Peer education

a cura di Mariangela Vitone

L’espressione peer education si riferisce a quella proposta educativa attraverso la quale, in un gruppo, alcuni soggetti (peer educators) vengono scelti (e formati) per svolgere il ruolo di educatore nei confronti degli altri membri dai quali, però, sono percepiti come loro simili per età, condizione lavorativa, provenienza culturale, esperienze, etc.. I peer educators, permettendo il confronto tra pari senza ‘timori riverenziali’, attivando il confronto tra le esperienze e fungendo da agenti di socializzazione, mettono in atto interventi educativi rivolti alla maturazione, da un lato, di livelli di consapevolezza rispetto alle tematiche oggetto del percorso educativo e, dall’altro, rivolti alla presa di coscienza del ruolo che ciascun elemento del gruppo può assumere, delle conseguenze delle singole azioni e, conseguentemente, favoriscono l’attuarsi di processi rivolti alla maturazione di consapevolezza della responsabilità nei confronti delle proprie scelte.

La peer education, quindi, attraverso il confronto e la lente dei ‘pari’, si prefigge il compito di ‘leggere’ le esperienze di ciascun membro del gruppo, collocarle all’interno di un quadro più ampio e definito, e di favorire lo sviluppo di un pensiero critico sui propri comportamenti.

La peer education è «un intervento che mette in moto un processo di comunicazione globale, caratterizzato da un’esperienza profonda ed intensa e da un forte atteggiamento di ricerca di autenticità e di sintonia tra i soggetti coinvolti. Questa pratica va oltre la consueta pratica educativa e diviene una vera e propria occasione per il singolo soggetto, il gruppo dei pari o la classe scolastica, per discutere liberamente e sviluppare momenti transferali intensi» (Panzavolta 2004).

Il legame di similarità percepito tra i soggetti coinvolti in interventi di peer education, quindi, è alla base della loro efficacia: sentire una qualche comunanza con le altre persone coinvolte, condividere con loro simili problematiche o esperienze comuni, ‘rivedersi’ nelle altrui azioni/situazioni, etc., favoriscono la credibilità e l’efficacia della comunicazione educativa. I pari, infatti, sono visti come modelli attraverso i quali rileggere le proprie esperienze e, in tal modo, da un lato, acquisire conoscenze e competenze di varia natura e, dall’altro, modificare i propri comportamenti e i propri atteggiamenti.

Privilegiare la dimensione orizzontale nella condivisione di saperi ed esperienze tra i membri di un gruppo, a partire dalla considerazione che la parità può rappresentare una possibile spinta al cambiamento, fa della peer education una strategia educativa volta ad attivare un processo naturale di cambiamento: nella peer education, infatti, attraverso la comunicazione tra pari, ossia il trasferimento spontaneo di esperienze, conoscenze tra soggetti appartenenti ad uno stesso gruppo o contesto sociale, i membri di un gruppo diventano soggetti attivi del loro sviluppo e della loro formazione, non semplici recettori di contenuti, valori ed esperienze trasferiti da un professionista esperto. Tale processo si innesca a partire dal confronto tra punti di vista diversi, attraverso lo scambio di idee e la condivisione delle esperienze, a seguito dell’analisi dei problemi individuali e/o comuni e della ricerca delle possibili soluzioni.

Anche l’eventuale apporto di contributi da parte di esperti si inserisce in tale prospettiva secondo la quale la comunicazione deve avvenire, secondo l’approccio della peer education, in mniera orizzontale.

Tale approccio, sicuramente nuovo, trova radici nel passato: si pensi ai numerosissimi studi di noti antropologi, come ad esempio van Gennep (1909) e Bourdieu (1998), che narrano delle cerimonie di iniziazione, ossia dei riti di passaggio all’età adulta, consistenti nel superamento di una serie di prove collettive in cui la collaborazione del gruppo era fondamentale per il passaggio allo status successivo. Per dirla con A. Gnemmi e P. Ottolini, «si ritrovano in questi riti antichissimi molti dei principi ispiratori della peer education moderna, come la fondazione del gruppo quale elemento portante del rinnovamento della comunità, l’assunzione di responsabilità, la valutazione del rischio, la cooperazione tecnica e soprattutto affettiva. Inoltre in questi contesti è interessante notare come gli adulti, pur disponendo le ritualità di queste attività, lascino a un certo punto soli i giovani, come momento di prova, ma anche come atto di fiducia» (Gnemmi, Ottolini, 2014, p. 67).

Negli ultimi decenni la peer education è stata legata ad aspetti e contesti differenti come, ad esempio, ad interventi formativi diretti alla prevenzione dall’Hiv in gruppi di adolescenti. In quest’ultima esperienza, ad esempio, la peer education è stata vista come lo strumento più consono per educare i giovani ad una maggiore consapevolezza rispetto a questo tipo di tematiche: avere la possibilità di riconoscersi nelle esperienze di un proprio pari, infatti, può avere un’incidenza maggiore rispetto al dover osservare determinati atteggiamenti suggeriti da un adulto. L’altro diventa uno specchio in cui riflettersi e grazie al quale comprendere se stessi, favorendo una maggiore accettazione del proprio status e una nuova percezione della propria identità (Cooley, 1902).

