Expansive Learning Theory

di Stefano Bonometti

La possibilità di sviluppare competenze coerenti con le nuove esigenze dell’impresa moderna, trova il suo fondamento in una teoria dell’apprendimento degli adulti che dia pieno valore ai contesti di lavoro. Riconoscere la circolarità fra processi di apprendimento e contesti di esperienza rappresenta la prospettiva più coerente per promuovere progetti di sviluppo professionale e organizzativo in grado di trasformare le pratiche di lavoro. Ciò pone le basi per l’incremento di nuovi saperi, l’elaborazione di nuovi modelli, la promozione di cambiamenti strettamente integrati con il contesto di riferimento. Engeström (2004) definisce questo approccio all’apprendimento «radical exploration or expansive learning». Il procedere dell’apprendimento secondo l’Expansive Learning Theory prende le mosse dalla Cutural Historical Activity Theory che nasce dai contributi di Leont’ev, Luriia e Vygotskij. All’interno di un ‘sistema di attività’ i soggetti di una comunità di pratiche durante lo svolgimento delle attività finalizzate agli outcome attesi, affrontano criticità e contraddizioni interne che si pongono dinanzi. L’impegno nella ricerca della soluzione e l’esplorazione di nuovi modelli di attività divengono modalità che promuovono l’apprendimento e il cambiamento.

Ancora secondo Engeström (2001), il procedere dell’apprendimento travalica i confini della singola situazione (boundary crossing) e dei singoli sistemi di attività (Activity Theory di terza generazione) ed espande il capitale di conoscenza individuale e organizzativo. In particolar modo, «l’oggetto delle azioni di expansive learning è il “sistema di attività” nelle quali i learners sono impegnati» (Engeström 2004b). Il risultato finale è la produzione di nuovi patterns di attività.

In ogni sistema di lavoro sussistono delle criticità (inner contradictions) che divengono vere e proprie fonti di cambiamento e di miglioramento. L’organizzazione attiva un processo di expansive learning nel momento stesso che prende in carico le contraddizioni interne e le pone come sfida da superare, ovvero individua la propria zona di sviluppo prossimale e procede tramite un processo dialettico, arricchendo step-by-step l’analisi iniziale della contraddizione stessa, al fine di produrre come risultato, nuove forme di conoscenze e di buone pratiche (best practices) e quindi, di cambiamento organizzativo.

L’Expansive Learning è un’esperienza eminentemente sociale e relazionale e si sviluppa secondo un procedere per fasi.

La proposta di Engeström è quella di definire una strategia di intervento formativo che «supporta l’evolversi del cambiamento organizzativo […] attraverso un metodo che i gruppi di lavoro seguono, inizialmente con il supporto di un facilitatore» (Fuller, Unwin, 2004). Il modello di intervento è rappresentato da una sequenza ciclica di azioni (a spirale) che danno avvio al processo di apprendimento, nel quale l’innovazione e il miglioramento sono frutto di una costruzione graduale di nuove forme di pratiche collaborative e di riflessività. Questa sequenza di azioni è composta dalle seguenti fasi (Engeström, Sannino, 2010):

  1. Questioning. In questa fase è richiesto ai gruppi di porre domande, criticare o rigettare alcuni aspetti riferiti a pratiche consolidate nel tempo. È lo spazio e il momento in cui si espongono le questioni conflittuali e le contraddittorie che emergono dalla pratica standard.
  2. Analysis the situation. L’analisi della situazione implica una trasformazione mentale, l’iniziale evoluzione dei ragionamenti e dei modelli implicati nell’operatività della situazione. Tramite questo processo prende avvio un’indagine in modo da far emergere cause o principi esplicativi posti dietro al problema. Questa fase evoca la domanda ‘perché?’ ripercorrendo sia il piano storico-genetico sia il piano empirico del qui e ora.
  3. Modelling the new solution. È la fase in cui costruire un modello esplicativo delle relazioni recentemente scoperte, definendo una modalità per renderlo pubblicamente osservabile e comunicabile.
  4. Examining and testing the new model. Il modello è esaminato e verificato tramite l’attivazione e la sperimentazione dello stesso in riferimento alle sue specifiche dinamiche, alle potenzialità ed anche alle possibili limitazioni.
  5. Implementing the new model. Consiste nella fase di operatività del modello per mezzo di applicazioni pratiche, arricchimenti ed estensioni concettuali.
  6. Reflecting on the process. Indica la fase della riflessione e della valutazione del processo realizzato.
  7. Consolidating and generalizing the new pratice. Infine, il processo richiede il consolidamento degli outcomes in nuove forme stabili di pratica.

