La cittadinanza digitale

A cura di Mariarosaria Mastrominico

 

A seguito della sempre maggiore diffusione di dispositivi digitali, in particolare di quelli mobili, con app che, ormai, ci permettono di rispondere a (quasi) qualsiasi nostra esigenza, abbiamo, negli ultimi anni, assistito ad una sostanziale modifica delle relazioni sociali che prendono vita e sviluppano sulla Rete. Ciò perché si è passati da un controllo piramidale e gerarchico dell’informazione a pratiche di “appropriazione e partecipazione” (attività come “archiviare, commentare, appropriarsi e rimettere in circolo contenuti mediali in nuovi e potenti modi” che incoraggiano lo sviluppo di una “cultura partecipativa”) (Jenkins, 2010) che rispondono alla logica di tipo orizzontale e collettiva tipica del Web 2.0: «Il Web 2.0, è un insieme di tendenze economiche, sociali e tecnologiche che formano insieme la base per la prossima generazione Internet, un più maturo e distinto mezzo caratterizzato dalla partecipazione degli utenti, dall’apertura e dagli effetti della rete» (O’Reilly, 2006).

I Social Network e tutte le tecnologie mobili possono, infatti, essere definiti come luoghi aperti, in cui la sfera dell’informale sembra aver preso piede, demolendo le gerarchie sociali e promuovendo il dialogo all’interno di uno spazio frutto di pratiche tecnologizzate nell’agire quotidiano accrescendo, così, la possibilità di connettersi direttamente, di ricevere nell’immediato l’informazione e garantendo una copertura informativa in tempo reale. Tale galassia digitale, pur apparendo come un’entità complessa e articolata, nella logica del Web 2.0 vede estendere la partecipazione dell’utente all’interno del processo di crescita del web stesso. Egli, definito da Toffler (1980) col termine prosumer, diviene un vero e proprio protagonista che collabora, condivide e pubblica informazioni; è, al tempo stesso, sia produttore e sia consumatore di contenuti digitali da condividere con altri utenti. È evidente come oggi gli individui, trascinati in una navigazione virtuale, ‘vivono’ contemporaneamente più spazi: fisici e digitali; a seguito di tale ‘rivoluzione digitale’ si è aperta, infatti, una finestra sul mondo: si va “oltre il senso del luogo” e il legame con il dove si declina attraverso un continuo dialogo tra reale e virtuale. Questi ultimi non appaiono più separati ma interconnessi tra loro; ciò che è nella realtà ‘reale’ viene sublimato all’interno della realtà ‘virtuale’ che ingloba tutto all’interno di uno schermo inteso come luogo di interattività: «C’è un modello di realtà, un principio di realtà, che è stato costruito e che si può scomporre molto rapidamente. È in effetti una sorta di costruzione quella che si è sgretolata sotto la spinta delle tecnologie moderne, delle nuove tecnologie in particolare. Ciò che viene chiamata la realtà virtuale ha senza dubbio un carattere generale e in qualche modo ha assorbito, si è sostituita alla realtà nella misura in cui nella virtualità tutto è il risultato di un intervento, è oggetto di varie operazioni. Insomma tutto si può realizzare di fatto, anche cose che in precedenza si opponevano l’una all’altra: da una parte c’era il mondo reale, e dall’altra l’irrealtà, l’immaginario, il sogno, eccetera. Nella dimensione virtuale tutto questo viene assorbito in egual misura, tutto quanto viene realizzato, iper-realizzato» (Baudrillard,1999).

La Rete, quindi, fornisce l’infrastruttura in cui tutti posso dare visibilità alle proprie idee: nascono, pertanto, forme nuove di partecipazione e di organizzazione sociale che promuovono uno spirito decisamente partecipativo, civico e locale: siamo, quindi, nella sfera dell’e-partecipation, ovvero di una partecipazione che dà al cittadino la possibilità di prendere parte alle scelte sui temi che lo interessano. Posando lo sguardo su queste nuove forme partecipative comprendiamo come anche le modalità del discorso politico sono destinate a cambiare, nel linguaggio come nella pratica; infatti, come sostiene Jenkins (2010), l’azione politica e, dunque, quella partecipativa si organizzano attraverso nuove forme di democrazia digitale. L’auspicio della nascente e-democracy è, quindi, che i cittadini condividano con gli attori istituzionali la responsabilità delle scelte nella gestione della res publica. Il soggetto, inteso come cittadino di “mediapolis” (Silverstone 2009), dispone, quindi, di una nuova linfa della dimensione partecipativa, attraverso un doppio canale di accesso, reale e digitale, registrando, cosi, anche un «doppio regime di cittadinanza, in cui quella reale perde vigore a vantaggio dell’altra, poiché non più ereditata ma scelta in base ad affinità ed ideali» (Limone, 2012).

