Attori sociali

a cura di Rosita Deluigi

 

Descriviamo con il termine attori sociali tutti coloro che entrano a far parte della relazione educativa. Ci sono però alcune importanti specifiche da fare in quanto, presupporre la compresenza di più attori richiede di pensare e di intrecciare ruoli, funzioni e competenze differenti, in modo che ciascuno possa decidere di portare o meno il suo contributo.

Tale visione si fonda sulla valorizzazione delle identità delle persone che entrano a far parte della relazione (in particolare nella sua veste più dinamica) come portatrici di storie di vita, di saperi (anche taciti e non formali o formalizzati), di esperienze vissute e attraversate, di interrogativi e di proposte. Allo stesso modo, ragionare sulla partecipazione di più soggetti-persone significa negare l’attribuzione dell’etichetta “utente” che meglio definisce colui a cui “si somministra un intervento” o verso cui “si eroga un servizio”.

Fermarsi a puntualizzare il senso della terminologia educativa significa risvegliarne i significati e collocarsi in modo attento sulle prospettive e sugli itinerari che si vogliono tracciare, a partire dalla visione antropologica dell’uomo che orienta il discorso pedagogico e che, necessariamente, ricade sulle metodologie scelte per operare. Non è per nulla scontato, dunque, sondare alcune aree essenziali del linguaggio che utilizziamo per descrivere e interpretare la relazione educativa e la sua modalità di coinvolgimento e/o partecipazione dei soggetti. Fermo restando che spesso l’agire pratico si colloca in situazioni difficili, con persone fragili che riescono a leggere più facilmente le criticità piuttosto che il potenziale, con reti non troppo solidali e con territori e servizi differenziati e non dialoganti. I processi educativi orientati al cambiamento e al mantenimento delle situazioni di agio, devono tenere conto di tutte queste variabili e l’équipe si deve interrogare sulle modalità per offrire nuove chance di partecipazione e attivazione del sé e del noi (dialogico e inclusivo).

Si diventa attori sociali quando si condivide un certo grado di corresponsabilità, in relazione alle proprie capacità e alle intenzionalità plurali che si sviluppano nel lavoro condiviso. Due punti strategici per osservare come sono costruiti i fenomeni sociali e per meglio comprenderne le forme prima di passare all’azione diretta sul campo.

I livelli di corresponsabilità ci fanno capire quanto c’è una visione singolare o plurale nell’affrontare le questioni educative, se ci sono alleanze e reti tra agenzie del territorio, se c’è una buona comunicazione tra le parti, se le risorse (poche) sono sistematizzate, se vi sono esperienze dirette di azione condivisa…

Rispetto alle intenzionalità è bene prestare attenzione alle direzioni di riflessione e progettazione intraprese con la cittadinanza e, in primo luogo, mettere a fuoco quali sono le prospettive di sviluppo valorizzate e che vedono il territorio concorde. L’intenzionalità ci riporta, infatti, alla progettualità, come elemento di continuità e di prospettiva verso la costruzione di obiettivi di crescita congiunti.

Aprire dialoghi di compartecipazione richiede il consolidamento o l’avvio di legami di fiducia e di reciprocità in cui i soggetti-attori si sentano effettivamente appartenenti alle realtà locali e, per questo, possano investire tempi e spazi del loro quotidiano per dare forma a comunità aperte e inclusive.

Attori e non spettatori, quindi, come portatori di interesse, persone attive e protagoniste dell’esperienza di vita tra il continuo e necessario equilibrio tra fragilità/risorse. Si tratta di interagire tra identità e differenze, di superare le barriere delle classi di età, delle culture, dei generi… per consolidare interazioni sempre più umane e umanizzanti, che possano incrementare il bisogno e il desiderio di diventare cittadini attivi, di condividere un contributo o una difficoltà in luoghi da abitare e non solo in cui transitare.

Per l’educatore si tratta di valorizzare e interagire con attori sociali che non si ripiegano sull’io ma che, gradualmente, si aprono al collettivo. Ed è proprio nell’affrontare tale passaggio che, spesso, si necessita di un maggiore incoraggiamento e motivazione, anche in vista di sistemi di supporto e sviluppo differenti da quelli proposti dal welfare tradizionale. Andando, quindi, a ricercare le trasversalità dei bisogni e delle risorse che emergono dai territori e creando canali di dialogo e tavoli di concertazione, per mettersi in rete e prospettare linee, orientamenti e modalità di sviluppo comunitario.

La prospettiva educativa non può che essere declinata al plurale, in una spirale di partecipazione fondata sul “fare insieme” e su condividere i conseguenti risultati e/o fallimenti. Sperimentarsi parte attiva sul palcoscenico della vita locale richiede agli attori sociali di sviluppare progetto di ben-essere comune in continua evoluzione e ridefinizione: non c’è un copione pre-fissato ma, piuttosto, la dimensione più rilevante è quella dell’interazione congiunta tra le parti che formano un tutto costituito dai legami significativi.

“Lo spettacolo” del divenire cittadinanza attiva, del risvegliare territori incerti, di sollecitare la nascita e il consolidamento tra soggetti singoli e complessi, conduce alla fruizione congiunta degli esiti “messi in scena” tra chi interagisce nei percorsi educativi, producendo cambiamenti e attraversando modalità di progettazione partecipata aperte, dialogiche e problematizzanti.

 

 


 

BIBLIOGRAFIA

 

Cadei, R. Deluigi, Fare per, fare con, fare insieme. Progetti di cittadinanza tra scuole e famiglie, Junior, Bologna 2016 (in press).
Deluigi, Y. Logashenko, P. Toropov, Active Citizenship And Prosocial Cooperation. Theory and Practice of Inclusive Education, ARAS, Fano 2015.
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