Knowledge and Information Society

a cura di Andrea Tarantino*

L’ espressione “società della conoscenza” compare per la prima volta in un documento strategico, White paper on education and training – Towards the Learning Society pubblicato nel 1995 a cura della Commissione Europea[1] per descrivere le politiche della formazione e le risorse da mettere in campo per entrare utilmente ed efficacemente nel terzo millennio.

Fortemente connesso con questo progetto di una società della conoscenza europea appare da subito la definizione “società dell’informazione”, trovandone traccia nel Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente[2] sia in rapporto alle azioni di promozione della cittadinanza attiva, sia all’implementazione dell’occupabilità.

Nel prevedere una nuova rivoluzione del sistema di produzione dove le tecnologie avrebbero gestito ed elaborato particolari forme di conoscenza, furono gli studi di Bell che contribuirono all’affermazione del concetto di società della conoscenza[3]. Una società dove la principale fonte di ricchezza è costituita dalla conoscenza generata per mezzo delle nuove tecnologie alla quale è associata l’idea (e la consapevolezza) di vivere in un ambiente connesso e reticolare che amplifica le opportunità di contatto con le persone tendendo ad annullare il rapporto spazio-temporale[4].

Società della conoscenza e società dell’informazione sono termini che descrivono cambiamenti paradigmatici che riguardano rispettivamente:

  • i nuovi rapporti che la conoscenza instaura con la società, prefigurando nuovi modelli sociali;
  • le nuove modalità globali di produzione, organizzazione, socializzazione e consumo dell’informazione e della comunicazione attraverso le nuove tecnologie ict (Information and Communication Technology), nonché i nuovi modelli di apprendimento/insegnamento correlati all’utilizzo dei nuovi media nelle pratiche formative.

Secondo alcuni autori la portata del cambiamento descritto è paragonabile a quello della rivoluzione industriale, in quanto incide su più trasformazioni: tecnologica, economica, sociale, educativa, culturale e politica.

La connessione stretta tra le due espressioni (società della conoscenza e società dell’informazione) trova ulteriore conferma dal quadro che ne delinea la Commissione Europea, che è non solo variegato e dinamico, ma velocemente cangiante e sostanziato da una economia immateriale, diffusa e distribuita, fortemente caratterizzata dal passaggio dal lavoro solido al lavoro liquido.

Al riguardo, così si esprime la Commissione: “La tecnologia digitale sta trasformando la nostra vita sotto tutti i punti di vista e la biotecnologia cambierà forse un giorno la vita stessa. Il commercio, i viaggi e le comunicazioni su scala planetaria allargano gli orizzonti culturali di ciascuno di noi e sconvolgono le regole della concorrenza tra le economie. La vita moderna offre al singolo maggiori opportunità e prospettive, ma presenta anche maggiori rischi e incertezze. Le persone sono al contempo libere di decidere tra diversi stili di vita e responsabili di gestire la propria vita. Sono sempre più numerosi coloro che protraggono gli studi, ma aumenta lo scarto tra coloro che hanno qualifiche sufficienti per sopravvivere sul mercato del lavoro e quelli che ne sono irrimediabilmente esclusi”[5].

La risultante è una nuova idea di società, come nessun’altra in passato, che si regge sulla diffusione e utilizzo di informazioni, conoscenze e saperi tecnologicamente avanzati, posseduti non da una ristretta cerchia di persone o gruppi, ma diffusi capillarmente e trasversalmente all’intero tessuto sociale.

La società della conoscenza o knowledge society mette insieme, a ritmi vertiginosi, una pluralità di saperi e competenze, intelligenze logico-razionali, ma anche emotive, relazionali e sociali, combina tra loro saperi individuali e collettivi, formali, informali e non formali, professionali, personali e sociali[6], marcando un assunto secondo il quale le conoscenze sono la principale fonte di sostentamento e sviluppo delle attuali società.

Ciò è stato possibile grazie al crescente e complesso fenomeno della pervasività dei media e della enorme mole di informazioni che riescono a veicolare, entrando prepotentemente nella quotidianità, per arrivare financo nell’agire della sfera più intima del soggetto, tanto da definire l’odierna società: “società della comunicazione”. La comunicazione media il nostro rapporto col mondo, consentendo un arricchimento delle nostre esperienze e delle nostre relazioni non soltanto con gli altri, ma anche con noi stessi.

La società della conoscenza, quindi, è la risultante del dinamismo dato dalla comunicazione alla enorme mole di dati o informazioni che si hanno a disposizione.