Comprendiamo quindi che ci troviamo in un epoca in cui il concetto di democrazia rappresentativa comincia a svanire a favore di una “democrazia continua”, come la definisce Rodotà, attraverso la quale si stabiliscono relazioni tra pari, il cui coinvolgimento, la partecipazione su larga scala e la cooperazione diventano (almeno in potenza) orizzontali; con la tecnologia tutti sono in grado teorizzare progetti, confrontarli, modificarli, sottoporli al giudizio di terzi, fino a giungere una trasformazione comune: «La rete (il web, Internet), sembra destinata a incidere in modo determinante, in un futuro molto prossimo, sullo stesso sistema di rappresentanza finora adottato generalmente nelle democrazie. La rete, infatti, crea una interazione tra informazione ed espressione altrimenti impossibile, tale da rendere se non superflua la rappresentanza, meno rilevante la sua esistenza, nelle forme attuali […]. Si riduce allora la necessità degli apparati che altrimenti servirebbero tra rappresentato e rappresentante, i partiti, mentre aumenta considerevolmente il peso del rappresentato nei confronti del rappresentante» (Colombo, 2011).

Si tratta di una democrazia, quella digitale, però, ancora tutta da definire e dalle caratteristiche talvolta distorte più vicina a forme di marketing politico, contraddistinte da manipolazione e controllo piuttosto che dalla reale espansione delle forme di partecipazione dal basso: «Al modificarsi del punto di osservazione, ci si avvede che le variegate possibilità offerte dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione trasformano la politica in forme non riconducibili unicamente all’espansione delle possibilità di partecipazione, aprendo invece le porte a processi di manipolazione e di controllo, e anche al potere di gruppi ristretti. La congiunzione tra estrema personalizzazione e uso crescente delle tecnologie per una comunicazione diretta tra leader e cittadini può anche configurare una forma politica congeniale alla democrazia plebiscitaria, al populismo del nostro tempo. Convivono, fianco a fianco, tecnologie della libertà e tecnologie del controllo. Inoltre, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione non arrivano nel mondo della politica allo stato puro. Soprattutto nella fase iniziale di tale processo di assimilazione, la politica ne ha conosciuto la versione elaborata per strategie di mercato. Si è così parlato di marketing politico, con una deformazione dell’idea di politica che le tecniche adoperate hanno trasformato in un prodotto da vendere» (Rodotà, 2004).

Considerato il rapido e costante cambiamento della società, non è pertanto semplice oggi dare una definizione univoca al concetto di cittadinanza, ma non si può contestare che la cultura Internet, che ha “coinvolto e sconvolto” le nostre azioni sociali, ha modificato il nostro essere cittadini. Questa nuova fase, che ci inserisce in una realtà globale, che ci permette di costruire nuovi spazi liberi e democratici, dove tutti partecipano, e rilancia il nostro stato di cittadini presenti in ogni luogo del pianeta, impone nuove sfide, impegnative per le scienze dell’educazione e della formazione, il cui rapporto con i media non può non affrontare il tema della cittadinanza: la co-costruzione di una cittadinanza digitale, in questo caso, si realizza a partire dai contesti formativi e dal rapporto che con esso le giovani generazioni digitali realizzano. Per costruire nuovi “significati” nei contesti collettivi ed individuali, al mondo dell’educazione è richiesto di seguire la bussola della digital literacy, di una “multialfabetizzazione per la partecipazione consapevole e attiva”, quella che M. Banzato (2011) definisce la “nuova forma mentis del XXI sec.”. Il termine “literacy” ha, infatti, in sé una vasta gamma di significati all’interno della letteratura di settore, ma in accordo con Buckingham (2003), possiamo definirla “non solo come insieme di competenze” ma “un fenomeno che si realizza soltanto in e con le pratiche sociali” e che “prende forma nei diversi contesti sociali e culturali”.

Perciò la cittadinanza, anche quella digitale, necessita di una “digital literacy” e, quindi, al contempo di un pensiero critico e solide basi culturali.

 


 

BIBLIOGRAFIA

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Baudrillard, J., Il virtuale ha assorbito il reale. Intervista: Parigi, 11/02/1999. On-line: http://www.mediamente.rai.it/home/bibliote/intervis/b/baudrillard.htm (12/15).
Buckingham, D. (2003), Media Education: literacy, learning and contemporary culture, Cambridge: Polity Press (trad. it. [2006], Media Education. Alfabetizzazione, apprendimento e cultura contemporanea. Trento: Erickson).
Calvani, A., Fini, A., Ranieri, M. (2009), Valutare la competenza digitale. Modelli teorici e strumenti applicativi, TD 48 (3), pp. 39-46.
Ceretti, F.,  Felini, D.,  Giannatelli, R. (2006), Primi passi nella media education: curricolo di educazione ai media per la scuola primaria, Trento: Erickson.
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Jenkins, H. (2009), Confronting the Challenges of Participatory Culture: Media Education for the 21st  Century, Cambridge MA: MIT Press (trad. it. [2010], Culture partecipative e competenze digitali. Media education per il XXI secolo, Milano: Guerini e Associati).
Jenkins, H. (2006), Convergence culture: where old and new media collide, New York: New York University Press (trad. it. [2007], Cultura convergente, Milano: Apogeo).
Limone P.P. (2012), Media, tecnologie e scuola. Per una cittadinanza digitale. Studi e ricerche sull’educare mediale, Bari: Progedit.
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Toffler, A. (1980), The Third Wave. The Classic Study of Tomorrow, New York: Bantam Books, (trad. it. [1987], La terza ondata, Milano: Sperling & Kupfer).