a cura di M. Benedetta Gambacorti-Passerini
In qualsiasi ambito, la scrittura definita come “professionale” è quella particolare azione che, attraverso l’atto dello scrivere, permette di svolgere il proprio lavoro, in parte o integralmente. Vi possono essere scritture professionali obbligatorie, in quanto previste e richieste per l’adempimento del proprio compito professionale, o liberamente introdotte e utilizzate dal singolo professionista, da un gruppo per meglio compiere la propria attività.
Anche in ambito educativo, dunque, vi sono scritture definite come professionali, proprio perché utilizzate dai professionisti del settore nel corso della propria pratica lavorativa. In questo campo, il ruolo della scrittura è stato ampiamente trattato negli ultimi anni anche grazie ad iniziative di studio che hanno posto l’attenzione del dibattito pedagogico italiano sul ruolo dello scrivere nella e per l’educazione (Canevaro, Cocever & Perticari, 2000; Cocever & Chiantera, 1996; Cocever, 2007; Demetrio, 2007; 2012; Mancino, 2010; Perla, 2012).
Prima di entrare maggiormente nello specifico del tema della scrittura professionale in educazione, è bene soffermarsi, seppur brevemente, sull’importanza che può avere tale pratica per un professionista dell’educazione. L’azione educativa, infatti, è difficilmente descrivibile e definibile in sé[1]: quanto viene offerto e “prodotto” dai professionisti educativi è un qualcosa di immateriale e intangibile, che rende difficoltoso e problematico tematizzare l’accadere e l’agire educativo, senza ridurlo alle concrete azioni degli educatori.
La scrittura professionale che dice, appunto, del lavoro educativo può quindi essere un canale privilegiato attraverso cui la professionalità educativa e la pratica lavorativa prendono corpo e si rendono visibili e comunicabili (Biffi, 2014).
Le scritture, dunque, usate dai professionisti dell’educazione sono da considerarsi azione educativa in senso stretto, in quanto dirette verso i soggetti di cui si scrive, per raccontare, descrivere, pensare l’altro all’interno del lavoro educativo: proprio questo carattere di intervento pedagogico le connota quali scritture professionali.
I tipi di scritture richieste ai professionisti nei contesti educativi sono differenti e molteplici: la caratteristica che le lega è quella di essere connesse allo svolgimento del proprio lavoro, anche sul piano amministrativo, organizzativo ed istituzionale.
Va ben tenuto presente e precisato che la pratica del documentare il lavoro educativo prevede la raccolta e la scelta di quei materiali che, per «rappresentatività, pertinenza e coerenza»» (Biffi, 2014, p. 96) possono comunicare circa il mandato e la vita del servizio: tra questi non vi sono soltanto le scritture, ma immagini e artefatti di svariata natura possono essere utilizzati per lo scopo documentativo. Dunque, sarà necessario interrogarsi su quali, tra le scritture professionali prodotte in un contesto educativo, abbia senso inserire nella documentazione (per gli utenti, per le famiglie o per il servizio stesso).
Allo stesso modo, lo scrivere professionale va oltre la documentazione proprio perché alcune scritture non si adattano alle finalità comunicative, divulgative, di rendicontazione, specifiche per questa attività. Le scritture informali, ad esempio, così come quelle creative o quelle individuali che rispondono al lavoro individuale di un professionista sfuggono alla logica del documento in senso stretto e non possono essere rese pubbliche perché fanno parte del processo di lavoro e perché destinate ad interlocutori specifici. Ne è un esempio il diario dell’educatore, in cui il protagonista è lo stesso professionista: tale scrittura può essere utile pratica di documentazione per il singolo operatore, ma non necessariamente può essere comunicabile a livello di servizio o oltre.
In sintesi, quanto si tiene qui a comunicare è il fatto che scrittura professionale del lavoro educativo e documentazione non coincidono, dal momento che lo scrivere è, in primo luogo, «strumento di pensiero prima ancora che strumento di documentazione, o ancora oltre: essa è pensiero stesso, fuori da ogni logica strumentale» (Biffi, 2014, p. 98). Si scrive pensando e si scrive per pensare: scrivere professionalmente di educazione, quindi, è una pratica che supporta il lavoro educativo e il pensiero su di esso. Le scritture professionali si adattano, dunque, alle molteplici funzioni della documentazione, mantenendo, però, una peculiarità di fondo che permette di affermare che queste oltrepassano la documentazione, proprio perché basate su una competenza pedagogica di base che le costituisce e le rende possibili, non destinandole necessariamente agli scopi di informazione, racconto e mantenere traccia (Malavasi & Zoccatelli, 2012, p. 81) che contraddistinguono la documentazione.
[1] La letteratura relativa a tale argomento è estremamente ricca, rendendo impossibile richiamarla totalmente in nota. Si segnalano per una consultazione sul tema S. Tramma, L’educatore imperfetto. Senso e complessità del lavoro educativo. Roma, Carocci, 2008; P. Bertolini, L’esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedagogia come scienza fenomenologicamente fondata, La Nuova Italia, Firenze, 1999; R. Massa, Istituzioni di pedagogia e scienza dell’educazione, Laterza, Roma, 1992.
BIBLIOGRAFIA
Bertolini P. (1999), L’esistere pedagogico. Ragioni e limiti di una pedagogia come scienza fenomenologicamente fondata, La Nuova Italia, Firenze.
Biffi E. (2014), Le scritture professionali del lavoro educativo, Franco Angeli, Milano.
Demetrio D. (a cura di), (2007), Per una pedagogia e una didattica della scrittura, Unicopli, Milano.
Demetrio D. (2012), Educare è narrare. Le teorie, le pratiche, la cura, Mimesis, Milano.
Canevaro A., Chiantera A., Cocever E. & Perticari P. (2000), Scrivere di educazione, Carocci, Roma.
Cocever E. & Chiantera A. (1996), Scrivere l’esperienza in educazione, Carocci, Roma.
Malavasi L. & Zoccatelli B. (2012), Documentare la progettualità nei servizi e nelle scuole per l’infanzia, Edizioni Junior, Bergamo.
Mancino E. (a cura di), (2010), Il futuro della scrittura. Dialoghi, visioni, contesti, Unicopli, Milano.
Massa R. (1992), Istituzioni di pedagogia e scienza dell’educazione, Laterza, Roma.
Perla L. (a cura di), (2012), Scritture professionali. Metodi per la formazione, Progedit, Bari.
Tramma S. (2008), L’educatore imperfetto. Senso e complessità del lavoro educativo, Roma, Carocci.
Autrice
M. Benedetta Gambacorti-Passerini, PhD, è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Biomediche per la salute dell’Università di Milano. Ha condotto le sue ricerche sui temi della narrazione come strumento formativo per gli operatori sanitari, sull’incontro tra sapere medico e pedagogico nella pratica professionale, attraverso un approccio di ricerca qualitativo.