Il tirocinio universitario come un knotworking

a cura di Stefano Bonometti [1]


L’esperienza di tirocinio nel contesto universitario (e non) coinvolge una pluralità di attori e una molteplicità di fattori fra loro in rapporto sistemico. Fra questi è necessario mettere in evidenza:

1 Il tirocinio come artefatto condiviso

Come già osservato, il tirocinio può correre il rischio di ridursi a semplice scambio tra tirocinante e tutor accogliente oppure, in una visione più efficace, rappresenta un’occasione in cui l’università e l’ente accogliente (la scuola per i futuri insegnanti) e la comunità locale possono cogliere l’occasione per raggiungere specifici risultati. Il peso di questa integrazione non può quindi essere riversato sui soli studenti: deve al contrario essere accompagnato da una costante relazione di qualità elevata tra docenti universitari, supervisori interni e responsabili e tutor dei servizi. Tale relazione è necessaria alla progettazione del tirocinio, alla pianificazione dell’esperienza da proporre allo studente tirocinante, alle fasi di inserimento dello studente stesso, durante lo svolgimento, nonché al termine delle singole esperienze per valutarne l’efficacia. Questo partenariato[2] è finalizzato al confronto fra le teorie e gli strumenti dell’una e dell’altra parte e ad un reciproco arricchimento culturale e professionale.

Il percorso di tirocinio richiede uno sforzo di co-progettualità da parte dei soggetti coinvolti in modo che vi sia la possibilità formulare e condividere gli obiettivi che dovranno contenere le attese di ciascuno. Solo se i soggetti divengono effettivi “portatori di interessi” (stakeholeder) sull’esperienza di tirocinio vi è la possibilità che si attivino le condizioni in base alle quali vi sia una corresponsabilità al raggiungimento dei traguardi e la realizzazione di un percorso efficiente ed efficace. Ciò consente ai diversi interlocutori un miglioramento continuo e il tirocinio diviene un’esperienza di reale e concreto apprendimento organizzativo. Secondo Engeström e Tuomi-Gröhn[3], nel momento in cui due o più sistemi di attività condividono un “object”, un problema, una questione, un progetto (boundary object), e si prodigano per raggiungere un outcome, vi è la possibilità di percorrere un processo di expansive learning, ovvero un percorso di apprendimento individuale e organizzativo frutto della co-costruzione sociale di nuovi strumenti e nuovi modelli di lavoro.

Il tirocinio inteso come boundary-object si presenta come un artefatto culturale nell’accezione che emerge da Rossi e Toppano[4] secondo i quali l’artefatto rappresenta il valore socio-culturale delle pratiche del lavoro attivate per realizzarlo. Gli artefatti presuppongono un progetto, uno scopo e di conseguenza un’intelligenza capace di attività creativa. Possono essere intesi come entità ideate, progettate e costruite intenzionalmente per raggiungere uno o più scopi (outcome); inoltre, l’artefatto, può essere visto come un sistema, ovvero una struttura costituita da parti e da relazioni appartenenti ad uno o più ambienti in continua interazione[5]. Nel momento stesso dell’utilizzo, produce un cambiamento delle capacità umane degli utilizzatori, e attraverso l’interazione (finalizzata alla costruzione di un senso comune) porta ad una nuova costruzione, inizialmente contestualizzata e soggettiva, del mondo che li circonda. Tale costruzione non sarebbe esistita senza l’artefatto che, attraverso il processo di mediazione, porta ad una nuova conoscenza, quindi non più soggettiva e contestualizzata, ma collettivamente condivisa e distribuita, influenzando così la realtà grazie all’innovazione apportata.

 

2 La progettazione

Il tirocinio è una particolare esperienza di apprendimento sul campo, che richiede a livello istituzionale una progettazione generata da uno sforzo di collaborazione fra ente di formazione e contesto di lavoro, in questo caso fra Università e Scuola. Un’integrazione fra i due sistemi organizzativi al fine di far convergere le reciproche attese e necessità. Nell’ambito della formazione dei docenti, le singole scuole ospitanti hanno l’opportunità di investire l’esperienza di tirocinio di un’attesa relativa a specifici obiettivi organizzativi interni, ad es. la sperimentazione di alcuni strumenti didattici, l’osservazione di alcune dinamiche d’aula, la richiesta di un contributo sperimentale e/o riflessivo su alcuni progetti. Ciò che è importante è considerare il tirocinio dei novizi come un’opportunità di crescita per l’organizzazione stessa.