Nello specifico, come ci ricorda Paparella, la conoscenza è un processo essenzialmente attivo, e consiste fondamentalmente in un assimilare la realtà entro schemi di trasformazione, quindi la conoscenza si presenta come la più dinamica ed “intelligente” forma di adattamento[7].

Essendo la conoscenza la rielaborazione dell’informazione, la società della conoscenza è interessata a tutte quelle strategie e dinamismi che il soggetto, inteso come singolo e/o aggregato, mette in atto per tale trasformazione, affinché il soggetto stesso possa appropriarsi, attraverso la conoscenza, di quel “sapere” utile per una maggiore comprensione del mondo, dell’Altro e di se stesso e per ogni ulteriore intervento finalizzato alla trasformazione, alla crescita e allo sviluppo.

Nathan Shedroff (1994), vede la conoscenza come uno dei passaggi intermedi per accedere alla saggezza, ma preceduto a sua volta dall’informazione e questa dai dati.

Pertanto, un modello di concatenazione che parte dai dati, ossia unità di informazione utili per comunicare; manipolando, organizzando e interpretando quest’ultimi abbiamo l’informazione; quando l’informazione si integra con l’esperienza, abbiamo la conoscenza, ossia l’ informazione contestualizzata ed elaborata da un essere umano, in relazione, appunto, della propria esperienza.

La saggezza, che Shedroff[8] definisce una forma di “meta-conoscenza”, è un livello avanzato di conoscenza, che comprende un’interpretazione e contemplazione di quest’ultima. Proprio per questa sua intimità non può essere trasmessa o insegnata come avviene per la conoscenza.

Emerge, ictu oculi, un compito importante per la società della conoscenza: offrire strumenti, occasioni e piani d’azione per favorire ed implementare processi di appropriazione di conoscenze, affinché il soggetto possa essere il reale protagonista dei processi di rielaborazione dell’informazione per l’acquisizione di sempre nuove conoscenze. Prepotente emerge il ruolo della formazione che dovrebbe supportare l’aggiornamento delle informazioni, delle conoscenze e delle competenze, nonché la capacità di farlo in maniera efficace ed intelligente su basi in costante evoluzione, assegnando al soggetto stesso un ruolo attivo, definendo di fatto la creazione di una nuova economia che si basa sulla creazione e lo scambio di beni e servizi immateriali[9].

Come scrive Bochicchio “la società della conoscenza è un paradigma utilizzato per descrivere la nuova condizione umana nel quadro di una collettività evoluta nella quale donne e uomini si confrontano quotidianamente con saperi e conoscenze”[10]. Pertanto, in siffatta società, nel mentre la conoscenza diviene leva per lo sviluppo dei processi produttivi, l’apprendimento si dovrebbe configurare come condizione necessaria per la sopravvivenza della società stessa, cogliendo gli stimoli che da questa provengono e nello stesso tempo innalzare la qualità del capitale umano.

Il concetto di società della conoscenza viene utilizzato come rappresentazione della realtà di prospettive differenti, infatti diversi sono i settori disciplinari (economica, politica, pedagogica, sociologica, etc.), che inevitabilmente analizzano il fenomeno da prospettive differenti[11]. Nel tentativo di dare ordine e distinguere alcune delle principali caratteristiche dell’attuale società, alcuni studiosi hanno avanzato differenti definizioni.

Jarvis[12] ha dato una rappresentazione futuristica della società, definendola anche società dei consumi e riflessiva, mentre Alberici[13] l’ha interpretata come una società a rischio. Coffield[14] ha individuato differenti modelli di di società: crescita di abilità, sviluppo personale, apprendimento sociale, mercato dell’apprendimento, società locali di apprendimento, controllo sociale, autovalutazione, centralità dell’apprendimento, riforma del sistema dell’educazione e cambiamento strutturale.

“Le società che funzionano grazie all’applicazione delle conoscenze sono società dell’apprendimento […]. Una società che pone l’apprendimento al cuore della sua cultura è una società orientata al processo e, in un certo senso – dal momento che coinvolge i processi umani – è una società umanistica”[15]. Condividiamo con Bochicchio l’idea che pur destinato a vivere in questo oramai irreversibile cambiamento epocale, il soggetto, non deve rinunciare a conquistare nuovi spazi di autonomia, libertà e autenticità, sollecitato a nuove forme di consapevolezza, assumendo l’imprevedibilità non più come una condizione temporanea ma permanente.