Tale percorso trova una sua formula di implementazione nel setting di formazione denominato Change Laboratory, proposto dal Center for Research on Activity, Development and Learning CRADLE dell’Università di Helsinki. Il Change Lab (Virkkunen, 2013) consiste nell’attivare un particolare setting nel quale i soggetti coinvolti, appartenenti a sistemi di attività differenti, compiono processi di apprendimento e cambiamento secondo le fasi e le metodologie dell’expansive learning. La proposta del CRADLE attiva un contesto di formazione nel quale attraverso il metodo del C.L. si mira ad una nuova configurazione della cultura organizzativa a partire dalle problematiche concrete affrontate dai lavoratori.

Nel Change Laboratory si attiva un confronto tra i diversi punti di vista e le diverse interpretazioni che i lavoratori danno del problema con l’impiego anche di metodologie di ricerca etnografiche. Il percorso di lavoro, guidato da facilitatori, si sviluppa secondo due direttrici: diacronica e sincronica. La prospettiva diacronica prevede che il gruppo di lavoro si confronti sulle problematiche in oggetto, considerando una cronologia che analizza il passato, affronta il presente e ipotizza il futuro. La prospettiva sincronica identifica tre criteri secondo i quali analizzare le tematiche: la logica sistemica attraverso la quale analizzare l’evento in questione, il mirror material che sollecita il rispecchiamento nella situazione problematica attraverso l’analisi di dati di fatto, eventi concreti anche con l’uso di video, infine l’esplicitazione di idee e strumenti impiegati per analizzare la situazione. La metodologia del Change Lab si snoda secondo una logica che sollecita un’osservazione del problema, secondo uno sguardo sistemico, l’analisi delle implicazioni nel network di relazioni, la presa di consapevolezza dei propri modelli di analisi ed, infine, l’elaborazione di nuove possibili pratiche di lavoro.

 


BIBLIOGRAFIA
Bonometti S. (2008), Apprendere nei contesti di lavoro. Prospettive pedagogiche per la consulenza formativa, EUM, Macerata.
Engeström Y., (2001), Expansive Learning at Work: toward an activity theoretical reconceptualization, «Journal of education and work», vol. 14, n. 1, pp. 132-156.
Engeström, Y. (2004) New forms of learning in co-configuration work, in «Journal of Workplace Learning», 16, pp. 11–21.
Engeström Y. (2004b), The new generation of expertise: seven theses, in H. Rainbird, A. Fuller, A. Munro, Workplace learning in context, London and New York, Routledge, pp. 145-165.
Engeström, Y. (2014), Learning by expanding (second edition), Cambridge University Press.
Engeström Y. (2016), Studies in Expansive Learning. Leraning What Is Not Yet There, Cambridge University Press, Cambridge.
Engeström Y., Sannino A. (2010), Studies of expansive learning: Foundations, findings and future challenges, in «Educational Research Review», n.5, pp. 1-24.
Fuller A., Unwin L. (2004), Expansive learning environments, in Rainbird H., Fuller A., Munro A., Workplace learning in context, London and New York, Routledge, pp. 126-144.
Morselli D., Costa M. (2014), Il laboratorio di attraversamento dei confini nell’alternanza scuola-lavoro, in «RICERCAZIONE», n.2, pp.193-209.
Virkkunen J., Newnham D.S. (2013), The Cange Laboratory: A Tool for Collaborative Development of Work and Education, Sense Publishers, Rotterdam.