Nella progettazione del tirocinio e nella pianificazione delle attività operative è opportuno che prenda in considerazione questo spazio di “interesse”[6] che la scuola stessa è intenzionata a conseguire. Al tempo stesso, l’università è opportuno che rivolga lo sguardo sia alle singole esperienza di tirocinio e sappia cogliere all’interno di questo prezioso “contesto di apprendimento” l’opportunità per fare ricerca, ad esempio per conoscere le modalità di apprendimento dall’esperienza, le esigenze di costruzione della professionalità, lo studio di specifici strumenti, l’efficacia delle metodologie prescelte.

Per quanto concerne la pianificazione delle attività, la dimensione della progettualità si concretizza in un percorso di sviluppo delle competenze attraverso una sinergia con le esperienze che si svolgono nelle singole scuole. In questo caso diviene centrale la ricerca di integrazione fra caratteristiche del contesto e le attese dell’allievo, in modo che si possa compiere un percorso progettuale e intenzionalmente pianificato. Il modello didattico a cui è proficuo riferirsi è quello della ricerca-azione intesa come “studio sistematico dei tentativi intrapresi dai partecipanti per cambiare e migliorare la prassi lavorativa sia attraverso le loro azioni pratiche sia attraverso la loro riflessione sugli effetti di queste azioni”[7]. La ricerca-azione non mira a fornire dati generalizzabili, i risultati di un qualsiasi progetto di ricerca-azione sono da considerarsi pertinenti solo per il contesto preciso al quale è legato. Altresì la ricerca-azione parte da situazioni concrete ed i risultati vanno direttamente e immediatamente ad informare quella stessa situazione concreta indicando la traiettoria di miglioramento. In altre parole, il quadro concettuale di riferimento nella predisposizione dell’attività di tirocinio è quello di individuare questioni problematiche, object specifici, contraddizioni aperte che provocano le precomprensioni dei tirocinanti e spronano un percorso di ricerca per ritrovare nuovi schemi d’azione e di significato.

L’osservazione, la sperimentazione, l’interpretazione, il debriefing divengono azioni didattiche irrinunciabili per pro-vocare e pro-muovere l’apprendimento a partire dai vissuti. La condivisione da parte della scuola accogliente degli outcome è segno di uno specifico interesse per il miglioramento continuo delle pratiche professionali e per il riconoscimento al tirocinante di un ruolo significativo (e non solo ospite passivo).

 

3 L’attesa del tirocinante

L’avvio dell’esperienza di tirocinio non può tralasciare le aspettative degli studenti, non tanto per una sorta di customer satisfaction, quanto per comprendere effettivamente il punto di partenza, la mappa concettuale con cui il tirocinante si crea l’immaginario rispetto all’esperienza che andrà a vivere. E’ opportuno che non sia il caso a guidare la validità di un’esperienza di tirocinio, ma un’intenzionalità strategica che non esclude spazi di frustrazione e non si limita ad architettare percorsi edulcorati. Sia la frustrazione che le soddisfazioni divengono strumenti da coordinare in sinergia tra tutor accogliente e supervisore interno all’università per dare spessore formativo all’esperienza stessa.

In particolare, nella fase che precede il tirocinio, l’allievo vive sensazioni di sospensione, attesa, prefigurazione del futuro, con l’intento di ricercare conferme e trovare sollecitazioni. E’ un momento fortemente connotato emotivamente e governare l’ansia e l’attesa è già parte del processo formativo. Tutto ciò costituisce il background dal quale i mediatori (tutor accoglienti e supervisori interni) avviano il loro lavoro, promuovendo spazi di confronto e debriefing, per cogliere scostamenti, adattamenti, modifiche e specifici apprendimenti. Al riguardo, l’opinione espressa da alcuni studenti del Corso di Laurea in Scienze della Formazione Primaria all’interno di una ricerca in corso presso l’università del Molise è rappresentata dalla riflessione di seguito riportata:

«Riflettendo su questa attesa credo che se l’esperienza del tirocinio del II anno ci ha dato la possibilità di “annusare” quantomeno l’aria della scuola pubblica locale mi auguro e penso che l’esperienza di questo tirocinio sia ben più intensa […]. E’ questo, infatti quello che mi aspetto adesso: un dialogo e un lavoro costruttivo per me con le insegnanti che incontrerò in questo percorso e soprattutto un dialogo con i bambini vivo e ricco di stimoli sia per me che per loro».