 



BIBLIOGRAFIA

 

Alberici A., Imparare sempre nella società della conoscenza, Bruno Mondadori, Milano 2002.
Bell D., The Coming Post-Industrial Society. A venture in social forecasting, Penguin Books, Harmondsworth 1976.
Bochicchio F., La formazione tra società dell’informazione e società della conoscenza, in P. Limone (a cura di), Nuovi media e formazione, Armando Editore, Roma 2007.
Chiaberge R., Navigatori del sapere, Raffaello Cortina, Milano 1999.
Coffield F., Differing visions of a learning society. Research findings, vol. 1, The Policy Press, Bristol 2000.
Commissione della Comunità Europea, Crescita, competitività, occupazione, Bruxelles 1993.
Commissione della Comunità Europea, Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente, Bruxelles 2000.
Jarvis P., Paradoxes of learning, Jossey Bass, San Francisco 1992.
Jarvis P., Globalization, lifelong learning and the learning society. Sociological perspectives. Lifelong learning and the learning society, Vol 2, Routledge, New York 2007.
Orefice P., Cunti A. (a cura di), Multieda. Dimensioni dell’educare in età adulta: prospettive di ricerca e di intervento, Liguori, Napoli 2005.
Paparella N., Pedagogia dell’apprendimento, La Scuola, Brescia 1988.
Pavan A., Learning society, Lifelong Learning, in A. Pavan, F. Russo (a cura di), Formazione in età di learning society, ESI, Napoli 2001.
Shedroff N., Information Interaction Design: a Unified Field Theory of Design, in R. Jacobson, W.S. Wurman (eds.), Information Design, MIT Press, Cambridge 1999, pp. 267-292.

 

 

* Andrea Tarantino, è Dottore di Ricerca in Pedagogia dello Sviluppo. Svolge attività di ricerca in materia di apprendimento esperienziale, outdoor training e formazione degli adulti. Socio fondatore di Espèro – Servizi Formativi per il Management, l’Apprendimento Esperienziale, l’Apprendimento per metafore e l’Outdoor training – spin-off dell’Università del Salento.

[1] Cfr. A. Pavan, Learning society, Lifelong Learning, in A. Pavan, F. Russo (a cura di), Formazione in età di learning society, Esi, Napoli 2001.

[2]Commissione delle Comunità Europea, Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente, Bruxelles 2000. Anche se timidamente, già agli inizi degli anni sessanta del secolo scorso si è incominciato a parlare di società dell’informazione, affermandosi definitivamente in letteratura intorno agli anni novanta. Il termine “società dell’informazione”, utilizzato in sostituzione di “autostrade dell’informazione”, compare per la prima volta nel “Libro Bianco” nel 1993 dal titolo Crescita, competitività ed occupazione, perché più consono con gli intenti dell’UE, intenzionata a fornire a tutti i cittadini ed imprese gli strumenti idonei per un accesso democratico sia alle nuove tecnologie che al mondo del lavoro. (Commissione della Comunità Europea, Crescita, competitività, occupazione, Bruxelles 1993),.

[3] Cfr. D. Bell, The Coming Post-Industrial Society. A venture in social forecasting, Penguin Books, Harmondsworth 1976.

[4] Cfr. R. Chiaberge, Navigatori del sapere, Raffaello Cortina, Milano 1999.

[5] Commissione delle Comunità Europea, Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente, cit. p. 8.

[6] Cfr. P. Orefice, A. Cunti (a cura di), Multieda. Dimensioni dell’educare in età adulta: prospettive di ricerca e di intervento, Liguori, Napoli 2005.

[7] N. Paparella, Pedagogia dell’apprendimento, La Scuola, Brescia 1988, p. 52.

[8] Cfr. N. Shedroff, Information Interaction Design: a Unified Field Theory of Design, in R. Jacobson, W.S. Wurman (eds.), Information Design, MIT Press, Cambridge 1999, pp. 267-292.

[9] Commissione delle Comunità Europea, Memorandum sull’istruzione e la formazione permanente, Bruxelles 2000.

[10] F. Bochicchio, La formazione tra società dell’informazione e società della conoscenza, in P. Limone (a cura di), Nuovi media e formazione, Armando Editore, Roma 2007, p. 62.

[11] Cfr. A. Alberici, Imparare sempre nella società della conoscenza, Bruno Mondadori, Milano 2002.

[12] P. Jarvis, Paradoxes of learning, Jossey Bass, San Francisco 1992.

[13] Cfr. A. Alberici, Imparare sempre nella società della conoscenza, cit.

[14] Cfr. F. Coffield, Differing visions of a learning society. Research findings, vol. 1, The Policy Press, Bristol 2000.

[15] P. Jarvis, Globalization, lifelong learning and the learning society. Sociological perspectives. Lifelong learning and the learning society. Volume 2, Routledge, New York 2007, p. 95.