Agire riflessivo

a cura di Valerio Ferro Allodola

 

L’“agire riflessivo” è un costrutto epistemologico la cui natura è descritta nei due maggiori contributi di Schön (1993; 2006), nei quali il professionista che agisce in “maniera riflessiva” è colui che si pone come ricercatore e – grazie a tale atteggiamento – accresce conoscenze e competenze riflettendo sull’azione mentre essa si svolge.

Tematizzando che il nostro conoscere è nell’azione stessa, Schön indaga i processi di conoscenza e apprendimento in atto nel corso stesso dell’azione (la pratica professionale) giungendo alla esplicitazione di un agire di tipo riflessivo che, proprio a partire dall’incertezza e dall’inquietudine ad esso connessa, può divenire esso stesso produttore di nuova conoscenza.

Attraverso la riflessione, il professionista può far emergere e criticare il sapere tacito che nasce dalla ripetitività delle esperienze (convenzioni, regole, intuizioni, teorie personali) e può trovare un nuovo senso nelle situazioni caratterizzate da incertezza o unicità che sperimenta.

Afferma Schön (1993): “quando il professionista riflette nel corso dell’azione, egli diventa un ricercatore operante nel contesto della pratica e costruisce una nuova teoria del caso unica. Egli non tiene separati i fini dai mezzi, ma li definisce in modo interattivo, mentre struttura una situazione problematica conversa con la situazione, senza separare il pensiero dall’azione. Egli ragiona sul problema fino alla decisione che in seguito dovrà trasformare in azione. E’ in questo modo che la riflessione nel corso dell’azione può procedere, anche in situazioni a forte grado di incertezza o peculiarità, perché non è limitata dalle dicotomie della cosiddetta razionalità Tecnica” (p. 94).

Il problema è che via via che la pratica del professionista diventa routinaria ed il conoscere nella pratica diventa tacito (Polanyi, 1979), il professionista può perdere opportunità importanti di riflettere su ciò che fa. L’assunto da cui muovono le ricerche di Schön è che i modelli dell’azione interpersonale si fondano su teorie-in-uso ampiamente inesplorate. Esaminando contesti professionali differenti, egli registra una crisi di legittimità e fiducia che investe il campo professionale non solo esternamente alla società civile della quale sono consapevoli i professionisti stessi, che denunciano un declino dell’immagine del proprio operato e delle condizioni in base alle quali sono chiamati ad agire. Le trasformazioni dell’ambito lavorativo – instabile, incerto, problematico, che richiede continuamente una revisione delle conoscenze e delle competenze – impone ai professionisti di confrontarsi con nuove realtà di cui non possiedono adeguate categorie di analisi e di dover risolvere questioni per le quali non hanno un’adeguata formazione professionale. La complessità che caratterizza i nuovi contesti di lavoro li invita a costruire non tanto un bagaglio teorico inedito ma a mettere in discussione l’expertise tradizionale fondata sulla razionalità tecnica.

Nel modello della razionalità Tecnica l’enfasi è posta, infatti, sulla scissione tra ricerca e pratica, per cui quest’ultima dovrebbe basarsi su una teoria scientifica che si può ottenere solo con esperimenti controllati, che in realtà non possono essere condotti in modo rigoroso nella pratica. Se assumessimo questa teoria, la riflessione nel corso dell’azione non sarebbe un esperimento.

Lo sperimentare risiede, invece, nell’agire per vedere dove conduce l’azione. La domanda fondamentale della sperimentazione sarà quindi: “E se?”. Schön parla, infatti, di “esperimento esplorativo”, ovvero intraprendere un’azione per vedere cosa ne deriva, senza previsioni ed aspettative. E’ una attività di indagine attraverso la quale riusciamo ad avere una sensibilità per le cose ed ha successo quando porta alla scoperta di qualcosa.

L’epistemologia positivistica della pratica si fonda su tre dicotomie:

  1. separando i mezzi dai fini, la soluzione strumentale del problema può essere considerata come una procedura tecnica da misurare in base alla sua efficacia rispetto al raggiungimento di un obiettivo prestabilito;
  2. separando la ricerca dalla pratica professionale, la pratica rigorosa può essere considerata come un’applicazione a problemi strumentali di teorie e tecniche basate sulla ricerca, la cui obiettività e generalità derivano dal metodo della sperimentazione controllata;
  3. separando il conoscere ed il fare, l’azione è solo una implementazione ed una verifica dalla decisione tecnica.

