La teoria del campo di Lewin

a cura di Nicola Paparella

 

L’idea che il comportamento umano possa essere interpretato come risposta personale ad uno stimolo è estremamente riduttiva, semplicistica, semplificatrice e, tutto sommato, scorretta, perché non tiene conto di una serie di “variabili” che intervengono a motivare, a dirigere e a configurare ciascun comportamento. La Teoria di campo corregge questo schema palesemente riduttivo.

Partiamo da un esempio. Dinanzi ad un campo di girasoli che si offre alla luce meridiana di una calda giornata d’estate, la reazione di una persona può essere del tutto diversa: può risvegliare un sentimento nostalgico, associato a immagini e musiche lontane, può far pensare all’approssimarsi di una meritata ricompensa, legata al momento della raccolta e alla commercializzazione dei semi, può attivare meccanismi di ricerca per individuare come si possa attraversare quel campo senza farsi scorgere dall’alto, può generare noia ed indifferenza, in chi si lascia trascinare dall’abitudine… Una molteplicità di risposte possibili, la cui diversa configurazione è, sì, legata a quei girasoli, ma dipende da tanti altri fattori interagenti, a volte indescrivibili, forse impercettibili, persino imprevedibili, ma sicuramente rilevanti.

La persona è un universo complesso ed aperto al mondo. Questa molteplicità di evocazioni, di stimoli, di reazioni e di compensazioni personali, questa ricchezza di elementi fra loro correlati e in qualche misura interdipendenti rappresentano un sistema che si tiene insieme per una serie di tensioni. È ciò che K. Lewin chiama campo.

Al centro del campo c’è la persona. La persona e il campo vengono attraversati da un insieme di forze che si configurano come tensioni; diverse per direzione, per valenza, per potenzialità emotiva, per carica espressiva e per capacità di coinvolgimento.

Il comportamento è originato da questa totalità di fattori interdipendenti, e quindi, in buona sostanza, dalla totalità dinamica della situazione così come si determina in un dato momento.

  1. Lewin prova a dare una rappresentazione simbolica della sua teoria, con la formula, diventata ormai celebre:

C = f (P,A)

dove (C) sta ad indicare i comportamenti, che sono funzione (f) degli spazi di vita a loro volta costituiti dalle persone (P) e dagli ambienti (A)

 

Ecco, in sintesi, i punti nodali della teoria di K. lewin:

  1. La totalità è ben diversa dalla somma delle parti che la compongono, ed ha qualità e dinamiche sue proprie. In questo K. Lewin mostra e conferma la sua piena partecipazione alla “scuola” della Gestalt
  2. Il campo è costituito da un insieme di forze, tensioni, relazioni e processi. E già qui, per questa evidente e forte proiezione dinamica, K. Lewin si porta decisamente al di là della Gestalt Theory.
  3. La persona non è esterna al campo, ma è al suo centro. Anzi, è essa stessa costitutiva del campo.
  4. Il comportamento è funzione dello stato della persona e dell’ambiente.
  5. Ogni comportamento va analizzato hic et nunc (il passato è reso presente dalla memoria);
  6. Nel campo, l’ambiente (o contesto) è, al tempo stesso, soggettivo ed oggettivo.

 

La proposta di K. Lewin vale come proposta di un quadro teorico che aiuta a capire e ad inquadrare fenomeni e processi sociali, e vale come sorgente di un fecondo metodo di analisi sociale. Possiamo anzi dire che, a partire da K. Lewin, l’aggregato sociale non può che essere esaminato in termini di interdipendenza tra le parti, in una logica che è sistemica e dinamica ad un tempo.

La compresenza, nel campo, di forze contrastanti (così come all’interno delle organizzazioni e/o degli aggregati sociali), rende ancora più evidente il dinamismo che caratterizza questa rappresentazione del campo e consente a K. Lewin di ipotizzare una speciale ulteriore caratteristica del campo: il suo tendere verso l’equilibrio.

 

Quest’ultimo punto, che ha fatto pensare ad una possibile criticità rispetto all’idea di cambiamento sociale, si è dimostrato essere anch’esso molto fecondo perché ha determinato una ricca serie di ricerche riguardanti il problema delle interazioni collettive e, sotto il profilo teorico, l’analisi degli equilibri, il rapporto fra continuità e cambiamento. Anzi, si deve proprio a K. Lewin uno dei primi (e più citati) modelli di Change Management.

 


BIBLIOGRAFIA

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