Il paradigma indiziario

di Alessandra Pantaleone

 

Lo storico italiano Carlo Ginzburg in Miti emblemi e spie (1986) paragona il metodo investigativo di Sherlock Holmes, quello del medico e storico dell’arte Giovanni Morelli e quello di Sigmund Freud, accomunandoli sotto la definizione di “paradigma indiziario”. Esso è definito “paradigma” per intendere una costruzione concettuale complessiva (Kuhn), capace di determinare una particolare tradizione di ricerca. Il metodo si sviluppa dapprima in ambito artistico, a fronte della necessità di attribuire con esattezza ogni quadro al suo vero autore. Spesso, infatti, a fronte di opere non firmate o in cattivo stato di conservazione, non era possibile distinguere le imitazioni dalle originali. Giovanni Morelli propone il “metodo morelliano”, che sottolinea l’importanza di esaminare i dettagli secondari (le orecchie, le unghie, la forma delle mani), i particolari apparentemente insignificanti, le caratteristiche più trascurabili e meno percettibili, anziché i tratti fondamentali dell’opera complessiva, poiché più difficilmente imitabili. Castelnuovo paragona il metodo indiziario di Morelli al procedere del detective, il quale scopre l’autore del delitto sulla base di indizi impercettibili ai più. Il paradigma indiziario è, infatti, “la proposta di un metodo interpretativo imperniato sugli scarti, sui dati marginali, considerati come rivelatori. Considerati di solito senza importanza, o addirittura triviali, “bassi”, essi forniscono la chiave per accedere ai prodotti più elevati dello spirito umano” (Idem, p.164). Essi sono considerati “rivelatori” proprio perché sfuggono al controllo dell’artista, facendo emergere tratti individuali intimi, sottratti al controllo della coscienza. Ginzburg individua nello stesso Freud, nel saggio Il Mosè di Michelangelo (1914), analogie con la tecnica attuata dalla psicoanalisi, la cui materia di osservazione si basa proprio sugli aspetti poco appariscenti, dei piccoli indizi che si rivelano indice di qualcosa di più grande e sommerso. Ne sono un esempio i lapsus, gli atti mancati, che vengono considerati da Freud come atti psichici pienamente validi, con un loro fine, un loro contenuto e un significato. L’interpretazione, basata sulle indagini indiziarie, è volta alla ricerca del senso nascosto. Ne è un esempio l’interpretazione dei sogni (1899), la quale permette di scoprire il funzionamento della psiche, l’esistenza dell’inconscio e la sua influenza sulla vita conscia. Il paradigma indiziario, criticato per una presunta mancanza di scientificità, in quanto non perviene a teorie  e a un sapere generalizzabili e ripetibili, è stato introdotto e ampliamente utilizzato nelle scienze umane, poiché più sensibile allo studio dei singoli casi e alla loro intrinseca complessità. Si configura come una prospettiva di ricerca, descrittiva e qualitativa, volta a consentire la comprensione di “fenomeni sociali, individuali e situazionali attraverso l’attenzione per il particolare” (Demetrio, 1992, p. 82). L’obiettivo della ricerca qualitativa “è idiografico, ovvero […] ha per oggetto di studio il particolare, il singolo, invece della legge generale” (Coggi, Ricchiardi, 2005, p. 22). Le ricerche qualitative “non si pongono l’obiettivo di generalizzare i risultati ottenuti, in quanto ritengono impossibile tenere in conto tutte le differenze individuali e le variabili contestuali che possono influenzare l’esito della ricerca” (Coggi, Ricchiardi, op. cit., pp. 26-27). L’obiettivo non è pervenire a una “verità assoluta”, ma avvicinarsi a una comprensione quanto più profonda del fenomeno indagato (Caronia, 1997), partendo dagli indizi, dalle tracce di cui si dispone. Dal punto di vista metodologico, la scelta di tale paradigma è di ricorrere a procedure d’indagine induttive che, partendo dai dati raccolti, pervengono alla costruzione di un sapere. Per questo scopo, tale approccio si avvale di strumenti d’indagine qualitativi e descrittivi, che consentono di approfondire i fenomeni indagati e di restituirne la complessità, “senza l’esigenza assolutistica e totalizzante di giungere a dover esporre delle leggi di spiegazione completamente generalizzabili e sempre ripetibili nello stesso modo” (Riva in Marsicano, 1998, p. 401).

 


 

BIBLIOGRAFIA

Caronia L., Costruire la conoscenza, La Nuova Italia, Firenze, 1997.
Coggi C., Ricchiardi P., Progettare la ricerca empirica in educazione, Carocci Editore, Roma, 2005.
Demetrio D., Micropedagogia. La ricerca qualitativa in educazione, La Nuova Italia, Firenze, 1992.
Ginzburg C., Spie. Radici di un paradigma indiziario, in Miti, emblemi e spie, Einaudi, Torino, 1986.
Freud S., (1914), Il Mosè di Michelangelo, Bollati Boringhieri, 1975.
Freud S., L’interpretazione dei sogni (1899), in Opere, cit., vol. III , Bollati Boringhieri, Torino, 2002.
Marsicano S. (a cura di), Elementi di psicopedagogia, FrancoAngeli, Milano, 1998.