a cura di Stefania Massaro
La pedagogia fenomenologica si oppone alla pedagogia positivistica, che considera il ragazzo difficile portatore di problemi in quanto condizionato necessariamente del suo ambiente, ritenendo che il ragazzo difficile sia quello che ha elaborato dentro di sé il significato di tali condizioni socioambientali come positivo e accettabile. La pedagogia fenomenologica quindi non coglie le relazioni ambiente-soggetto come relazione di causa-effetto, ma come un insieme di tensioni governate da leggi prevedibili aventi tali relazioni una dinamica di possibilità aperta. La metodologia fenomenologica, pertanto, vuole essere sostenitrice di una formazione umana orientata a rendere il soggetto capace di dare continuamente senso alla propria vita (Bertolini, 1988).
Se le condizioni ambientali sono costrutti che dipendono dall’attività intenzionale del soggetto che ha elaborato una certa visione del mondo occorre, piuttosto, cercare di cogliere come un soggetto costruisce la sua visione del mondo per favorirne il cambiamento in direzione positiva. Ciò che può cambiare, se le condizioni ambientali non sono modificabili, è di fatti l’interpretazione, ovvero gli schemi interpretativi e la propria visione del mondo generata dall’incontro tra questi schemi e il modo fattuale. Pertanto l’intervento educativo deve ricostruire quel modo di intendere e interpretare quelle condizioni al fine di modificarne il punto di vista sulla realtà.
Il ragazzo difficile, quindi, come ogni altro ragazzo, è costruttore di sé e della realtà entro i vincoli di quella realtà e delle condizioni intersoggettive che si danno: i comportamenti non sono il frutto di pressioni ambientali, ma della interpretazione e elaborazione che ciascuno fa di tali condizionamenti.
L’educazione deve incidere sui processi di interpretazione e di elaborazione interna da parte del soggetto aiutandolo a interpretare meglio se stesso e la realtà e modificare la visione del mondo. L’educatore, pertanto, è chiamato ad assumere un paradigma pedagogico che riconosca il contributo soggettivo alla costruzione di sé, ponendo la centralità dell’attività interpretativa e intervenendo all’interno di questa dimensione di possibilità per introdurre elementi di ampliamento e diversificazione e cercando di allargare la rete delle relazioni del ragazzo con gli altri e con il contesto (Caronia, 1996). Occorre moltiplicare le opportunità per il ragazzo di interagire con altri soggetti e altri contesti per allargare la propria esperienza imparando a ripensare se stesso, gli altri, il mondo da un diverso punto di vista.
La pedagogia fenomenologica considera quindi il processo educativo come passaggio progressivo dalla capacità soggettiva di vivere le situazioni alla consapevolezza del legame dell’io con il mondo delle relazioni interpersonali, nella promozione di una coscienza che non può appiattirsi sulla contingenza, ma deve cogliere il significato di tali eventi per dare ad essi una direzionalità razionale e valoriale (Pesare, 1998).
Si riconosce quindi l’incertezza come dimensione costitutiva dell’intervento educativo, per cui, la professionalità dell’educatore si esplica nella capacità di negoziazione continua in direzione formativa, nella prospettazione non di prescrizioni operative rigide, ma di proposte capaci di essere convincenti agli occhi del mondo vitale dell’educando e della sua intelligenza (Pesare, 1998).
BIBLIOGRAFIA
Bertolini P. (1988), L’esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedagogia come scienza fenomenologicamente fondata, La Nuova Italia, Firenze.
Caronia L. (1996), Interpretare le differenze: il paradigma pedagogico in pedagogia e l’educazione dei ragazzi difficili, in A. Mangano – A. Michelin Salomon (eds), La devianza dei minori come problema educativo, Lacaita, Bari-Roma, pp. 61-74.
Pesare F. (1998). L’educazione dell’attività intenzionale, interpretativa e elaborativa di senso del soggetto nella prospettiva fenomenologica, in G. Massaro (ed), Orientamenti pedagogici del XX secolo, Adriatica Editrice, Bari, pp. 79 102.