Concettualizzazione che sottende l’azione in situazione

a cura di Valentina Iobbi

 

Nell’ambito della Didattica Professionale assume una grande importanza il registro pragmatico del soggetto: è necessario, per comprendere e sviluppare le competenze di un soggetto, fare ricerca e formazione non solo sulla dimensione teorica relativa all’attore di una situazione professionale, ma anche su quella pratica (Pastré, Mayen & Vergnaud, 2006).

Diviene molto rilevante, a questo scopo, rintracciare la concettualizzazione dell’azione da parte del pratico, studiando come questi si appropria della situazione professionale, di come la comprende e di come interagisce con i condizionamenti specifici.

Secondo Vergnaud (1996), è possibile leggere tale appropriazione in base alle strutture inconsapevoli presso il soggetto, che si possono ricondurre ai suoi valori e che lo guidano nel continuo dialogo con la situazione.  Queste strutture sono chiamate dall’autore “schemi d’azione”: sono delle forme operatorie di azioni che vengono ridefinite e riorganizzate quando il soggetto s’incontra con l’unicità della situazione.

La derivazione concettuale degli schemi d’azione di Vergnaud è esplicitamente piagetiana, tuttavia – nella lezione di Vergnaud – la dimensione situazionale entro cui l’attività si svolge assume un rilievo inedito, tanto che la coppia schema-situazione diviene indissolubile.  Gli schemi così concepiti, non solo rendono esplicito il carattere contingente di ogni attività che si svolge in situazione, ma spiegano in particolar modo la necessità da parte del soggetto di ristrutturare i propri schemi di fronte a situazioni inedite.

Lo schema è una “totalità dinamica funzionale”: è possibile riconoscervi quattro elementi costitutivi, che lo definiscono agendo in sinergia e che evidenziano sia il carattere concettuale dello schema, sia il carattere condizionale dell’attività del soggetto.

Uno di questi elementi è lo scopo, che rimanda all’intenzione, al desiderio, alla motivazione e al bisogno del soggetto.  Le invarianti operatorie, poi, sono quella componente dello schema che permette di selezionare le informazioni dal contesto in modo pertinente. Vergnaud le distingue fra teoremi in atto e concetti in atto: i primi, che garantiscono la coerenza interna dell’azione, sono delle “proposizioni sempre considerate vere dal soggetto” e sono trasversali a più situazioni. I teoremi, dunque rimandano a quel sistema di conoscenze che il soggetto ha, a ciò che egli ritiene vero e che richiama, in modo implicito o esplicito, nel momento in cui interagisce con la situazione, permettendo di ricostruire una logica complessiva del suo agire.

I secondi, invece, sono connessi alle attività – dunque a segmenti più microscopici dell’agire del soggetto – e possono essere metaforicamente immaginati come dei mattoncini che strutturano il teorema. Allora un concetto, secondo lo stato della sua elaborazione, può essere associato a diversi teoremi che possono essere più o meno ricchi, più o meno ampi. Le invarianti operatorie, dunque, sono essenziali perché danno pregnanza alla differenza fra lo schema d’azione del soggetto, connesso alle sue rappresentazioni, e la sua condotta. Esse sono necessariamente anche la parte epistemica dello schema: quella che permette le funzioni di concettualizzazione e di inferenza, che – dunque – permette la diagnosi della situazione, correlata alla selezione delle informazioni dal contesto in relazione agli scopi, e anche l’organizzazione dell’attività.

Le inferenze, sono un altro elemento costitutivo dello schema, e sono essenziali perché permettono di declinarlo in relazione al reale: esse possono essere spiegate come un’assegnazione di valore del soggetto a delle variabili situazionali.

A seconda del valore che il soggetto assegna alle variabili di situazione, questi agisce in modalità differenti, secondo la traduzione pragmatica dei teoremi in atto, ossia secondo le regole d’azione, di presa d’informazione e di controllo. È possibile immaginare che il soggetto interagisca con la situazione secondo una formula del tipo: se la variabile X di situazione ha valore a, e la variabile Y di situazione ha valore z, allora si rendono necessarie l’azione A, la presa di informazione B o il controllo C.

Un’altra definizione che Vergnaud (1996) dà di schema evidenzia, invece la dimensione invariante dello stesso: “un’organizzazione invariante dell’attività per una classe definita di situazioni”. Tale invarianza è ciò che spiega l’adattamento del soggetto inteso in termini piagetiani: secondo l’autore, infatti, in situazioni simili riconducibili ad una classe, per il soggetto è possibile mettere in atto degli schemi specifici.

 


 

BIBLIOGRAFIA

Pastré, P., Mayen, P. & Vergnaud, G., (2006). La didactique professionnelle. Revue française de Pédagogie, 154, 145-198.
Vergnaud, G. (1996). Au fon de l’action la conceptualisation. In J.M. Barber (Ed.). Savoirs théoriques et savoir d’action (pp.275-292). Paris: PUF.
Vergnaud G. (2007). Représentation et activité: deux concepts étroitement associés. Recherche en Education, 4, 9, 9-22.