Si intravede come l’esperienza precedente abbia lasciato un particolare vissuto che viene immediatamente riversato sulla nuova esperienza, coniugata con i propri desideri. I supervisori interni e i tutor accoglienti alla luce di questi dati possono attuare una strategia personalizzata, integrando momenti di confronto e di riflessione, interni all’università, ed eventi tipici nell’esperienza sul campo. Alcune ricerche nell’ambito delle metacognition[8] affermano che le strutture concettuali sviluppate da bambini, ragazzi e adulti non esperti in un dominio di conoscenze sono theory like, ossia insiemi di conoscenze coerenti e connesse originate da osservazioni ed esperienze in cui le relazioni che le regolano sono invariabili e uniformi, di tipo ingenuo e la causa è considerata sempre condizione necessaria e sufficiente e vi è una stretta contiguità temporale e spaziale tra causa ed effetto. Per condurre i learner verso una conoscenza esperta e più complessa è auspicato proporre quattro strategie efficaci: a) far esplicitare le proprie concezioni attraverso l’utilizzo di mappe e la proposta di lavori su caso; b) affinare la consapevolezza delle proprie e altrui concezioni attraverso discussioni di gruppo evidenziando punti di forza e punti di debolezza; c) pro-vocare una dissonanza tra le teorie ingenue e le teorie esperte attraverso il metodo del conflitto cognitivo; d) stimolare l’accomodamento cognitivo e l’elaborazione di un nuovo modello. Il confronto fra le aspettative e la realtà attraverso specifici setting di riflessione e condivisione offrono al tirocinante la possibilità di comprendere se è in grado di trovare in sé stesso gli stimoli per affrontare criticamente la professione, valutare la consistenza delle sue motivazioni, verificare la padronanza dei propri saperi, prendere consapevolezza delle proprie caratteristiche, conoscere la pluralità delle situazioni, individuare i propri margini di miglioramento

 

4 Lo svolgimento

Come già anticipato il modello della ricerca-azione può divenire il riferimento metodologico per l’organizzazione didattica del tirocinio. Il percorso richiede la definizione di alcuni compiti autentici[9] che trainano la motivazione e l’impegno dell’allievo. La ricerca necessaria per decodificare il compito e la co-costruzione della “soluzione” con il supporto del tutor accogliente e della stessa “comunità di pratica”, nonché lo spazio di debriefing interno al proprio gruppo di lavoro, rappresentano quel educational path[10] che porta a raggiungere la propria zona prossimale di sviluppo delle competenze[11] e trasformare il fare concreto in patrimonio di sapere pratico. L’esperienza concreta porta gli allievi a rendersi conto che atteggiamenti legati all’entusiasmo, il buon senso, la vicinanza emotiva non bastano più, non sono sufficienti da soli, e che per divenire professionista è importante conoscere le questioni fondamentali e elaborare le proprie competenze in rapporto alla realtà vissuta. I ruoli di mediazione (cultural broker) diventano in questo caso fattori centrali per accompagnare la trasformazione delle prospettive, degli schemi di significato, delle mappe concettuali e ad uno sviluppo delle competenze.

Raggiungere una maturità rispetto alle disposizioni personali rappresenta una finalità fondamentale per un’entrata in ruolo in termini professionali. Al riguardo hanno un peso rilevante in questo processo di apprendimento:

Identità di ruolo: è importante che l’esperienza sul campo favorisca e promuova nei novizi una forte identità di ruolo, espressa non solo da un modus operandi, ma anche da una percezione di sé legata ad una specifica comunità di pratiche. Ciò sostiene il senso di sicurezza sia in relazione alle attività da svolgere sia in relazione ad altri interlocutori professionalmente e gerarchicamente differenti.

Senso di coinvolgimento: la maggior parte dei novizi ritiene decisivo avere opportunità che sollecitano il coinvolgimento nei processi di lavoro, la percezione del sentirsi parte del team di lavoro, una sorta di immersione nel contesto di lavoro. Ciò sostiene la fiducia in se stessi, la possibilità di mettersi alla prova e sentirsi compresi anche nel momento dell’errore.

Senso di responsabilità e autonomia: a livello personale assume un valore significativo, dal punto di vista dell’attivazione dei processi di apprendimento, favorire nei novizi un progressivo sviluppo del senso di responsabilità e di autonomia. Questo permette di procedere verso la maturità professionale e l’aumento di consapevolezza delle proprie capacità, in un contesto professionale che richiede collaborazione e sinergia.

L’attività di tirocinio alla luce dei criteri presentati offre l’opportunità di attivare un processo di apprendimento che può definirsi significativo nel momento stesso che:

  • favorisce lo sviluppo di metacompentenze, le quali rendono l’allievo in grado di rielaborare i saperi maturati in uno specifico contesto e trasferirli in altri contesti differenti;
  • sostiene l’attivismo creativo del tirocinante, lo anima, lo ri-vitalizza[12] e lo responsabilizza di fronte alle incombenze quotidiane e alle sfide poste dal futuro;
  • costruisce attivamente una propria concezione della realtà attraverso un processo di integrazione di molteplici prospettive offerte.

