori sanitari, sull’incontro tra sapere medico e pedagogico nella pratica professionale, attraverso un approccio di ricerca qualitativo.