Well-being

a cura di Andrea Maragliano[1]

 

Il well-being è concetto cardine nel pensiero del filosofo indiano premio Nobel per l’economia Amartya Sen e della filosofa statunitense Martha Nussbaum, nonchè dei successivi studiosi che dalle loro teorizzazioni hanno ricavato basi e principi orientativi per conseguenti inferenze. Tale concetto rappresenta una delle dimensioni fondative della critica alle teorie filosofiche ed economiche dominanti, che trova giustificazione nella ricerca di forme di valutazione più soddisfacenti sul reale stato di benessere delle persone (Sen, 1993 – Nussbaum, 2012).

Per quanto rappresenti un concetto fortemente poliedrico e multi dimensionale – che attraversa simultaneamente questioni etiche, politiche, sociali, economiche nonché pedagogiche, filosofiche e culturali – il well-being può essere definito come la piena realizzazione della «bontà» degli elementi costitutivi dell’esistere di una persona, visti nella prospettiva del suo benessere personale (Nussbaum – Sen, 1993, pp. 36-38), considerato rispetto ad otto dimensioni di (Stiglitz – Sen, 2010): standard materiali di vita (reddito, consumi e ricchezza), salute, istruzione, attività personali (compreso il lavoro), opinione politica e governo, integrazione e relazioni sociali, ambiente (condizioni presenti e future), ed infine, sicurezza (sia economica sia di natura fisica).

Focalizzare il discorso sul well-being – anziché sul benessere materiale o il welfare centrato sui beni di mercato – risponde al bisogno di soddisfacimento delle aspirazioni e della progettualità individuale riguardo al condurre una vita umana decente, in armonia ed equilibrio con i differenti gruppi, la società, la natura e la propria esistenza (Sen, 1986). Beni, risorse e prestazioni dello Stato sono qui concepite come azioni e dimensioni sottostanti ad una qualità di vita soddisfacente. In questo risiede il cambio di paradigma operato dagli autori: dal welfare – in cui i parametri di giudizio e valutazione sono esclusivamente strumentali ed economici – al well-being – i cui i parametri guardano al benessere integrale, come condizione che include la realizzazione delle possibilità di ciò che l’individuo può fare o può essere, speculare alla realizzazione del personale progetto esistenziale.

A partire dalle riflessioni di Pigou, nel dibattito sui modelli etico-politici emerge l’inadeguatezza delle teorie filo-economiche consolidate (A. Smith, J.C.Harsanyi, A. Lewis, S. Kuznets, A. Bergson, P. Samuelson, K. Arrow, J. Tinbergen, R. Nozick, J. Hicks e J. Rawls).

Da questi studi emerge l’inadeguatezza degli indicatori del tenore di vita dove si afferma cosiddetto “movimento degli indicatori sociali” che nel tentativo di superare l’egemonia e l’autoreferenzialità delle concezioni politiche dominanti apre la strada a originali approdi sui concetti di giustizia sociale e di dignità umana (Nussbaum, 2002).

Il “cambio di paradigma” – che per certi aspetti si potrebbe definire kuhniano – determina nuovi paradigmi operativi che minano le basi degli strumenti di valutazione fondati sulla contabilizzazione pecuniaria (Nussbaum, 2012) – di cui il PIL rappresenta l’elemento più significativo – dimostrando come il benessere economico di un individuo o di una comunità non descrive  in modo pienamente soddisfacente il loro grado di felicità e benessere.

Vanno dunque individuati nuovi indicatori. Tra questi, il PLI (Plane Living Index), l’HDI (Human Developement Index), l’SIP (Sickness Impact Profile), il PQLI (Physical Quality of Life Index), l’HSI (Health Status Index), il Better Life Index, l’ ISEW (Index of Sustainable Economic Welfare), il GPI (Genuine Progress Indicator), il Wealth Estimates, il FEEM SI, il Global Peace Index, il GNH (Gross National Happiness) e altri ancora (Nussbaum – Sen, 1993, pp. 88-103).

In linea con il cambio di paradigma, Sen delinea una teoria dello sviluppo umano in termini di libertà, dove il well-being sarebbe perseguibile attraverso politiche e interventi che incidano sui concetti di functioning, ossia le diverse condizioni di vita che siamo in grado o meno di realizzare, e capabilities, ossia le personali abilità nel realizzare quelle condizioni, nei termini in cui «la “capacitazione” di un soggetto non è che l’insieme delle combinazioni alternative di funzionamenti che esso è in grado di realizzare. In breve, una forma di libertà, intesa come “libertà sostanziale di realizzare più combinazioni alternative di funzionamenti” (Sen, 2000, p. 79).

Il successo e la piena realizzazione di una società vanno dunque giudicati sulla base delle libertà sostanziali di cui godono i suoi membri, intendendo per libertà sostanziali le capacità «di scegliersi una vita cui, a ragion veduta, si dia valore» (ivi, p. 78). In tale prosepttiva, quindi, si integrano e significano sinergicamente rispetto al concetto di well-being sia i beni materiali (posseduti da ogni persona), sia quelli immateriali (come le caratteristiche e le disposizioni personali), sia il ruolo, le libertà strumentali e sostanziali e le possibilità che ogni Stato dovrebbe offrire ai suoi membri, in un’ottica democratica di progettazione e realizzazione del proprio futuro.