Un punto di riferimento per una pianificazione dell’azione didattica che mira ad un apprendimento efficace nell’ambito del tirocinio è espresso in modo esauriente dallo schema di Jonassen[13] che mette in evidenza 7 aspetti centrali dell’ “apprendimento significativo”, in particolare si contraddistingue per essere:

 

  1. attivo
  2. collaborativo
  3. costruttivo
  4. internazionale
  5. contestualizzato
  6. riflessivo
  7. conversazionale

 

Le voci che vengono evidenziate possono essere ricondotte a specifici dispositivi didattici con il fine ultimo che non si limita all’acquisizione di specifici contenuti pre-strutturati e dati una volta per tutte, bensì di promuovere l’interiorizzazione di una metodologia d’apprendimento che renda progressivamente il soggetto autonomo nei propri processi conoscitivi.

 

5 Learning contract e monitoraggio

Alla base di un percorso di apprendimento significativo si pongono due momenti salienti, il patto relazionale e il monitoraggio in itinere. In ricerche relative alle esperienze di tirocinio[14] anche in ambito internazionale[15], si rivela che una forma di accordo fra i soggetti protagonisti dell’esperienza di tirocinio rafforza la probabilità di raggiungere gli obiettivi formativi attesi. Questo patto relazionale, solitamente denominato learning contract[16], può essere redatto in un documento formale nel quale è necessario che siano indicati gli obiettivi formativi che l’allievo si impegna a raggiungere, le strategie, le modalità e le risorse attraverso le quali raggiungere gli obiettivi formativi concordati; i tempi necessari e la modalità con la quale valutare il successo del percorso. La stesura e la stipula di un learning contract è già di per sé una competenza alla quale tendere e non sempre già padroneggiata dagli allievi. La proposta, la compilazione e la condivisione con tutor interni e accoglienti risponde ad un primo livello di autonomia e consapevolezza delle proprie risorse e delle proprie aree di miglioramento, aspetti che diventano centrali nella fasi di monitoraggio del percorso e nel momento di valutazione e auto-valutazione finale. Lo strumento mette in evidenza le percezioni iniziali con cui il tirocinante si approccia all’esperienza e coloro che hanno un ruolo di mediazione possono attraverso un’attenta analisi iniziale, il debriefing e durante il monitoraggio osservare e consolidare le trasformazione e le acquisizioni raggiunte dall’allievo.

Per quanto concerne il monitoraggio è affermato in numerosi lavori sulla valutazione come esso rappresenti un feedback formativo permanente durante lo svolgimento del percorso di apprendimento. E’ un rimando formativo in quanto non mira al giudizio e alla certificazione finale dei saperi raggiunti, quanto ad indicare le micro regolazioni che è necessario attuare durante il percorso, al fine di ricercare il migliore equilibrio fra tre variabili che caratterizzano l’azione formativa: la persona, i contenuti e il contesto. All’interno di questa azione plastica e in continua evoluzione diviene fondamentale, il controllo in itinere, il feedback costante con l’intento di supportare la persona, adeguare i contenuti e allineare il contesto per un’efficacia complessiva.

Il monitoraggio è una specifica fase del processo di valutazione e richiede la formulazione di indicatori attraverso cui esprimere il feedback alla luce del contract learning condiviso all’inizio del percorso. Inoltre, è necessario che siano definite precise modalità di codifica delle informazioni raccolte dato che non sempre è possibile avere prove e dati oggettivi su cui esprimere una valutazione. Non da ultimo rientra un corretto atteggiamento di colui che deve svolgere la funzione di monitoraggio.

Fornire un rimando riguardo il livello di padronanza di un repertorio di competenze dimostrato durante lo svolgimento della performance di tirocinio è un’operazione che richiede un elevato livello metodologico e una particolare attenzione alle relazioni. Nei casi in cui si è rilevata un’elevata efficacia del tirocinio si evidenzia una richiesta, da parte dell’allievo al tutor, di feedback sia durante l’attività di tirocinio, sia nei luoghi di rielaborazione in università.

Il monitoraggio richiede l’esercizio di uno sguardo sistemico, ecologico, multilivello in cui rientra: a) un’osservazione riferita alla percezione di sé del tirocinante in ordine all’esperienza in corso; b) un valutazione che prende origine da un consenso espresso da tutti coloro che sono in qualche modo coinvolti nel processo valutativo; c) una raccolta di elementi informativi sufficientemente pertinenti, validi e attendibili che vengono a costruire un insieme di indicatori di competenze.

