a cura di Francesco Paolo Romeo[1]
Il costrutto di autodirezione nell’apprendere, sinonimo di autoformazione, trova ampia diffusione nella letteratura pedagogica poiché rimarca l’importanza di mettere il soggetto autenticamente al centro del processo formativo e delle fasi a esso correlate: progettazione, comunicazione e valutazione. I fondamenti dell’apprendimento autodiretto (al quale si connette anche la diffusione delle pratiche autovalutative) vanno ricercati nei principi dell’approccio umanistico e poggiano sul pensiero di autorevoli studiosi, tra cui Protagora, Aristotele, Erasmo, Montaigne e Spinosa, solo per citarne alcuni tra i più noti, che condividono un’idea di educazione associata a ideali di libertà e democrazia.
Pur riconoscendo i limiti dei caratteri ereditari dell’uomo (che dipendono dalla sua storia personale, dalla cultura, dal carattere, ecc.) tali autori hanno ottimisticamente sostenuto che gli individui non si limitano a reagire passivamente all’ambiente perché sono potenzialmente attivi e in grado di compiere scelte personali in modo autonomo e responsabile.
Dunque, il costrutto non è affatto recente, ma oggi trova nuovo respiro in accostamento con i macro-scenari dell’educazione lifelong e lifewide.
In età moderna, i tentativi di comprensione si devono agli studi di G.L. Craik, docente di Letteratura inglese e Storia presso il Collegio della Regina in Belfast, che nel 1840 documentò gli sforzi di autoeducazione compiuti da una serie di personaggi i quali: “[…] vincitori degli ostacoli dell’avversità, seppero per propria virtù emanciparsi dall’ignoranza e diventare educatori di se stessi”. Nel 1859 S. Smiles pubblicò un libro dal titolo Self-Help, impostosi sul mercato quale vero successo editoriale del tempo. Nel volume, che consisteva in una raccolta di testimonianze di personaggi noti, si analizzava la nozione di autosviluppo personale a partire dall’idea che nessuna istituzione avrebbe potuto innalzare il livello di benessere di una società senza il concorso libero e perseverante dell’individuo.
I termini riconosciuti correttamente prossimi ad autodirezione nell’apprendere sono self-directed learning e self-direction in learning, anche se nella letteratura anglosassone l’autodirezione nell’apprendere è spesso utilizzato come sinonimo di self-organized-learning, indipendent-learning, autonomous learning, individual-learning, self-teaching, self-study, self-planned-learning e autodidaxy.
- Hiemstra (2001) ha denunciato che la polisemia che ha circondato il costrutto non ha giovato alla sua diffusione nei contesti educativo-formativi.
C.O. Houle (1961) e poi J.W.C. Johnstone e R.J. Rivera (1965) hanno riconosciuto il costrutto come area elettiva della ricerca educativa. Inoltre, si ricordano gli studi di A.M. Tough (1971) sui progetti di apprendimento autoprogrammati degli adulti. Tuttavia, si deve soprattutto agli studi di M.S. Knowles (1975) sull’andragogia l’accentuata rivitalizzazione dell’apprendimento autodiretto, definito come il costrutto-base dell’educazione degli adulti. Nel volume Self-directed Learning, in particolare, lo studioso ha posto la questione del formarsi da sé, muovendo dal concetto che chi prende l’iniziativa nell’apprendimento, vale a dire chi si pone attivamente nella relazione con l’insegnante, impara in modo più efficace e stabile. Precursore dell’“apprendere ad apprendere”, nell’accentuare l’importanza della relazione docente-discente Knowles ha elaborato un processo autodiagnostico dei bisogni al quale un soggetto deve attenersi per apprendere in modo autodiretto e anche per valutare i progressi compiuti. La prima fase del processo autodiagnostico dei bisogni riguarda lo sviluppo personale di un modello delle competenze richieste o dei comportamenti desiderati; la seconda fase riguarda la valutazione delle performance; la terza rileva il gap tra il modello auspicato e le performance effettive. Per Knowles, dunque, autodirezione nell’apprendere è, necessariamente meta-apprendimento e, di riflesso, agire auto-valutativo. Esperienze dove il soggetto è protagonista del cambiamento prodotto a partire dagli eventi, dallo svolgersi della vita, dalle occasioni più o meno formali di apprendimento e dal complesso degli incontri esperienziali realizzati e mancati. Tuttavia, il limite dell’applicazione di questo modello processuale è che i soggetti – gli adulti nello specifico – non sono mai del tutto consapevoli dei loro bisogni formativi, intesi “come rappresentazioni di problemi educativo-formativi che impediscono o inibiscono lo sviluppo, professionale e personale, dell’individuo” (Bochicchio, 2012). Per questo motivo Knowles insiste sul fatto che il cambiamento, in quanto pratica trasformativa del sé, si realizza nella relazione con gli altri e all’interno di specifici contesti di apprendimento. Esaminando alcuni falsi miti riguardanti l’autodirezione nell’apprendere, anche R.G. Brockett e Hiemstra (1991) hanno confermato che l’interazione permette la crescita personale e la realizzazione di nuove scoperte. Nel puntualizzare la natura della relazione educativa tipica del costrutto, G.P. Quaglino (2004) ha osservato che l’autodirezione dell’apprendere per il soggetto implica l’assunzione di una particolare disposizione rispetto all’insegnante, definita “dipendente autonomia”, confermando che l’autodirezione nell’apprendere non va confusa con l’autodidassi, ma come una forma di apprendimento che avviene all’interno di un contesto sociale dove il soggetto è in grado di partecipare al processo dialettico e nutrirsi del dialogo e del confronto con altri, compreso l’insegnante, dal quale continuamente attinge senza tuttavia restarne prigioniero.