Benché una della maggiori spinte agli sviluppi di tale concetto provenga principalmente dal mondo dell’economia (Stiglitz – Sen 2010), esso trova fertile terreno di pensiero e di azione anche rispetto ad altri campi del sapere, come quello sociologico, statistico, il mondo delle organizzazioni e quello pedagogico.

In linea con la proposta di una rinnovata concezione di uomo proveniente da Aristotele e dal Marx dei Manoscritti economico-filosofici – ossia naturale e incarnato, ma titolare di una propria dignità oltre la pura sopravvivenza – Martha Nussbaum ha redatto una lista di capacità minime necessarie alla vita delle persone che Stato e politiche dovrebbero garantire (Nussbaum, 2012, pp. 38-40), ma che possono essere egualmente valide come dimensioni e categorie fruttifere nei contesti organizzativi o educativi. Esse sono:

  • vita
  • salute fisica
  • integrità fisica
  • sensi
  • immaginazione
  • pensiero
  • sentimenti
  • ragion pratica
  • appartenenza
  • vivere assieme ad altre specie
  • gioco
  • controllo del proprio ambiente (materiale e politico)

Oltre a nuovi percorsi e ottiche capaci di riportare l’uomo in contatto con quella dignità e realizzazione che ontologicamente gli appartiene (Nussbaum, 2002), e al fine di sostituire il paradigma della crescita economica con il paradigma dello sviluppo umano (Nussbaum, 2012), si possono ritrovare nel well-being – e nei presupposti di teorie e modelli in cui esso è inserito – numerose “tracce” di pedagogico, ben oltre all’esplicito riferimento alla “pedagogia socratica” (Nussbaum, 2011). Ad esempio, all’interno del tema dell’educabilità umana, dello sviluppo e della crescita come autorealizzazione (Alessandrini, 2014, p. 9).

Assumere il concetto di well-being come traguardo di autorealizzazione e autoformazione,  restituisce senso e significato al lavoro sia organizzativo (Alessandrini, 2004) sia educativo, specie con riguardo ai soggetti economicamente e/o socialmente vulnerabili. Appare quindi inedito il contributo che i concetti finora affrontati possono apportare alle sfide odierne: le questioni di genere, la famiglia e le nuove forme di famiglia, la rivendicazione della difesa della cultura umanistica e la valorizzazione della medesima cultura nei processi educative e formativi, la giustizia sociale, la tutela dei diritti delle minoranze etniche e culturali, il contrasto alle disuguaglianze, il ruolo della donna, l’educazione alla cittadinanza globale, l’educazione degli adulti, il dibattito sui sistemi di istruzione (Alessandrini, 2014).

In tal modo, il concetto di well-being sollecita a ridefinire i percorsi di libertà, progettualità, realizzazione e sviluppo personale, riaffermando il ruolo centrale della possibilità di “essere” e di “fare” del soggetto, protagonista autentico della propria vita e dei personali traguardi, dove la società è sollecitata a fare la propria parte offrendo condizioni reali affinché i soggetti possano vivere una vita autenticamente umana.

 


BIBLIOGRAFIA

Alessandrini G. (ed.) (2004), Pedagogia delle risorse umane e delle organizzazioni, Guerini e Associati, Milano.
Alessandrini G. (ed.) (2014), La” pedagogia” di Martha Nussbaum. Approccio alle capacità e sfide educative. FrancoAngeli, Milano.
Nussbaum M. – Sen A. (1993), The quality of life, Oxford University Press, New York.
Nussbaum M.C. (2002), Giustizia sociale e dignità umana. Da individui a persone, Il Mulino, Bologna.
Nussbaum M.C. (2011), Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Il Mulino, Bologna.
Nussbaum M.C. (2012), Creare capacità. Liberarsi dalla dittatura del Pil, Il Mulino, Bologna.
Sen A.K. (1986), Scelta, benessere, equità, Il Mulino, Bologna.
Sen A.K. (1993), Il tenore di vita. Tra benessere e libertà, Marsilio Editori, Venezia.
Sen A.K. (2000), Lo sviluppo è libertà. Perché non c’è crescita senza democrazia, Mondadori, Milano.
Stiglitz J.E. – Sen A.K. (2010), Rapporto della Commissione Sarkozy sulla misura della performance delleconomia e del progresso sociale (Il Rapporto Stiglitz), in http://www.club-cmmc.it/lettura/Rapporto_Stiglitz.pdf [data ultima consultazione aprile 2017].

[1]          Andrea Maragliano è Educatore e Pedagogista, laureato in Pedagogia, Progettazione e Ricerca educativa presso l’Università degli Studi di Genova, dove ha svolto l’incarico di Tutor Didattico e con cui ad oggi collabora per progetti di ricerca in ambito didattico e pedagogico..