Action learning

A cura di Valerio Ferro Allodola

 

L’Action Learning (d’ora in poi AL) – termine per lo più tradotto in italiano come “formazione-azione” – fa parte delle metodologie di experiential learning (Di Nubila, Fedeli, 2010; Kolb, 1984) ed è finalizzata allo sviluppo individuale, di gruppo ed organizzativo (Pedler, 1996) attraverso l’esperienza concreta. È un processo che facilita e ottimizza il funzionamento di gruppi di persone che si uniscono per affrontare sfide reali e al contempo, per imparare dall’esperienza. Attraverso l’apprendimento mediante l’azione gli individui imparano con gli altri a lavorare su problemi reali e a riflettere sulla loro esperienza (McGill, Beaty, 1995).

Sebbene l’AL tragga le sue radici da diverse scuole di pensiero sull’apprendimento, è possibile affermare che non c’è apprendimento senza azione e che non c’è azione deliberata senza apprendimento (Marsick, O’Neil, 1999).

I gruppi di AL lavorano su problemi individuali o collettivi focalizzandosi sull’uso di domande e riflessioni per estendere la propria capacità di pensiero, prendere coscienza del proprio livello di conoscenza e delle informazioni realmente disponibili, e creare nuove idee.

Il coach di AL è il gestore del processo e focalizza il gruppo sui punti chiave per l’apprendimento e per l’ottimizzazione del funzionamento del gruppo.

Gli obiettivi di base dell’AL sono sia il problem solving sia l’apprendimento del gruppo.

Uno degli aspetti più significativi della crescita personale e professionale dell’AL è che avviene senza togliere tempo all’attività lavorativa e si configura come un modello che risulta essere adeguato per il conseguimento di obiettivi di cambiamento organizzativo. L’AL costituisce, dunque, una delle metodologie attive di sviluppo (Fabbri, Melacarne, 2015) che connette azione ed apprendimento e coinvolge gruppi di lavoro su problemi reali (Marsick, O’Neil, 2007). L’ AL si compone di sei elementi (Marquardt, 2004):

  • “Problem”. Il problema è il centro dell’attività dell’AL e costituisce l’obiettivo da raggiungere. Il problema deve essere urgente e significativo e la responsabilità della sua risoluzione è del team. Esso dovrebbe costituire un’opportunità di crescita che genera apprendimento e sviluppa competenze individuali, di gruppo ed organizzative.
  • “Group”. Il Gruppo descrive il team di persone che sono chiamate a risolvere, ognuna per le proprie competenze ed esperienze, il problema identificato. E’ composto, indicativamente da 4 a 8 persone e se possibile, dovrebbe contenere persone con diverso background, in modo da favorire la contaminazione di punti di vista diversi tra loro.
  • “Question”. L’AL pone domande e riflessioni concentrando l’attenzione sulle domande giuste piuttosto che sulle risposte giuste, con un focus di attenzione particolare a ciò che non si conosce per chiarire l’esatta natura del problema. L’attenzione è posta alla costruzione di un dialogo di gruppo e al fare gruppo, come strategia efficace per costruire sistemi di pensiero inediti ed utili a migliorare i risultati di apprendimento.
  • “Action”. L’AL richiede che il gruppo sia in grado di intervenire sul problema su cui sta lavorando; ogni membro del gruppo di lavoro deve, dunque, avere il potere di agire per essere certo che saranno attuate tutte le indicazioni. L’azione inizia riformulando il problema e determinando l’obiettivo; solo allora si potranno determinare le strategie e intraprendere le azioni necessarie.
  • “Learning”. Risolvere problemi di tipo organizzativo offre vantaggi immediati per le organizzazioni. I maggiori benefici si hanno però con gli apprendimenti ottenuti da ciascun membro del gruppo e dal gruppo nel suo insieme. Così l’apprendimento, che avviene utilizzando tecniche di AL, ha maggior valore strategico per l’organizzazione, in quanto pone la stessa enfasi sull’apprendimento e sullo sviluppo degli individui e del team. In tal modo, il gruppo acquisisce maggiore capacità di decisione e maggiore celerità nella capacità di azione.
  • “Coach”. Il coaching è rilevante per aiutare i membri del team, attraverso una serie di domande, a riflettere su ciò che stanno imparando e su come si stanno risolvendo i problemi, nonché a focalizzare le modalità con cui il gruppo potrebbe riformulate il problema. Il coaching stimola anche a concentrarsi sui risultati che sta ottenendo in base ai processi utilizzati e le sue implicazioni. Il ruolo di coaching può essere ruotato tra i membri del gruppo o può essere assegnato ad una persona per tutta la durata del progetto.

Le indicazioni fornite dal modello dell’AL elaborate da Marsick e O’Neill (2007) forniscono un framework di intervento:

  • Explore (individuare un problema circoscritto ricavandolo dall’esperienza);
  • Plan (progettare un’azione);
  • Act (sperimentare);
  • Reflect (ridefinire il problema).

Alcune delle teorizzazioni più recenti sul potenziale dell’AL si ibridano con diverse teorie dell’organizzazione, dalla comunità di pratica (Wenger, 2006) all’Actor-network (Latour, 2005) fino agli studi dei sistemi organizzativi come spazi narrativi (Czarniawska, 1997). Attualmente, pur recuperando un’ampia letteratura sull’Action learning approach (Trehan, Pedler, 2011; Rigg e Richards, 2007; Marsick, O’Neill, 2007) sembrano emergere due prospettive principali di utilizzo. Una che si focalizza sulla ‘performatività’ dell’azione formativa, dando priorità al conseguimento dei risultati di business attraverso un lavoro di risoluzione dei problemi emergenti dentro i contesti organizzativi. L’altra, che si concentra invece sulla funzione ‘trasformazionale dell’apprendimento’, è diretta a favorire il cambiamento personale e/o organizzativo dei sistemi di significato e delle pratiche senza preoccuparsi di adeguare questi agli obiettivi di business. In entrambi i casi l’AL trova applicazione nel supporto alle piccole e medie imprese e nei programmi di sviluppo sia nell’ambito aziendale sia accademico (Melacarne, 2012).

 


 

BIBLIOGRAFIA

Czarniawska B. (1997). Narrating the organization: dramas of institutional identity. Chicago: University of Chicago Press.
Di Nubila R.D., Fedeli M. (2010). L’esperienza: quando diventa fattore di formazione e di sviluppo. Dall’opera di David A. Kolb alle attuali metodologie experiental learning. Lecce: Pensa Multimedia.
Fabbri L., Melacarne C. (2015). Apprendere a scuola. Metodologie attive di sviluppo e dispositivi riflessivi. Milano: FrancoAngeli.
Kolb D. (1984). Experiential Learning. Experience as The Source of Learning and Development. Inc. Englewood Cliff, New Yersey: Prentice-Hall.
Latour B. (2005). Reassembling the Social: An Introduction to Actor-Network-Theory. New York: Oxford University Press.
Marquardt M.J. (2004), Optimizing the Power of Action Learning: Solving Problems and Building Leaders in Real Time. Mountain View (USA): Davies-Black Publishing.
Marsick V.J., O’Neil J. (1999). The Many Faces of Action Learning. Management Learning, 30, pp. 159-176.
McGill I., Beaty L. (1995). Action learning: a guide for professional, management and education development. London: Kogan Page.
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PER L’APPROFONDIMENTO E LA RICERCA

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