Negli ultimi anni tali approcci hanno avuto larga diffusione soprattutto nell’utilizzo dei nuovi media digitali la cui diffusione ha modificato e continua a mutare sempre più le modalità di interazione tra gli individui.  Infatti si è affermata la cosiddetta “lingua digitale universale”: quest’ultima «sta modificando radicalmente nel mondo contemporaneo sia l’accesso alla conoscenza sia i contenuti di conoscenza e, per tale via, sta influenzando anche gli stili mentali di costruzione della conoscenza e, in tal modo, anche le forme e le dinamiche della comunicazione umana» (Orefice, 2006, p. 40).

Le relazioni interpersonali sono sempre più legate alla “portabilità” dei nuovi strumenti mediali; avere la possibilità di essere sempre connessi con uno smartphone è fonte di rassicurazione: «da soli non valiamo nulla e solo in relazione agli altri e agli artefatti di cui ci circondiamo diventiamo intelligenti» (Ottolini, Rivoltella, 2014, p. 40).

Inoltre l’innovazione tecnologica mediante l’utilizzo della rete consente di attraversare, reinterpretare e riscoprire esperienze e opportunità note e desuete alla luce delle molteplici contaminazioni che la scrittura multimediale e reticolare rende possibile, aprendo la via a percorsi e contaminazioni tutti da esplorare. Le nuove forme di comunicazione hanno determinato connotazioni positive: permettono un apprendimento svincolato dai contesti spazio-temporali, in quanto le informazioni sono reperibili ovunque e in ogni momento, i messaggi possono essere modificati (editabilità della comunicazione), i soggetti possono confrontarsi ed è possibile costruire un iter personale di conoscenza.

La peer education promuove questo tipo di approccio e fa in modo che tutti gli utenti siano coinvolti nel processo di apprendimento, annullando la distinzione tra formatori e soggetti destinatari del processo formativo e determinando, inoltre, il passaggio da una comunicazione di tipo unidirezionale ad una comunicazione bidirezionale o circolare.

Il soggetto in formazione assume un ruolo centrale e strategico per l’intero processo di formazione, non solo in un’ottica di personalizzazione, ma proprio a livello di progettazione del processo. Le persone coinvolte diventano contemporaneamente lettori e scrittori dell’intero processo, con il conseguente accrescimento di ciascun membro del gruppo. Ciò implica che non ci sia solo una semplice condivisione di contenuti, bensì un interscambio “produttivo”, che generi circostanze educative nuove.

In questo senso si può parlare di vere e proprie “comunità di apprendimento”, in cui ciascuno contribuisce in maniera cooperativa alla costruzione di conoscenza, creando un clima di co-costruzione reciproca, grazie a strumenti e precise disposizioni che orientino ciascun membro del gruppo ad una maggiore consapevolezza dell’ambiente di appartenenza e degli attori coinvolti nel processo di apprendimento. Dunque creare un contesto di apprendimento cooperativo implica necessariamente avere delle abilità sociali, una maggiore apertura allo scambio di esperienze e competenze: «è donando che ci si dichiara concretamente pronti a giocare il gioco dell’associazione e dell’alleanza e che si sollecita la partecipazione degli altri allo stesso gioco […]. L’obbligo che ci fa il dono è un obbligo di libertà» (Caillè, 1998, pp. 12-13).

I valori insiti nell’educazione alla socialità spingono la comunità dei pari verso una cittadinanza attiva e partecipativa e fanno della peer education un processo educativo armonico che si compone di strumenti innovativi e alternativi grazie ai quali è possibile un maggiore coinvolgimento degli studenti mediante pratiche partecipative che stimolano lo studente alla creazione di un nuovo ambiente volto alla generazione di responsabilità.


 

BIBLIOGRAFIA

Bourdieu P. (1998: tr.it. 1999), Il dominio maschile (La domination masculine, Paris 1998), Milano: Feltrinelli.
Caiilé A. (1998), Il terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono, Torino: Bollati Boringhieri.
Gnemmi A., Ottolini P., La Peer Education: una strategia flessibile tra scuola, territorio e web, in Ottolini G., Rivoltella P.C. (eds), Il Tunnel e il Kayak, Teoria e Metodo della Peer & Media education, Franco Angeli, Milano.
Orefice P. (2006), La rivoluzione della conoscenza in rete: una sfida per la formazione senza confini , in Frauenfelder E., Santoianni F. (eds), E-learning. Teorie dell’apprendimento e modelli della conoscenza, Milano: Guerini e Associati.
Panzavolta S., Peer education: l’educazione tra pari che passa conoscenze. L’educazione fra pari per sviluppare il sapere, modi di fare, credenze e abilita e per far crescere la responsabilità. on-line: http://www.bdp.it/content/index.php?action=read&id=1133.
Van Gennep A. (1909: tr.it. 2002), I riti di passaggio (Les rites de passage, Paris 1909), Torino: Bollati Boringhieri.