Pertanto, autodirezione dell’apprendere non significa isolamento fisico del soggetto, oppure totale assenza dell’insegnante, ma differente regolazione del controllo pedagogico delegato, che dall’insegnante vira maggiormente sull’autonomia e sulla responsabilità del soggetto. Affinché il processo autoformativo risulti efficace, nel rifuggire la totale dipendenza dall’insegnante il soggetto deve sapere apprendere da questo, riconoscendolo come una preziosa risorsa anziché come un dispensatore di verità. Quaglino ha inoltre affermato che il fine dell’autodirezione nell’apprendere oscilla tra la conoscenza e la cura di Sé, dove l’apprendimento si muove lungo un doppio binario didattico-pedagogico: apprendimento di Sé e apprendimento da Sé.
Il primo sta a indicare un’esperienza che nel sollecitare il soggetto a reinterpretare in modo nuovo il rapporto tra il Sé e il mondo, lo motiva a intervenire in prima persona nella risoluzione delle situazioni che più gli “stanno a cuore”, anziché delegare a terzi tale impegno (Bochicchio, 2014).
L’apprendimento da Sé è invece sinonimo di autogestione dell’apprendimento, dove quest’ultimo è affidato, del tutto o in parte, all’iniziativa, alla responsabilità, all’autonomia del soggetto al quale spetta prendere decisioni anche riguardo l’azione valutativa.
Secondo D.R. Garrison, poiché l’autogestione e l’automonitoraggio dell’apprendimento hanno evidenti nessi con i processi cognitivi e metacognitivi, è necessario pensare a un processo manageriale di controllo delle attività di apprendimento autodiretto da parte del soggetto, in grado di guadagnare una posizione di omeostasi fra le capacità interne possedute, le risorse esterne e l’interdipendenza (Garrison, 2004). Ciò rafforzerebbe l’idea secondo cui, nelle pratiche di apprendimento autodiretto, il soggetto che si rende responsabile di tale processo di controllo deve essere altamente motivato e impegnato a costruire significati nuovi attraverso la riflessione critica e le pratiche collaborative. Essere soggetto responsabile del proprio apprendimento significa dunque riconoscere, potenziare e arricchire le proprie strutture di conoscenza (Garrison, 1993), anche “educando cognitivamente” habitus già in essere attraverso modellamenti, cambi d’abito appunto, mentali e comportamentali (Baldacci, 2012).
All’interno di tale cornice teorico-epistemologica, dove prevale il controllo dello spazio, dei tempi d’apprendimento e della valutazione da parte del soggetto, anche quest’ultima appare più svincolata alle incombenze del “qui e ora”, proiettandosi verso orizzonti spazio-temporali prossimi alle “ricadute della formazione”. Inoltre, rendendosi capace di restituire senso e prospettiva alla biografia personale anche attraverso l’esercizio pedagogico del reinterpretare e ricollocare il rapporto tra il sé e il mondo (Romeo, 2014), il soggetto impara ad auto-imparare divenendo protagonista del personale progetto esistenziale di crescita lungo tutto l’arco della vita.
BIBLIOGRAFIA
Baldacci M., Trattato di pedagogia generale, Carocci, Roma 2012.
Bochicchio F., Autoformazione, in G.P. Quaglino, Formazione. I metodi, Raffaello Cortina, Milano 2014, pp. 49-68.
Bochicchio F., I bisogni di formazione. Teorie e pratiche, Carocci, Roma 2012.
Brockett R.G., Hiemstra R., Self-Direction in Adult Learning. Perspectives on theory, research and practice, Routledge, London 1991.
Craik G.L., (1840), Costanza vince ignoranza: la conquista del piacere malgrado gli ostacoli, Trad. it., Barbera, Firenze 1870.
Garrison D.R., An analysis of the control construct in self-directed learning, in Long H.B., (a cura di), Emerging Perspectives of Self-directed Learning, Research Center for Continuing Professional and Higher Education of the University of Oklaoma, Norman, OK 1993, pp. 27-44.
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Hiemstra R., Self directed Learning: Individualizing instruction – Most still do it wrong!, “International Journal of Self Directed Learning”, 8, 1, pp. 46-59.
Houle C.O., The Inquiring Mind, The University of Wisconsin Press, Madison, WI 1961.
Johnstone J.W.C., Rivera R.J., Volunteers for Learning: a Study of the Educational Pursuits of American Adults, Aldine, NY 1965.
Knowles M.S., Self-directed Learning: A Guide for Learners and Teachers, Cambridge Books, New York 1975.
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Romeo F.P., La memoria come categoria pedagogica, Libellula, Tricase (LE) 2014.
Smiles S. (1859), Chi si aiuta Dio l’aiuta. Storia degli uomini che dal nulla seppero innalzarsi ai più alti gradi in tutti i rami della umana attività, trad. it., Treves, Milano 1871.
Tough A.M., The Adult’s Learning Projects, Ontario Institute for Studies in Education, Toronto 1971.
[1] Francesco Paolo Romeo è Professore a contratto di Didattica Generale presso l’Università Telematica Pegaso di Napoli. Giudice onorario minorile presso il Tribunale per i Minorenni di Taranto e Dottore di Ricerca in Pedagogia dello Sviluppo.