La scelta dello strumento di monitoraggio per valutare lo sviluppo delle competenze può spaziare da una check-list alla realizzazione di una narrazione relativa alla “storia di vita professionale”. Di fatto, dato l’elevato coinvolgimento personale nello svolgimento di competenza, diviene più efficace coinvolgere l’interessato attraverso strumenti di natura qualitativa, dal colloquio alla narrazione dei vissuti, come il racconto degli incidenti critici e dei successi conseguiti. Attraverso il racconto (scritto o orale) il tirocinante può riportare i fatti vissuti, le sue interpretazioni, le percezioni relative alle relazioni con altri ruoli e all’esercizio delle competenze. Attualmente anche l’utilizzo di diari personali, più o meno informatizzati (blog personale e/o di gruppo) offrono uno spazio individuale e poi di gruppo per riflettere e rielaborare l’esperienza condotta. La mediazione del tutor si rivela quindi alquanto importante per guidare i novizi verso il processo di consapevolezza della propria professionalità.

 

 

[1] Tratto da Bonometti S. (2013), Lavorando s’impara. Riflessioni didattiche sulla formazione esperienziale, Pensa Multimedia, Lecce-Brescia., pp.53-64

[2] M. Castoldi, E. Damiano, A.M. Mariani (2007), Il Mentore. Manuale di tirocinio per insegnanti in formazione, FrancoAngeli, Milano.

[3] T. Tuomi-Gröhn, Y. Engeström (Eds.), New perspectives on transfer and boundary crossing, Pergamon, Amsterdam, 2003

[4]P.G. Rossi, E. Toppano, Progettare nella società della conoscenza, Carocci, Roma.

[5] Ibidem, p. 22-23.

[6] Con il termine “interesse” si rimanda direttamente all’ambito semantico del termine “stakeholder, il portatore di interesse riguardo all’andamento efficace di una realtà organizzativa no profit.

[7] D. Ebbut, Educational Action Research: Some General Concerns and Specific Squibbles in R.G. BURGESS (ed.), Issues in Educational Research: Qualitative Methods, The Falmer Press, London, 1995.

[8] A. Antonietti, Psicologia dell’apprendimento. Processi, strategie e ambienti cognitivi, La Scuola, Brescia, 1998.

[9] M. Castoldi, Curricolo per competenze: percorsi e strumenti, Carocci, Roma, 2013

[10] P. Doray, F. Picard, C. Trottier, A. Groleau, Educational Pathways: Some Key Concepts, The Canada Millennium Scholarship Foundation, Montreal 2009.

[11] T. Tuomi-Gröhn, “Developmental transfer as a goal of collaboration between School and Work”, in An International Journal of Human Activity Theory, n.1, 2007, pp.41-62.

[12] P. Triani, Sulle tracce del metodo: educatore professionale e cultura metodologica, Educatt, Milano, 2002.

[13] D.H. Jonassen, “Thinking technology, toward a costructivistic design model”, in Educational technology, n. 34, Aprile, 1994, pp. 34-37.

[14] M. Castoldi, E. Damiano, A.M. Mariani, Il Mentore. Manuale di tirocinio per insegnanti in formazione, cit.; L. Czerwinsky Domenis, B. Grassilli (a cura di), Nuovi contesti della formazione. Pratica professionale e processi riflessivi nel tirocinio, cit.; L. Saiani, S. Bielli, O. Marognolli, A. Brugnolli, “Documento di indirizzo su standard e principi del tirocinio nei CL delle Professioni Sanitarie” in Medicina e Chirurgia. Quaderni delle Conferenze Permanenti delle Facoltà di Medicina e Chirurgia, n.47, 2009, pp. 2036-45; S. Bonometti, Pratiche di formazione. Esperienze di apprendimento nei contesti operativi, SIMPLE, Macerata, 2009.

[15] T.N. Garavan, P. Sweeney, “Supervisory Training and Development: The Use of Learning Contracts”, in  Journal of European Industrial Training, Vol., n.18/ 2, 1994; T. Tuomi-Gröhn, “Developmental transfer as a Goal of Collaboration between School and Work”, in International Journal of Human Activity Theory, n.1, 2007, pp.41-62; T. Tuomi-Gröhn, Y. Engeström (Eds.), Between School and Work: New Perspectives on Transfer and Boundary Crossing, Pergamon, Amsterdam, 2003.

[16] M. Laycock, J. Stephenson (eds), Using Learning contracts in Higher Education, Kogan Page, London, 1992.