Lo sviluppo della riflessività nel mondo delle professioni ha posto degli interrogativi fondamentali ai sistemi di formazione, tematizzando la necessità di analizzare e rivedere la frattura tra formazione e pratica, tra azione e pensiero. Si sono così avviate delle promettenti piste di ricerca basate su una epistemologia relazionale e reticolare della conoscenza, in cui il conoscere diventa un processo che coinvolge l’intera persona e l’apprendere implica il divenire una persona diversa in relazione alle possibilità aperte da questi sistemi di relazioni.

Nel modello della “razionalità riflessiva” (Schön, 1993, 2006; Striano, 2001) controllo, distacco ed obiettività assumono nuovi significati. Chi conduce l’indagine, infatti:

  1. “si cala” nella situazione, poiché la sua indagine riguarda la potenzialità di trasformazione della situazione;
  2. produce conoscenza che è obiettiva, ovvero che può smentire se realizza che il cambiamento desiderato non è soddisfacente o che bisogna re-indirizzarlo;
  3. produce conoscenza soggettiva, connessa agli impegni assunti verso il sistema di apprezzamento e della teoria dominante ed è rispettosa solo verso i membri di una comunità di ricerca che condivide tali impegni (Polanyi, 1990).

Praticare la riflessione significa essere aperti all’incertezza, agendo secondo il punto di vista adottato e riconoscendo che si deve sempre interromperlo bruscamente, al fine di comprendere nuovamente la propria transazione con la situazione. Significa “conversare con la situazione” (Schön, 1993, 2006), cioè calarsi nella situazione problematica, imponendo su di essa una struttura, seguendo le implicazioni della disciplina così stabilita e rimanendo aperto alla risposta “impertinente” della situazione. Chi conduce l’indagine struttura nuovi interrogativi, nuove finalità ed attinge al proprio repertorio di immagini come metafore generative per il nuovo fenomeno.

Un’epistemologia della pratica basata sulla riflessione nel corso dell’azione tematizza il sapere professionale come sapere empiricamente situato, costruito “conversando con le situazioni” e sostenuto da forme di razionalità riflessiva a cui corrisponde un’epistemologia della formazione professionale. Quest’ultima è intesa come accompagnamento dei processi riflessivi che le comunità professionali mettono in atto quando si interrogano sui criteri adottati per la formulazione dei giudizi, sulle procedure attuate, sull’impostazione dei problemi da risolvere e sui risultati raggiunti (Fabbri, 2007, 2014).

 

 


 

BIBLIOGRAFIA

Fabbri L. (2007). Comunità di pratiche e apprendimento riflessivo. Per una formazione situata. Roma: Carocci.
Fabbri L. “La formazione situata. Dispositivi per conoscere e coltivare gli apprendimenti informali”, in Corbi E., Perillo P. (2014) (a cura di), La formazione e il carattere pratico della realtà, PensaMultimedia, Lecce.
Polanyi, M. (1979). La conoscenza inespressa. Roma: Armando.
Polanyi M. (1990). La conoscenza personale. Milano: Rusconi.
Schön D.A. (1993). Il professionista riflessivo. Bari: Edizioni Dedalo.
Schön D.A. (2006). Formare il professionista riflessivo. Per una nuova prospettiva della formazione e dell’apprendimento nelle professioni. Milano: FrancoAngeli.
Striano M. (2001). La razionalità riflessiva nell’agire educativo. Napoli: Liguori.

 

PER L’APPROFONDIMENTO E LA RICERCA

Argyris C., Schön D. (1998). Apprendimento organizzativo. Teoria, metodo e pratiche. Milano: Guerini e Associati.
Fabbri L., Melacarne C. (2015). Apprendere a scuola. Metodologie attive di sviluppo e dispositivi riflessivi. Milano: FrancoAngeli.
Fabbri L., Striano M., Melacarne C. (2008). L’insegnante riflessivo. Coltivazione e trasformazione delle pratiche professionali. Milano: FrancoAngeli.
Mezirow J. (2003). Apprendimento e trasformazione. Il significato dell’esperienza e il valore della riflessione nell’apprendimento degli adulti, tr. it. Milano: Raffaello Cortina.
Mezirow J., Taylor E. W. (eds) (2011). Transformative Learning: theory to practice. Insights from Community, Workplace, and Higher Education. San Francisco: John Wiley.
Rossi B. (2009). Educare alla creatività. Formazione, innovazione, lavoro. Roma-Bari: Laterza.
Wenger E. (2006). Comunità di pratica. Apprendimento, significato e identità. Milano: Raffaello Cortina.